Dimenticate le missioni multiplayer: Marvel’s Guardians of the Galaxy ritorna al rassicurante ed efficace singleplayer, tutto musica anni ’80 e battute galattiche.
Sviluppatore / Publisher: Eidos Montreal / Square Enix Prezzo: 59,99€ (PC), 69,99€ (Console) Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile Su: PC (Steam, Microsoft Store), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S; Nintendo Switch (via cloud) Data di Lancio: 26 ottobre
La carta stampata dei fumetti e i grandi schermi delle sale cinematografiche ormai non sono abbastanza per la Marvel. Da qualche tempo a questa parte la casa editrice newyorkese, ormai una delle colonne portanti del colosso Disney insieme al franchise di Star Wars, ha deciso che non le basta più dominare le classifiche di vendita dei fumetti, fatto salvo qualche exploit delle rivali Image o DC, né aver cambiato il panorama cinematografico mondiale imponendo il modello dei cinecomics coi suoi Marvel Studios: ora il nuovo terreno di conquista è quello dei videogiochi.
Il piano non è andato subito secondo programma, perché dopo l’ottimo esordio con lo Spider-Man esclusiva PlayStation, gli Avengers si sono rivelati molto meno convincenti sotto diversi punti di vista. Marvel’s Guardians of the Galaxy si trova dunque nella difficile posizione dover segnare una rotta, indirizzando il percorso delle produzioni videoludiche targate Marvel.
GUARDIANS OF THE GALAXY: DAL GRANDE SCHERMO AL PAD
Sebbene per motivi diversi da quelli che hanno portato la Marvel nei ’90 a distribuire tra diversi produttori i destini (e i diritti) cinematografici dei propri eroi, anche in questo avvio (esplorativo?) del complesso mondo videoludico, la Casa delle Idee non ha previsto una figura o un reparto in cui accentrare la lavorazione dei proprio titoli (come accaduto poi al cinema con Kevin Feige e i Marvel Studios), ma sta collaborando con publisher già ben strutturati. Al di là dei due capitoli di Spider-Man, i cui diritti sono in mano a Sony, finora il compito di porre le basi dell’universo videoludico Marvel è stato portato avanti da Square Enix e dai suoi studi, con Marvel’s Avengers affidato al consolidato duo Crystal Dynamics/Eidos Montreal. Dopo la parziale delusione del progetto, accolto tiepidamente e tuttora in cerca di riabilitazione attraverso l’approdo su Xbox Game Pass, Marvel’s Guardians of the Galaxy è finito nelle mani del solo studio canadese che ha abbandonato la struttura ibrida a metà tra il singleplayer e il game as a service per orientarsi verso la più classica delle avventure per giocatore singolo, sfruttando tutta l’esperienza accumulata in passato nel genere, da Thief a Tomb Raider passando per Deus Ex.
La struttura di Marvel’s Guardians of the Galaxy dunque ricorda piuttosto da vicino quella delle scorribande esotiche della giovane Lara Croft, fatte di capitoli legati tra loro in cui azione ed esplorazione sono lasciate nelle mani del giocatore, mentre la sovra-struttura narrativa interviene di tanto in tanto con scene d’intermezzo o momenti scriptati, dove al giocatore è richiesto un intervento minimo e contestuale, spesso attraverso i famigerati QTE.
IL GIOCO SI IMPEGNA A RENDERE PALPABILE LA PRESENZA DI UNA SQUADRA INTORNO A QUILL
Gli artisti dello studio canadese hanno risolto però abbastanza brillantemente il problema (di sicuro meglio che in Avengers, mettiamola così) regalando a Quill una discreta faccia da schiaffi, che a me ha ricordato un po’ alla lontana un Ryan Gosling più espressivo, e modellando invece le fattezze di Gamora e Drax su un aspetto simile a quello degli attori che li interpretano al cinema, ma abbastanza distanti da scansare le querele. Groot e Rocket Raccoon, invece, sono loro: d’altra parte, non so se alberi e procioni possano ricorrere agli avvocati.
CAPITAN QUILL E LA SUA BANDA DI EMARGINATI
Il ruolo di leader di Quill implica delle scelte, il cui peso e le cui conseguenze ricadono sulle spalle del giocatore. Forse è più facile capirci con un esempio concreto. In uno dei primi capitoli il gruppo si trova davanti a un dirupo: c’è un ponte, ma i controlli sono sull’altro lato. Non avendo visto un sentiero che mi avrebbe consentito di aggirare l’ostacolo, ho chiesto a Drax di scaraventare Rocket oltre il baratro: mettiamola così, il procione non l’ha presa bene. Non solo si è rifiutato categoricamente di ripetere la manovra al dirupo successivo, ma ha anche iniziato a tenere un atteggiamento polemico nei miei confronti che si è protratto per diverso tempo.
La sensazione è che le scelte non solo influiscano in parte sul grande arco della trama di Marvel’s Guardians of the Galaxy, dirigendo gli eventi verso finali personalizzati, ma imprimano piccole differenze alle partite di ciascun giocatore e soprattutto regalino la sensazione di essere in mezzo ad altri personaggi in un certo qual modo “vivi”, che partecipano emotivamente agli eventi e dispongono in qualche senso di una propria volontà. Il gioco spinge molto sulla costruzione di questi rapporti, riservando anche momenti di introspezione a bordo della Milano, la nave dei Guardiani, che ricordano un po’ Mass Effect e un po’ Knights of the Old Republic.
IO SONO GROOT
Se sul piano narrativo Drax e gli altri Guardiani sfoggiano una discreta dose di indipendenza rispetto a Quill, sul campo di battaglia e nelle fasi esplorative sono sempre invece piuttosto pronti a mettere a disposizione del giocatore le proprie abilità. Ciascuno dei quattro compagni di Quill, infatti, può contare non solo di abilità offensive uniche, sfoderabili in battaglia sotto forma di attacchi speciali, ma può anche rendersi utile durante l’esplorazione mettendo a frutto in altro modo le proprie doti per risolvere i diversi puzzle che costellano i livelli. Rocket Raccoon può ad esempio infilarsi nei pertugi (attività che piace molto anche a Quill, che non si ferma nemmeno di fronte a pertugi tentacolati, ma questo è un altro discorso), Drax può spostare grossi oggetti per creare piattaforme, Groot è lieto di creare ponti con le sue radici, mentre infine Gamora sa utilizzare le sue spade come appigli. Il segreto del successo dei Guardiani della Galassia, tuttavia, è dato dalla forza che del gruppo, che si esprime attraverso l’indicatore dell’Impeto: una volta riempito al massimo, Quill può convocare un’Adunata, prestare orecchio allo stato d’animo dei compagni e motivarli scegliendo la frase giusta. Se il time out funziona, tutto il gruppo riceve un potenziamento temporaneo, altrimenti alla peggio sarà il solo Quill a poter distribuire danni doppi per qualche manciata di secondi.
Questa interessante interpretazione dell’avventura narrativa, che utilizza elementi già visti altrove per restituire la sensazione di un percorso corale, è affiancata da una gestione dell’azione che invece risulta a tratti quasi vecchia, o classica a seconda dei punti di vista. Gli scontri sono gestiti all’interno di simil-arene da cui è possibile proseguire solo una volta eliminati tutti i nemici presenti. Non mancano le saltuarie eccezioni, come sezioni in cui ci si può semplicemente dare alla fuga, ma più in generale qui il sortilegio che trasforma il già visto in nuovo non è riuscito: nemici che rispondono solo a colpi elementali, scudi e mini-boss vari fanno il loro dovere in termine di varietà, così come l’IA di tutti i nemici, ma non regalano mai grossi sussulti.
IL DESIGN DEI NEMICI NON VA OLTRE QUEL LOOK UN PO’ GENERICO DA FILM DI FANTASCIENZA A MEDIO BUDGET
OSCAR PER LA SCENEGGIATURA
I pregi di Marvel’s Guardians of the Galaxy risiedono però altrove e più precisamente, come credo sia ormai facile intuire a questo punto della recensione, nella gestione dei personaggi e nella coerenza narrativa. Come lo standard dell’avventura impone, i cambi di scenario sono piuttosto frequenti (benché anch’essi non molto ispirati nel design, per quanto ottimi dal punto di vista tecnico): si passa per navi, città, pianeti e prigioni da una parte all’altra della galassia, ma mai con la sensazione di essere un pacco postale spedito di qua e di là per il gusto di sfoggiare nuove ambientazioni.
SI PASSA PER NAVI, CITTÀ, PIANETI E PRIGIONI DA UNA PARTE ALL’ALTRA DELLA GALASSIA, MA MAI CON LA SENSAZIONE DI ESSERE UN PACCO POSTALE SPEDITO DI QUA E DI LÀ
I Guardiani della Galassia sono una banda di emarginati che non se le manda a dire, ma sono anche una famiglia atipica che trae la propria forza dai legami e si assume le responsabilità delle proprie azioni. Tutti elementi su cui il giocatore ha un controllo (o quanto meno una parvenza di controllo) e che contribuiscono a percepire meno la linearità di fondo, limite storico di questa tipologia di gioco. Pur senza raggiungere le vette dello Spider-Man di Insomniac, forse facilitato nelle atmosfere dall’intramontabile fascino di una New York open world, Marvel’s Guardians of the Galaxy riesce a far dimenticare il poco entusiasmante esordio di Square nell’universo Marvel e a lanciare una luce ben più rassicurante sul futuro di questa collaborazione.
In Breve: Le avventure Marvel firmate Square Enix tornano a un rassicurante singleplayer classico, più vicino a Tomb Raider che a Destiny, e che punta molto sull’impianto narrativo. Il chiacchiericcio costante ricorda al giocatore che i Guardiani sono un gruppo il cui comando grava sulle sue spalle, proprio come il peso delle decisioni da prendere e degli ordini da impartire. Le conseguenze delle proprie decisioni sono però ben legate agli archi narrativi e trasmettono l’idea della propria influenza sulle vicende, ma anche della presenza di altri personaggi capaci di rendersi conto di ciò che succede. In termini di pura azione Marvel’s Guardians of the Galaxy non inventa certo la ruota, ma fa il suo dovere con coerenza e perizia.
Piattaforma di Prova: Xbox Series X
Com’è, Come Gira: L’impatto grafico su Xbox Series X è notevole, nel complesso, benché privo di RTX che verrà implementato a breve dopo il lancio. Pur senza essere incappato in bug, mi è capitato di notare qualche problema con le animazioni e qualche dettaglio poco ripulito, che tuttavia dovrebbe essere sistemato con una patch al day one, promessa da publisher e sviluppatore in sede di review.