Il precedente titolo di FuturLab per Sony PSVR, Tiny Trax, incuriosiva per il punto di vista in terza persona ben distante dall’azione di guida, poco comune per un gioco in realtà virtuale. Ora abbiamo sotto mano Mini-Mech Mayhem, uno strategico dove tattica e sesto senso la fanno da padrona in sfide multiplayer online. Si tratta di un passo avanti per lo sviluppo di giochi in VR? La risposta è – spoiler alert – manco per niente.
POKER FACE
Le regole di Mini-Mech Mayhem sono semplici e il tutorial iniziale le spiega con chiarezza e diversi esempi: di fronte a una scacchiera virtuale, iniziamo posizionando il nostro robottino in un riquadro della fila più vicina a noi, e il nostro obiettivo è arrivare a fine turno in possesso dello scintillante doblone d’oro rotante collocato in maniera pseudo-casuale nella zona centrale dell’area di gioco. Ogni partita si svolge a turni, ciascuno dei quali si divide in una iniziale fase di pianificazione in cui possiamo programmare tre azioni tra movimento e sparo, cui segue l’esecuzione vera e propria delle mosse, quando le strategie di tutti i giocatori vengono messe in atto. Se non mi sono spiegato, pensate a Frozen Synapse su una scacchiera, con però una differenza fondamentale: anche nella fase di svolgimento delle azioni, queste avvengono a turni, con precedenza a quelle dal minor costo in termini di action point. Le conseguenze tattiche di tale condizione sono considerevoli, infatti mirare al torso costa un solo AP, mentre un headshot ne costa sei, per cui si rischia di sparare a vuoto se il contendente ha compiuto un’azione meno dispendiosa spostandosi al di fuori della nostra traiettoria di tiro. Si tratta dunque di un gioco mentale in cui intuire le intenzioni altrui e al contempo cercare di non essere troppo scontati nelle proprie manovre, in un continuo di finte e contro-finte, attacchi e difese per acquisire i tre punti necessari alla vittoria, ottenibili, oltre che con la già citata moneta aurea, anche distruggendo un mini-mech nemico.
Intuire in anticipo le intenzioni dell’avversario dà sempre una bella soddisfazione
SHALLOW
Anche altre componenti del sistema ludico lasciano l’impressione di essere il risultato di belle idee che però gli sviluppatori non hanno avuto il tempo o la voglia di declinare in meccaniche più compiute. Si parte dalla scelta del nostro robottino, che possiamo personalizzare fornendogli una buona varietà di personalizzazione estetiche, ma senza alcun impatto sul gameplay; il moveset è quindi sempre il medesimo e non esistono abilità specifiche che possano fare la differenza sul campo di battaglia o determinare approcci differenti alle partite. Le arene di gioco sono un altro esempio di occasione persa, in quanto tutte pressoché uguali; cambia giusto la posizione dei pozzi da evitare, ma finisce tutto lì. Niente caratteristiche diverse del terreno, né trappole con effetti specifici, neanche l’ombra di livelli con modificatori per rimescolare le carte in tavola. Potrei proseguire su questa strada ma concluderò con le armi, o meglio la loro assenza: lo sparo è sempre lo stesso, a meno di un paio di modificatori su colpi singoli dovuti a alcuni intercetti. Sembra quasi che dalle parti di FuturLab abbiano volutamente trascurato le più banali e consolidate regole di design che forniscono profondità e rigiocabilità a un titolo strategico, col risultato finale di far passare la voglia di giocare dopo qualche partita.
FuturLab ha trascurato le più banali e consolidate regole di design che forniscono profondità e rigiocabilità a un titolo strategico
Davvero non capisco. I britannici di FuturLab sembrano essersi dimenticati delle lezioni base di design necessarie per offrire un prodotto che riesca a mantenere i giocatori intrigati e sorpresi dopo le prime tre partite. L’atmosfera adorabile in cui Mini-Mech Mayhem ci immerge dalla schermata principale salva il titolo dagli esami di riparazione a settembre portandolo a una sufficienza risicata, ma la scarsità di contenuti e la superficialità dei suoi sistemi lascia davvero sorpresi, per non parlare dello sfruttamento inesistente della realtà virtuale. Neanche a dire di avere a che fare con uno studio al suo titolo d’esordio.