MLB The Show 18 - Recensione

PS4

Il 29 marzo è ripartita la Major League Baseball, in leggero anticipo rispetto al solito, e in ossequio al nuovo contratto collettivo che prevede un numero maggiore di giorni di riposo e una stagione più spalmata nei tempi. All’appello, ovviamente, non poteva mancare la sua versione digitale, e il nuovo capitolo di MLB The Show sviluppato da SIE San Diego Studio è arrivato puntuale su PlayStation 4 a mettere in scena – con la solita tradizionale precisione – lo sport che racconta trasversalmente la cultura statunitense.

PROGRESSO MONODIMENSIONALE

Parlando di realtà, la stagione 2018 della MLB è una di quelle che inizia sotto i migliori auspici, con diverse storie che varrà la pena seguire nel corso della lunga e tortuosa strada verso le World Series. Ci si potrebbe soffermare sull’evoluzione tecnologica che sta portando a un numero sempre crescente di home run (nel 2017 c’è stato il record assoluto stagionale, 6105, figlio soprattutto dell’introduzione di Statcast, un tool di analisi statistica che dal 2015 sta garantendo una precisione analitica mai vista prima) che ha portato i power hitter, come J.D. Martinez e Giancarlo Stanton, a diventare pezzi pregiatissimi del mercato.MLB The Show 18 immagine PS4 16Dal lato opposto dell’interpretazione specialistica c’è invece la nuova fascinazione orientale, ovvero l’arrivo di Shohei Otani a LA, sponda Angels, che segna il ritorno di un top player bidimensionale in lega, con il nipponico che è già diventato il primo atleta dal 1921 a conquistare una vittoria come lanciatore in una partita e a mettere a segno un home run in un’altra da battitore designato. L’ultimo a riuscirci era stato Babe Ruth, che è la leggenda assoluta del baseball americano, come vi raccontavo lo scorso anno.

l’esperienza del baseball viene affrontata da tre punti di vista molto precisi, che corrispondono ad altrettante modalità principali: Franchise, Road to the Show e Diamond Dynasty

Perché vi dico tutto questo? Un po’ per farvi entrare nell’ottica dello sport più amato dagli americani, un po’ perché in MLB The Show 18 Otani può essere utilizzato solo come lanciatore, rispondendo a una scelta impopolare ma precisa di sviluppo ed evoluzione del gameplay, che riguarda l’introduzione di stat cap nel nuovo sistema di progressione dei singoli giocatori. Lo studio di San Diego, infatti, ha scelto di raccontarci una storia estremamente tradizionale in questo capitolo della saga, che pur non accontentandosi di essere il titolo dello scorso anno aggiornato, preferisce un progresso lineare, che prosegue il discorso rifinendo e cambiando i connotati di una struttura che rimane quasi inalterata. L’idea è quella di raccontare il cuore dell’esperienza del baseball, affrontandola da tre punti di vista molto precisi, che corrispondono alle tre modalità principali, ovvero il Franchise, il Road to the Show e la Diamond Dynasty. Anzi, diciamo subito che la scelta radicale di rendere più solidi i tre punti principali dell’offerta ha portato all’eliminazione del Franchise online e della stagione singola, sacrificio evidentemente necessario per dedicare risorse a un generale miglioramento di una serie di piccoli aspetti.

A SCUOLA DI BASEBALL

Nel provare a sintetizzarvi la comunque magniloquente proposta di Sony, inizierei da quelle che – a mio avviso – sono le tre migliorie principali di MLB The Show 18: la prima è un generale ripensamento dell’interfaccia che, soprattutto nella modalità in cui si gestisce la propria franchigia, costituisce un grandissimo passo avanti nella fruizione del gioco, sempre chiaro, didascalico ed essenziale nei suoi menu, anche e soprattutto per chi non vive di pane e baseball.MLB The Show 18 immagine PS4 02

MLB The Show 18 è un titolo adatto a un enorme bacino d’utenza

Quest’attenzione quasi didattica ai novizi è, in generale, il secondo punto a favore di un’esperienza sempre più dolce (ma non facile, attenzione!) anche per chi vuole avvicinarsi tramite PlayStation a uno sport interessante, ma indubbiamente complesso. L’approccio iper tradizionalista e super commentato, l’affinamento del livello di difficoltà che varia in tempo reale, e un’attenzione maniacale al sistema di controllo (con tanto di ottimo tutorial iniziale) rendono MLB The Show 18 un titolo adatto a un enorme bacino d’utenza e, nonostante la sua vastità, pad alla mano non si ha mai la sensazione di essere da soli di fronte a una sfida troppo impervia o in qualche modo ingiusta. Il terzo punto di forza nell’evoluzione dell’IP californiana è un complessivo miglioramento dell’AI sia sul campo che nell’ufficio dei GM, con giocatori e manager che compiono scelte genuinamente più convincenti in ogni momento delle partite e delle stagioni.

A corredo di questi tre sostanziali passi avanti, MLB The Show 18 presenta una serie di piccoli miglioramenti, da un commento finalmente più vario e interessante, a un feedback fisico (soprattutto nei momenti di tensione) ancora più a fuoco rispetto al passato, fino a una generale rifinitura delle dinamiche di gioco. Infine, il nuovo capitolo della saga sportiva si può fregiare al solito di un comparto tecnico di primo livello, tra animazioni allo stato dell’arte e grafica fotorealistica, in grado di portare sullo schermo un affascinante ibrido tra presentazione televisiva e racconto sportivo vero e proprio, fatto di coinvolgimento e adrenalina fisica. Non ci sono stravolgimenti e gran parte dei miglioramenti riguarda il linguaggio del corpo dei giocatori, sempre più credibile e verosimile, e rappresentato al meglio dal nuovo editor di postura, davvero pazzesco e versatile. Complessivamente, l’impatto estetico resta al di sotto di NBA 2K, ma siamo comunque ai vertici della presentazione sportiva in formato videoludico.

UN DIAMANTE POPOLARE

Se, dunque, il Franchise ha ricevuto i benefici di riflesso grazie ai miglioramenti all’AI e all’interfaccia, la Diamond Dynasty si conferma una modalità collezionistica di natura gargantuesca, superiore per elasticità di contenuti ad Ultimate Team, e assolutamente poco connessa alle microtransazioni, ridotte davvero all’osso e assolutamente trasparenti.MLB The Show 18 immagine PS4 06Certo, per competere ad alti livelli c’è bisogno di tempo e di un po’ di grinding, ma è nella natura della modalità, fermo restando che qualsiasi attività svolta all’interno delle altre modalità conferisce dei bonus spendibili in Diamond Dynasty. Può piacere o meno, ma l’equilibrio trovato da San Diego Studio è assolutamente funzionale, e spiace soltanto che l’esperienza online, dal punto di vista della tenuta dei server, sia ancora altalenante.

spiace che l’esperienza online, dal punto di vista della tenuta dei server, sia ancora altalenante

Analogamente, a volte l’estrema eterogeneità della base utenti genera partite squilibrate e poco divertenti, un lusso che la simulazione di uno sport lento come il baseball non può permettersi, ma in questo gli sviluppatori possono davvero fare poco, e la tendenza didattica delle modalità offline fa decisamente bene nell’ottica di costruire una community mondiale più bilanciata. Come detto in apertura, è Road to the Show, la modalità carriera da singolo giocatore che ha debuttato lo scorso anno, ad aver ricevuto un cambiamento sostanziale, che riguarda la progressione del nostro atleta virtuale. Rispetto al modello che prevede la distribuzione dei punti, lo studio californiano ha optato per un approccio “learning by doing” con stat cap. In sostanza, sulla base delle scelte di creazione del nostro alter ego, l’avanzamento delle statistiche è collegato alle performance sul campo e alle scelte fatte in allenamento, dove la frequenza delle sessioni interattive si fa più bassa in favore di training drills dall’esito automatico. In pratica, più effettueremo con successo alcune azioni, più avanzeremo in quel fondamentale (e viceversa, perché si può anche peggiorare), ma non solo, perché in base alle nostre prestazioni e alle scelte durante le conversazioni con GM e allenatori, possiamo sbloccare bonus temporanei o perk attivi o passivi in grado di rendere unico il nostro atleta. L’idea alla base è quella di raccontare il lento progresso di un giocatore che si affaccia al professionismo come una tarda scelta del draft e che, attraverso il suo periodo in Minor e il lavoro duro, può arrivare al successo.

Lo stile narrativo documentarista con tanto di voce fuori campo, come lo scorso anno, e l’esaltazione dell’abnegazione che porta al successo si sposano bene con la progressione rinnovata, più dolce ma anche in grado di dare più soddisfazione. Il viaggio di Road to the Show di fatto si fa più lungo, ma più interessante, e contemporaneamente l’ottima gestione dei tempi di gioco permette come al solito di vivere soltanto i momenti clou delle partite, per godersi unicamente le fasi strettamente necessarie a scrivere il proprio grande racconto sportivo. MLB The Show 18 è proprio questo: l’ennesimo capitolo di una storia popolare, tradizionale, profondamente americana.

MLB The Show 18 è un episodio solido che conferma quanto di buono fatto lo scorso anno dallo studio di San Diego, che a un miglioramento generale affianca l’inserimento di due o tre nuovi concetti importanti in uno schema assolutamente collaudato. Migliorare qualcosa di già perfettamente funzionale non è un’impresa facile, e SIE San Diego ci è riuscita in maniera intelligente e riconoscibile, senza stravolgimenti. Spiace per la rinuncia ad alcune modalità, ma il risultato è un’esperienza di gioco complessivamente più coesa.

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Pro

  • Tecnicamente più rifinito.
  • Poche novità, ma tutte centrate.
  • Road to the Show ancora più appassionante.
  • Ottimo per tutti i livelli di giocatori.

Contro

  • Esperienza online altalenante.
  • Offerta complessiva leggermente meno ricca.
8.5

Più che buono

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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