L’ossessione per il sapere assoluto del maestro Xehanort è infine sfociata nell’istituzione della Nuova Organizzazione XIII, costituita da pedine vecchie e nuove, sapientemente disposte sulla scacchiera del destino per scatenare una nuova Guerra dei Keyblade e riuscire a mettere finalmente le mani su Kingdom Hearts, la fonte universale di potere e saggezza. Una descrizione delle vicende in atto semplice e sbrigativa, ma per arrivare a questo punto sono passati la bellezza di diciassette anni in cui la saga di Kingdom Hearts è stata narrata in ogni sfaccettatura tra capitoli regolari e una serie impressionante di spin-off, lasciandosi tuttavia dietro una sfilza di domande tuttora prive di risposta.
Nel 2002 mandavamo messaggi in bianco e nero con cellulari pesanti come mazzafrusti, laddove Sora scatta oggi selfie e pubblica post su un social network
Volete un segno del tempo che passa? Quando è stato pubblicato il primo episodio, nel 2002, mandavamo messaggi testuali in bianco e nero con cellulari pesanti come mazzafrusti, mentre
oggi Sora si scatta selfie e pubblica post su un fittizio social network tra un caricamento e l’altro (con tanto di hashtag a forma di cuore, nientemeno) grazie al Gummifono, uno smartphone di ultima generazione creato dalle brillanti menti di Cip e Ciop.
Kingdom Hearts 3 è uno dei
giochi più attesi di sempre alla luce della sua letargica gestazione avvenuta durante un apparente vuoto durato lustri, colmato tuttavia da episodi secondari apparsi su praticamente ogni piattaforma, a partire da Chain of Memories su GBA. Con una trama complessa che tira in ballo cloni, realtà parallele, cyberspazio e tanti nomi propri da riempire un elenco del telefono,
avvicinarsi da neofiti a questo terzo episodio significa prepararsi spiritualmente a rimanere con una marea di dubbi dall’inizio alla fine. Non per nulla sulla rete è possibile recuperare centinaia di guide in ogni lingua conosciuta con cui ripassare la storia, gentilmente offerte dai devotissimi fan del gioco, mentre la stessa Square Enix espanderà il gioco grazie alla patch del day one, introducendo un utile compendio con cui affrontare il suo blockbuster annunciato muniti della necessaria conoscenza. La verità, però, è che nulla di tutto questo può spaventare voi, fedelissimi della prima ora. Voi che avete mosso i primi passi assieme a Sora sulle Isole Del Destino, e che vi siete chiesti chi diavolo fosse quel Roxas che apriva le danze nel secondo episodio. Voglio farvi una confessione: mi è stato espressamente chiesto di non rivelare particolari sulla trama durante la recensione, ma si tratta di una raccomandazione decisamente superflua, specie dopo tutti questi anni di attesa. Neppure appellandomi alla forza dello stesso Kingdom Hearts riuscirei a far mio il coraggio per rovinarvi la sorpresa, quindi mi limito a confermare quello che in tutti questi anni avete desiderato sentirvi dire:
questo terzo capitolo è davvero fenomenale.
LET THE STORM RAGE ON!
Messa da parte una trama pantagruelica e il cameo di personaggi provenienti dalle più amate IP Disney, Kingdom Hearts 3 è un gioco di ruolo d’azione ipercinetico, contraddistinto da un alto livello di spettacolarità negli scontri. Dato che ho iniziato questa recensione con una confessione, ne approfitto per vuotare il sacco: i mondi del secondo episodio non mi piacevano affatto nella loro struttura, composti da una striminzita serie di “stanzoni” dove i combattimenti si susseguivano senza lasciare particolare spazio alla fantasia e all’esplorazione. Li avevo addirittura visti come un passo indietro se paragonati a quelli del primo capitolo, laddove il Paese delle Meraviglie di Alice rappresentava il perfetto bilanciamento tra combattimenti, scoperta e delizioso lore Disney. In Kingdom Hearts 3, i mondi sono enormi e ricchi di personalità, capaci di restituire la sensazione di vivere in prima persona un film d’animazione grazie non solo all’estensione delle mappe, ma anche alla diversità degli degli approcci offerti. Livelli canonici si alternano ad altri completamente differenti come quello dedicato ai Pirati dei Caraibi, dove lo schema di gioco classico viene affiancato da una carta nautica liberamente navigabile al timone di un vascello con cui affondare navi Heartless ed esplorare isole e fondali alla ricerca di tesori: un altro pianeta rispetto a quanto visto in Kingdom Hearts 2.
Kingdom Hearts III è davvero fenomenale
L’Unreal Engine 4 di cui abbiamo ricevuto un assaggio durante il breve ma intenso Kingdom Hearts 0.2 Birth by Sleep – A Fragmentary Passage (spero l’abbiate giocato, perché il fato di Aqua verrà esplorato sin dalle prime battute di questo capitolo finale) mostra i muscoli alternando come se nulla fosse stili grafici apparentemente incompatibili come le tinte pastello del Bosco dei Cento Acri o lo pseudo-fotorealismo dei Caraibi di Jack Sparrow, donando nel frattempo un continuo senso di scoperta e varietà all’avventura di Sora. Non mi capita spesso di restare sbalordito davanti a un videogioco, ma
Kingdom Hearts 3 è riuscito più e più volte a farmi restare con la mascella spalancata davanti a trovate geniali. È l’alchimia perfetta tra creatività, direzione artistica e sublime doppiaggio (solo in inglese, con sottotitoli in italiano) che rende il gioco un’esperienza che consiglio senza riserve a tutti coloro che amano i videogiochi belli, senza dimenticare i fan dell’universo Disney: in tal senso,
alcuni mondi ripercorrono in modo più o meno preciso la trama dei rispettivi film, inserendo con sapienza personaggi ed elementi necessari a portare avanti la narrazione di Kingdom Hearts, mentre altri offrono situazioni del tutto nuove. Sono questi gli scenari dove la scrittura brilla maggiormente, perché non è sempre scontato che il copione “espanso” lasci spazio a elementi necessari alla corretta fruizione della storia originale. Per esempio la trama di Frozen è praticamente orfana di un personaggio fondamentale, appena accennato nonché incredibilmente privo di linee di dialogo, mentre nello scenario dei Pirati dei Caraibi non riuscirete a capire nulla durante quel meeting lì (cerco di restare vago) senza conoscere l’arzigogolato plot dell’intera serie. Al contrario, senza lasciarmi sfuggire nulla rispetto a quanto avrete certamente visto nei filmati che si sono avvicendati sulla rete negli ultimi mesi,
tutto ciò che ruota attorno a Toy Story è un vero capolavoro dall’inizio alla fine, con i suoi scontri tra robot giocattolo, la maniacale cura profusa nelle confezioni di fittizi balocchi (occhio al cameo di una celebre serie Square Enix…) e la vertiginosa sensazione di sentirsi davvero minuscoli in un mondo popolato da giganti.
I mondi di Kingdom Hearts 3 sono enormi e ricchi di personalità, capaci di restituire la sensazione di vivere in prima persona un film d’animazione
A proposito di vertigini,
le mappe non solo solo estese, ma sfruttano anche un’impressionante verticalità mai vista prima per la serie, che contribuisce a rendere gli scontri non solo più dinamici tra combo aeree e picchiate letali, ma anche a elevare l’esplorazione verso l’infinito e oltre. A caccia non solo dei prevedibili scrigni, ma anche dei portafortuna, ovvero rappresentazioni stilizzate del testone di Topolino. Qui entra in gioco lo smartphone a cui accennavamo all’inizio, giacché
i portafortuna vanno immortalati per ricevere delle ricompense esclusive ogni cinque foto scattate. In premio ci sono accessori golosissimi come il fiocco, vera manna per ogni esperto di Final Fantasy che si rispetti, ma le locazione in cui risiedono i portafortuna sono spesso diaboliche e richiedono una certa dose di immaginazione. Oltre a questi, è cosa buona e giusta cercare ingredienti da offrire a Rémy in cambio di manicaretti da cucinare attraverso semplici minigiochi nel bistro che un lungimirante mecenate ha aperto a Crepuscopoli; questi andranno a comporre succulenti pasti con cui ottenere forti bonus in vista degli scontri più duri. Poiché Nomura ci vuole un bene dell’anima,
Paperino e Pippo si prodigheranno in avvertimenti vari quando un collezionabile è nei paraggi, ma sarà comunque compito nostro esaminare minuziosamente l’area; fortunatamente ogni punto di salvataggio offre il viaggio rapido tra le principali location che compongono la mappa, quindi potrete compiere il tragitto tra la capitale di Corona e la torre di Rapunzel in un attimo, tornando rapidamente sui vostri passi alla ricerca di segreti inizialmente tralasciati. Più veloce di una cavalcata in sella a Maximus, insomma.
APRIRÒ QUELLA PORTA
Lo scotto da pagare è una occasionale perdita di fluidità, notevole principalmente negli spazi aperti, tuttavia completamente assente durante i combattimenti, almeno durante la nostra prova su PlayStation 4 Pro. La stabilità dei 60fps confermata su Xbox One X da Digital Foundry non è dunque una costante su hardware Sony, ma il risultato finale si conferma comunque assai meritevole; a onor del vero è disponibile nel menu una modalità di visualizzazione dedicata alla stabilità del framerate, ma non ho notato differenze sostanziali. Detto questo, Kingdom Hearts 3 porta in dote la gestione delle piattaforme un po’ antipatica dei suoi predecessori, tra bordi “scivolosi” e salti imprecisi. Le passate frustrazioni sono mitigate in parte dalle nuove doti atletiche di Sora come il Fluimoto introdotto in Dream Drop Distance, ovvero la possibilità di darsi lo slancio saltando contro i muri o ruotando su pali e traverse per spostarsi rapidamente e attaccare durante gli scatti, assieme alla benvenuta capacità di scalare particolari pareti correndo in verticale e lottando, ignorando la gravità come se nulla fosse. Il combattimento conserva la verve dinamica e casinista tanto cara agli appassionati, introducendo alcune novità destinate a rendere la baraonda ancora più esplosiva.
Il bestiario del gioco si mantiene fresco e sfaccettato per tutta la durata dell’avventura, mantenendo alta la varietà che pervade l’intera produzione
Importantissima è la gestione delle Keyblade, tanto che adesso Sora ne può equipaggiare ben tre alla volta, liberamente intercambiabili durante l’azione.
Effettuare combo permette di modificare drasticamente aspetto e moveset dell’arma, aprendo la strada a originali strumenti di morte per un limitato periodo di tempo in cui ci si potrà sbizzarrire in molteplici declinazione del dolore, concludendo il tutto con un potente colpo di grazia. La Keyblade elargita da Rapunzel potrà dunque mutare in uno scettro specializzato negli attacchi magici a lungo raggio con tanto di agguerrite repliche di Sora generate a ogni schivata, mentre la ricompensa per aver completato l’avventura in compagnia di Woody e Buzz diverrà un enorme martello specializzato in devastanti attacchi ad area, pronto a divenire una trivella se il contatore delle combo si dimostrerà generoso.
Queste camaleontiche abilità donano una marcia in più alle Keyblade, non più armi usa e getta destinate a essere relegate nel dimenticatoio ogni volta che un modello migliore viene sbloccato, bensì dotate ognuna di una propria identità e utilità. Proprio per questo possono venire potenziate al negozio del Mog di turno, che troverete il più delle volte nei paraggi dei punti di salvataggio: qui verranno tirate a lucido in cambio di materiali sempre più rari, divenendo più efficaci e addirittura guadagnando abilità extra mano a mano che vengono perfezionate. Nel negozio sarà anche disponibile un’officina, dove il Mog potrà utilizzare le spoglie di guerra per creare oggetti e reagenti sempre più pregiati; siccome l’ispirazione non è sempre dietro l’angolo, il peloso inventore chiederà di fotografare particolari soggetti (la forgia nascosta del Monte Olimpo o lo spaventapasseri di Tappo, ad esempio) per ottenere l’idea giusta con cui fabbricare ulteriore equipaggiamento, un po’ come avveniva nell’indimenticato Dark Chronicle dei Level-5.
Tornando alla pugna, gli incantesimi seguono l’andazzo suggerito da A Fragmentary Passage e possono quindi essere invocati a raffica finché la riserva del mana lo permette, anche loro soggetti al contatore dei colpi andati a segno che ricompenserà le combinazioni più letali con una versione potenziata della magia di turno, da scatenare a costo zero. È tutto colorato e scoppiettante, e non abbiamo ancora parlato degli incredibili attacchi ispirati alle attrazioni dei parchi Disney, ottenibili attaccando i nemici che casualmente verranno evidenziati da un cerchio verde, così come i Legami, vere e proprie evocazioni dove Sora e compagni cedono la scena a pesi massimi come Ralph o Simba per un periodo limitato, ciascuno dotato di meccaniche e mosse ben distinte. Ci sarebbe ancora parecchio da dire, ma nessuno scontro sarebbe memorabile se privo di degni antagonisti; anche in questo caso Kingdom Hearts 3 svolge diligentemente il lavoro con un bestiario differente per ogni mondo che culmina in duelli con boss veramente grossi, spesso da affrontare tra set pieces a dir poco deflagranti. Tra Heartless, Nessuno, una marea di vecchie conoscenze, il bestiario del gioco si mantiene fresco e sfaccettato per tutta la durata dell’avventura, mantenendo alta la varietà che pervade l’intera produzione. La facilità di fondo spezza l’idillio, costringendomi a consigliarvi con tutto il cuore di evitare i primi due livelli di difficoltà disponibili inizialmente e cominciare immediatamente dal più duro, nell’eventualità che foste videogiocatori dotati di abilità anche solo discrete. Per fare un esempio, arrivato a un certo punto ho voluto visitare Arendelle appena si è resa disponibile, ché ho un debole per le bionde con poteri criocinetici; il problema è che i livelli di differenza tra quelli consigliati e l’effettiva forza del mio gruppo erano ben sette, eppure mi sono ugualmente avventurato tra i ghiacci. Morale? Con un filo di scaltrezza ho devastato nemici ben più forti di me, assistendo per la prima volta alla schermata di game over dopo oltre quindici ore di gioco. Che poi “game over” è una parola grossa, dato che si può immediatamente riprovare lo scontro fatale, magari prendendo una pausa per ottimizzare abilità e oggetti prima di gettarsi nuovamente nella mischia. Considerato che Kingdom Hearts 3 è alla base un hack’n slash extra lusso, affrontarlo quasi alla cieca abbracciando l’oscura strada del button mashing sarebbe realmente un peccato.
TIRANDO LE SOMME
C’è parecchio da fare, in Kingdom Hearts 3. Che si tratti di viaggiare tra un mondo all’altro o solcare i mari, il gioco offre una buona dose di attività secondarie con cui ingannare il tempo tra un combattimento e l’altro. Una delle principali fonti di divertimento è lo stesso Gummifono, che prende il posto del diario del Grillo Parlante con un database destinato a ospitare tutto lo scibile del gioco, dall’elenco dei nemici ai profili di tutti i personaggi. Qui trovano posto dei simpaticissimi mini giochi che scimmiottano l’estetica dei vecchi Game & Watch, dal display a cristalli liquidi al layout dei comandi; ce ne sono diversi, recuperabili andando a caccia di forzieri, e offrono un simpatico diversivo vecchia scuola con tanto di classifiche. A questi si aggiungono numerosi sottogiochi in chiave Disney sparsi un po’ ovunque come una danza con Rapunzel e compagni durante le festività di Corona, oppure una una discesa mozzafiato tra le cime di Arendelle, ma la parte del leone è tutta per le Gummiship, che ci accompagneranno tra un mondo all’altro abbandonando il vecchio schema di gioco stile rail shooter per abbracciare una navigazione open world (o universe, come preferite). Lo spazio che separa i livelli è dunque liberamente navigabile alla ricerca di obiettivi, puzzle e giganteschi boss, ma anche stavolta la facilità di fondo rovina un po’ la festa, con ostacoli assolutamente inoffensivi se approcciati con criterio e squadroni di nemici che verranno affrontati in un’area separata, ma solo se direttamente incrociati. Con questo presupposto, l’officina dove creare nuove Gummiship acquisisce una valenza principalmente estetica, considerato pure che, salendo di livello, alla dotazione base della nave principale possono essere assegnati potenti armi speciali e un paio di droni sputafuoco d’appoggio.
La facilità di fondo spezza l’idillio, costringendomi a consigliarvi con tutto il cuore di evitare i primi due livelli di difficoltà disponibili
Va detto però che
Kingdom Hearts 3 non è necessariamente un gioco mirato agli eroi del joypad, offrendo personaggi e ambientazioni ideali per i più giovani al netto di una trama comunque profonda e complessa da seguire, quindi la scelta del livello di difficoltà iniziale dovrebbe garantire un divertimento adatto a ogni palato. Per quando riguarda il finale… sono sulla vostra stessa barca. È cosa nota che i filmati relativi all’epilogo normale e segreto affiancheranno il finale “normale” a partire da mercoledì prossimo, ovvero diversi giorni dopo la pubblicazione di questa recensione. Prevedibilmente Nomura non ha nascosto l’importanza di questi contenuti aggiuntivi, quindi
scopriremo assieme se il pacchetto completo sarà in grado di rendere giustizia a una delle vicende più contorte e affascinanti della storia dei videogiochi. Sappiate comunque che Sora avrà il suo bel daffare con un viaggio di formazione necessario dopo gli eventi del capitolo per 3DS, e che le principesse stavolta non aspetteranno di essere salvate in un castello incantato, e non sto parlando solo di quelle Disney. Tirando le somme e cucendo la bocca riguardo il minimo spoiler,
Kingdom Hearts 3 può essere finito in circa trenta ore correndo fortissimo verso i titoli di coda senza soste per riprendere fiato; inutile dire che così facendo vi perdereste una marea di particolari, senza contare che la caccia ai portafortuna sembra fatta apposta per spingere il giocatore ad ammirare ogni singolo particolare degli spettacolari livelli. Del resto, con tredici anni di attesa dal secondo capitolo volete avere fretta proprio adesso?
Kingdom Hearts 3 riesce nel difficile compito di essere all’altezza delle aspettative, non stravolgendo nulla ma elevando all’ennesima potenza i punti di forza dei capitoli precedenti. Spettacolare nella direzione artistica, esaltante nei combattimenti e appagante nella narrazione, Kingdom Hearts 3 richiede comunque che il suo pubblico sia a conoscenza degli intricati retroscena della saga per essere apprezzato pienamente. Se rientrate tra le nuove leve attratte dalla fama del gioco (o dall’idea di essere l’eroe del vostro film d’animazione Disney preferito) tenete questo importante fattore in considerazione prima di sganciare i soldi, altrimenti accomodatevi pure: dopo aver aspettato tanti anni, raccomandarvi l’ultima avventura di Sora, Paperino e Pippo sarebbe una trascurabile formalità.