E se Madre Natura riuscisse, con One Last Breath, a emettere un ultimo docile respiro? Come facilmente suggerisce il titolo, da questa azione nasciamo noi, Gaia, essere umanoide con innesti di fiori, piante e radici un po’ ovunque nel corpo. Ma andiamo con ordine. Un bel respiro. Via.
Sviluppatore / Publisher: Moonatic Studios / Moonatic Studios Prezzo: ND€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: PC (Steam), PlayStation 5, Xbox Series X/S, Nintendo Switch Data di lancio: 28 marzo 2024
Quanti danni hanno fatto Limbo e Inside, potremmo esternare, ma così non sarà, o almeno, di giochi di avventura simil puzzle-platform ne abbiamo visti passare molti, alcuni davvero belli e di forte consistenza, altri invece terribilmente sciatti, mosci e con la pancia. Va detto però che produzioni di questo calibro quando riescono a incastrare bene le loro carte, ne esce spesso e volentieri un titolo dal forte intrattenimento come curiosità. One Last Breath rientra in questa categoria almeno a metà, a fronte di diversi elementi di forte interesse e qualità, ne seguono altri che inspiegabilmente non rendono giustizia a quanto di buono fatto fino a quel momento, ma ripetiamo, andiamo con ordine.
Siamo in un futuro forse lontano, forse no, ma l’umanità sembra essersi estinta. Il mondo ora è in mano alla natura e agli animali, mentre il vento trasporta terribili urla e lamenti di creature feroci. Chi sono? Cosa vogliono, ma ancor di più, chi siamo noi? Nasciamo in uno sbuffo di vitalità, siamo Gaia e il peso del nostro nome è un palese monito dell’avventura che ci troveremo ad affrontare, mentre vaghiamo in una Terra apparentemente desolata, cercando di salvare la pellaccia dura e floreale e scoprire segreti, recuperare pezzi della storia recente.
ONE LAST BREATH: UNA TACITA NARRAZIONE
One Last Breath sul fronte narrativo vince a mani basse grazie a un piccolo espediente che tendo ad apprezzare spesso, già ampiamente narrato negli ultimi due Horizon: essere testimoni di un world building che vede il genere umano terribilmente sconfitto. One Last Breath narra la stessa angoscia disperata in un silenzio tombale. Per quanto ci sia sempre la sensazione di percepire lo spettro di un genere umano che si è autodistrutto con le proprie mani (riscaldamento globale, inquinamento ecc) il mondo di gioco che ci troviamo ad attraversare e percorrere con Gaia emana la stessa disperazione. Quartieri diroccati, strade abbandonate, ammassi di automobili che ormai fanno da appoggio per piante ed alberi. Il lascito del genere umano è la prova tangibile di qualche che c’è stato e ora non c’è più. In quel silenzio c’è una sconfitta pesante, che parla inevitabilmente a tutti noi.
Gaia attraverserà queste mappe seguendo un proprio obiettivo, addentrandosi in alcuni laboratori disseminati in zone particolari, dove poter raccogliere anche dei piccoli brandelli di “trama” degli eventi passati, provare a tirare delle conclusioni su ciò che abbiamo visto riuscendo anche a farci sentire un po’ in colpa per quel mondo che stiamo vivendo. Una sensazione strana, eppure ad ogni livello dove procedevo, era come se il titolo volesse sottolineare la memoria di quei luoghi, ideati, sviluppati e costruiti dal genere umano, lo stesso che poi ha distrutto tutto ciò. Pur non dicendo nulla, One Last Breath ha una carica di narrazione e atmosfera di forte impatto.
UNA RADICE CONTINUA
I dubbi arrivano su fronti quasi inaspettati. Al netto di una longevità sicuramente non molto consistente, ci si ritrova a fare i conti con una serie di puzzle ambientali abbastanza sempliciotti. Certo, nessuno si aspetta un approccio al gioco vicino al tedio assoluto, ma neanche dei puzzle posti come cuore principale di un livello costruiti più o meno sempre sullo stesso pattern di azione.
Questo si costruisce in particolare con la possibilità di manipolare alcuni arbusti e radici. D’altronde siamo pur sempre Gaia, avatar di Madre Terra, e qualora dovessimo raggiungere punti troppo lontani, troveremo sicuramente nei dintorni un luogo di azione dove poter evocare delle radici da utilizzare come ponte per raggiungere zone troppo lontane, ma anche per intrappolare nemici o sbloccare oggetti. Non avremo possibilità di azioni offensive, corriamo e basta, rispecchiano un senso di non violenza intriso nella nostra missione umanitaria nel raggiungere l’obiettivo finale. Altro piccolo dubbio riguarda proprio la gestione della progressione dei livelli, dove talune volte abbiamo un buon ritmo tra fuga, esplorazione e puzzle, mentre in altri momenti ci ritroviamo a correre, correre e correre e basta per interi minuti. Espediente per far respirare il gioco e narrare qualcosa? Forse, ma vista la scarsità di approcci, sembra una furbata bella e buona.
In chiusura non posso non sottolineare una stravagante diversità nella realizzazione dei modelli poligonali come degli ambienti: alcuni sono realizzati di tutto punto, ricchi di dettagli, di ombre o di fuochi improvvisati sul ciglio della strada, ma in altri momenti ci troviamo davanti dei modelli poligonali che sembrano mancare di forti rifiniture, con una resa su schermo da pugno in un occhio. Insomma, pur giocando al massimo della risoluzione (ed è necessario un pad) le ho trovate delle mancanze davvero inspiegabili. Forse fanno parte della missione intrinseca del titolo stesso, ma abbiate pazienza, non si possono proprio guardare a confronto di tante altre grazie ben realizzate nel gioco stesso.
In Breve: One Last Breath è un’avventura puzzle platform graziosa e ben realizzata con una componente narrativa di forte spessore. Qualche forte incertezza sul fronte dei modelli delle mappe come di varietà di meccaniche lasciano qualche macchia sparsa su un titolo che ha comunque delle sue ottime carte da giocare.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Intel Core i7, 16GB RAM, GeForce GTX1650 Ti, HDD
Com’è, Come Gira: Titolo eseguito alla perfezione sulla configurazione di prova, giocato a risoluzione massima.