Pharaoh A New Era – Recensione

PC

Ve lo ricordate il 1999? Ve lo ricordate Pharaoh? Nella mia memoria (chiaramente danneggiata), il gestionale di Impression Games era ancora più anziano, ma poco importa: Dotemu ce lo ripropone oggi con il remake Pharaoh: A New Era, una fine operazione di chirurgia che cerca di svecchiarlo senza snaturarlo. Procedura sempre delicata, come sa ogni buona cougar.

Sviluppatore / Publisher: Triskell Interactive / Dotemu Prezzo: 22.99 € Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: ND Disponibile su: PC (Steam, GOG) Data di uscita: 15 febbraio

Dotemu è ormai da anni sinonimo di remake, reboot o sequel di vecchi brand. Si tratta di un distributore che si è dedicato con grande intelligenza a riportare in auge franchise adorati da tantissimi giocatori che avevano divorato i titoli originali negli anni ‘90.

Street of Rage 4 è il primo gioco che mi salta subito in mente, ma ci sono anche le tartarughe ninja, per non parlare del mitico Metal Slug e della revisione in chiave tattica che speriamo tutti di vedere il prima possibile. Ops, mi sono fatto prendere la mano, questa volta tocca a Pharaoh tornare sul palcoscenico da protagonista.

LA STORIA D’EGITTO E DEL VIDEOLUDO ANNI ‘90

Partiamo da una premessa necessaria, perché, insomma, non è che dobbiamo tutti conoscere vita morte e miracoli dell’intera storia videoludica mondiale: Pharaoh è un city builder sviluppato dagli Impression Games nel 1999, forti del successo di Caesar III dell’anno prima, a cui sarebbe seguito, sempre a distanza di un anno, quello che è apparso a molti il pinnacolo della loro produzione, cioè Zeus: Master of Olympus. Ora, non è che voglio mettermi a fare la lezioncina di storia, ma giusto per mettere in quadro la situazione, SimCity era in giro già da dieci anni, e nel 1999 ci arrivarono gemme preziose come Homeworld, Sid Meier’s Alpha Centauri e RollerCoaster Tycoon, per non parlare, se vogliamo uscire dai generi tattico/gestionali, di System Shock 2, Driver e Medal of Honor.

Nel 1999 ci arrivarono gemme preziose come Homeworld, Sid Meier’s Alpha Centauri e RollerCoaster Tycoon, per restare tra i gestionali

Cosa sto disperatamente cercando di dire? Qualcosa in testa avevo, adesso bevo un bicchierone d’acqua e me lo ricordo. Ah, ecco cosa: già al tempo della sua uscita originale, Pharaoh rappresentava un modo di pensare i gestionali molto classico e ormai consolidato, con tutti i pro e contro che ne conseguono come un gameplay bilanciato e ricco, ma pochi elementi di innovazione. In estrema sintesi, questo è il cuore della mia esperienza con Pharaoh: a New Era. Occhio però, ci tengo a essere chiaro: il discorso che ho fatto finora potrebbe tranquillamente essere considerata come presa di posizione aprioristica, in quanto basata su fatti e eventi del passato. E invece non è così, sono conclusioni cui sono giunto dopo ore e ore passate nella gradevole compagnia del remake di Triskell Interactive.

Pharaoh A New Era

Il palazzo cittadino è il cuore delle attività amministrative delle cittadine in sviluppo.

È come se ogni missione avesse contribuito a formare una certa idea, che piano piano ha preso forma, e poi, a un certo punto, ho inquadrato e messo a fuoco i dettagli anche grazie alla cornice “storica” descritta in apertura. La struttura di gioco segue una sequenza di missioni, ciascuna delle quali con determinati obiettivi che richiedono un’evoluzione sempre maggiore del proprio insediamento; la principale difficoltà da superare è quella del vile denaro, perché se daremo troppo fondo ai forzieri del regno, la nostra famiglia sarà scacciata con sommo disdegno, e la nostra partecipazione all’incredibile dominazione egizia nel mondo antico sarà dimenticata per sempre.

Ogni missione è collocata in maniera chiara all’interno della millenaria storia che attraversa, trasformando un pretesto storico in una realtà concreta

Ho apprezzato molto la ricchezza storica che accompagna Pharaoh: a New Era, dove ogni missione è collocata in maniera chiara all’interno della millenaria storia che attraversa. Niente che diventi opprimente in un contesto videoludico, ma abbastanza da trasformare un pretesto storico in una realtà concreta che rende anche più verosimili gli obiettivi da raggiungere in game.

IL NILO PROTAGONISTA DI PHARAOH: A NEW ERA

Tra gli aspetti ancora oggi piuttosto freschi spicca ancora il Nilo, con tutto l’impatto che la sua maestosa presenza ha avuto sulla civiltà egizia. Il Nilo, con le sue esondazioni, crea le zone dove l’agricoltura fiorisce, determinando le aree della mappa in cui concentrare le colture, che siano di grano per sfamare la popolazione, o di orzo per distillare birra da commerciare con cittadine vicine. Esso poi si erge protagonista in molte delle missioni, separando i territori all’interno dello stesso livello. Se le montagne ricche d’oro stanno dalla parte opposta del fiume, occorre tenere in debita considerazione tutte le mosse necessarie ad arrivarci il prima possibile, con relativo adeguamento della strategia di sviluppo urbano e economico.

Pharaoh a New Era

Uno specchio d’acqua al centro della mappa condiziona l’intero sviluppo urbano.

Sempre il Nilo è il protettore assoluto della civiltà egizia, tanto che le aree fertili in cui è più facile prosperare sono proprio quelle vicino alle sue rive, le quali lasciano ben presto strada all’aridità del deserto non appena il benefico effetto del fiume inizia a perdere forza. Per quanto riguarda le principali meccaniche di gioco, come già detto, Pharaoh: a New Era si colloca nella tradizione, con filiere produttive da mettere in piedi per sviluppare l’economia, e cittadini da tenere su di morale con divertimenti e prodotti più o meno di lusso. Non mancano altri classiconi come la progressione culturale e gli aspetti religiosi da bilanciare con il resto delle priorità. C’è anche una parte per così dire militare, che però dà la sensazione di essere un’appendice aliena che male si integra con il resto del gioco, tanto che le battaglie si risolvono in maniera automatica in schermate separate a se stanti. Francamente, ne avrei volentieri fatto a meno.

C’è anche una parte per così dire militare, che però dà la sensazione di essere un’appendice aliena che male si integra con il resto del gioco

A questo gioco va sicuramente riconosciuta la grande ricchezza di contenuti, con più di cinquanta missioni che vanno a coprire i quattro millenni di storia egizia. Anche in termini di quantità di edifici da costruire ce n’è in abbondanza, inoltre i sistemi economico e sociali da tenere in piedi tengono lontana la noia, anzi: il rischio della ignominiosa bancarotta è spesso vicino, io infatti ci sono cascato diverse volte. Proprio perché c’è così tanto da fare ho trovato poco pratico dover iniziare da zero ogni volta, non sarebbe stato male partire da un minimo di strutture base per evitare di iniziare ancora e ancora con le stesse mosse base. L’operazione di restyling immaginata e realizzata da Dotemu non è banale, gli sviluppatori hanno scelto di adottare un tocco relativamente leggero per mantenere intatti i pilastri del gioco originale: anche se, visti alla luce del 2023, i limiti di Pharaoh pesano più di quanto si vedesse venti e passa anni fa, la missione è compiuta.

In Breve: Negli ultimi anni abbiamo avuto una grande offerta di city builder e, più in generale, gestionali, ciascuno con una prospettiva ben definita sul genere o con elementi di novità. In questo contesto Pharaoh: a New Era fa sentire gli anni che si porta sulle spalle più di altri franchise resuscitati da Dotemu. Rimane comunque un solidissimo city builder su cui Triskell Interactive ha messo le mani in modo intelligente per ammodernare l’interfaccia e semplificare alcuni meccanismi che facevano un po’ troppo anni ‘90. La quantità di contenuti ha qualcosa di davvero notevole (infatti è inclusa l’espansione Cleopatra) e farà la gioia di nostalgici e archeologi videoludici.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di prova: Intel i7-7700k (4.2GHz), Geforce GTX 1080 8GB, 8GB RAM, HDD 
Com’è, Come Gira: Con una grafica dal disegno semplice e elegante, che non mette sotto pressione i processori di questa generazione, è filato tutto liscio. Qualche tooltip scompare troppo rapidamente, ma l’interfaccia si impara in fretta, quindi non è un gran problema.

 

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Pro

  • L’importanza storica del Nilo ha chiaro impatto sul gameplay / Quantità di contenuti impressionante / Meccaniche di city builder molto approfondite

Contro

  • Pochi elementi di distinzione da un city builder generico / In ogni missione bisogna partire da zero / Componente militare slegata dal resto
7.8

Buono

Dopo traverse vicende in alcune cittá italiche, il nostro Solar Nico é sbarcato in terra d’Albione. Se da una parte ancora si da alla ricerca matta e disperata di un parco (ma anche un praticello va benissimo) per approfittare di qualsiasi mezza giornata di sole londinese, dall’altra Nicoló ha rassegnato ogni speranza all’idea di stare al passo della propria, sempre crescente, libreria Steam.

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