La scintilla tra Bloober Team e il genere dell’horror psicologico in prima persona è scattata nel 2016 con Layers of Fear. In una manciata di ore il team di Cracovia ha ritratto in modo semplice ma efficace la terribile storia di un pittore folle consumato dall’urgenza di dipingere il suo più grande capolavoro e dai drammi della sua vita privata. L’opera venne recepita in modo abbastanza positivo dalla critica e dal pubblico, così, dopo la pubblicazione di Observer un anno più tardi, venne annunciato senza troppe sorprese l’inizio dello sviluppo di Layers of Fear 2. Questo capitolo non si discosta molto dal suo predecessore a livello di gameplay e di durata. Il soggetto tuttavia è ben diverso, pur trattandosi sempre di un artista. Questa volta il protagonista è infatti un attore di Hollywood impegnato sul set di un misterioso film a bordo del transatlantico Icarus.
COSTRUIRE IL PERSONAGGIO
Esattamente come nel suo predecessore, in Layers of Fear 2 a fare la differenza sono soprattutto l’atmosfera cupa e la solitudine che ci accompagnano fino ai titoli di coda. Passeggiare nei corridoi deserti della nave con il solo rumore dei nostri passi in sottofondo è un’esperienza oltremodo claustrofobica e il semplice atto di aprire una porta o svoltare un angolo significa sperare ardentemente di non trovarsi faccia a faccia con le tante brutte sorprese sempre in agguato. L’ondeggiare placido del pavimento a ritmo delle onde dona ancor più realismo alle ambientazioni ben costruite e ricche di dettagli come poster, pellicole in bianco e nero e pile di abiti di scena chiusi nei camerini, che richiamano costantemente il tema del cinema e della Golden Age hollywoodiana.
Le interazioni con l’ambiente sono ridotte al minimo indispensabile
SOTTO LA MASCHERA
I tratti horror di Layers of Fear 2 sono inseriti all’interno del gioco in maniera analoga al titolo precedente. Si inizia lentamente, con una porta di una cabina che si apre da sola o con vasi che si rovesciano al nostro passaggio, e si finisce con una vera e propria rassegna dei più classici dei cliché, come lo spegnimento improvviso delle luci e oggetti (in questo caso decine e decine di manichini) che compaiono alle nostre spalle e ci precludono il passaggio. La prevedibilità dei trucchi impiegati per farci saltare dalla sedia è purtroppo un deterrente abbastanza forte da smorzare a mano a mano la paura durante le sei ore complessive di gioco, fino a farla cessare completamente.
La prevedibilità dei trucchi impiegati per farci saltare dalla sedia smorza la paura fino a farla cessare completamente
Layers of Fear 2 mantiene molte delle caratteristiche del suo predecessore pur variando parecchio l’ambientazione. Vagare in solitudine nei corridoi della Icarus alla ricerca della verità è senza dubbio un’esperienza claustrofobica, ma la presenza di banali jumpscare smorza la tensione in modo progressivo. Non c’è dubbio sul fatto che la paura sia un sentimento soggettivo e che il lavoro di Bloober Team possa raggiungere il suo scopo rappresentando un’esperienza spaventosa per tanti giocatori. Tuttavia, il continuo ricorrere ai più classici cliché del genere horror rende il risultato finale troppo prevedibile e inevitabilmente molto meno terrificante del previsto per molti altri.