L’avventura su Planet Alpha inizia con un risveglio: non uno dei più piacevoli per lo sfortunato protagonista, dal momento che si ritrova su un mondo alieno sconosciuto. Solo, ferito e stanco, l’esile astronauta si incammina senza una meta precisa nella speranza di riuscire a sopravvivere in quello che appare come un pianeta inospitale, dove le continue folate di vento rompono il silenzio infrangendosi sulle formazioni rocciose del deserto. Dopo una lenta camminata di una manciata di minuti, mentre i nomi degli sviluppatori capitanati da Adrian Lazar scorrono sullo schermo, il povero cosmonauta si accascia a terra, profondamente provato, proprio quando l’ultima scintilla di vita sta per abbandonarlo.
GENESI
È però un secondo risveglio che dà ufficialmente il via all’avventura ideata dal giovane game designer danese e dal suo piccolo team di sviluppo indipendente: per motivi ignoti, l’astronauta è riuscito a scampare alla morte, rinvenendo in una caverna in cui sono presenti testimonianze di un’antica civiltà.
Mentre i nomi degli sviluppatori scorrono sullo schermo, il povero cosmonauta si accascia sul suolo alieno
Detto questo, non voglio svelare ulteriori dettagli relativi alla trama di Planet Alpha; vi basti sapere che se in un certo senso l’incipit non è certamente dei più originali, la narrazione riesce a sorprendere grazie a un paio di colpi di scena inattesi e ben piazzati, facendo sorgere diverse domande circa le motivazioni dei robot e il mistero che si nasconde su questo mondo in apparenza indecifrabile.
ROTAZIONE E RIVOLUZIONE
Il comparto audiovisivo di Planet Alpha è particolarmente suggestivo, non solo perché il team danese è riuscito a delineare paesaggi alieni che pescano a piene mani dalle opere fantascientifiche di inizio Novecento, dove il fascino dell’ignoto va a braccetto con il gusto dell’eccentrico, ma anche perché i suoni udibili dal giocatore si sovrappongono con discrezione alle peripezie dello sfortunato protagonista.
Il design del suono riesce a sposarsi efficacemente con la particolare e riuscita atmosfera visiva
Tutti gli enigmi si risolvono in questo modo, dal primo all’ultimo, per le circa cinque ore necessarie a portare a termine il gioco e visionare i titoli di coda. Laddove l’assortimento di ambientazioni ha dell’eccezionale, controller alla mano Planet Alpha diventa immediatamente prevedibile a causa della varietà dei puzzle praticamente inesistente.
PROVA E RIPROVA
Le criticità di Planet Alpha, però, non si limitano soltanto a uno scarso assortimento di enigmi ambientali: i problemi – quelli veri – si presentano in tutte le situazioni che coinvolgono i nemici robotici. Essendo particolarmente fragile e privo di strumenti offensivi, affrontare gli invasori a muso duro è impossibile per il nostro protagonista; è per questo che l’unico modo di andare avanti è fare affidamento sulla sua corporatura, quindi alla capacità di nascondersi tra gli elementi dello scenario per passare inosservati ed evitare le ronde.
All’eccezionale concezione artistica non è seguita una cura altrettanto profonda per il gameplay
Un vero peccato perché, se gli sviluppatori avessero curato maggiormente questi aspetti, Planet Alpha sarebbe stato un videogioco decisamente migliore e più completo, laddove ci dobbiamo accontentare di un’opera riuscita soltanto in parte.
Planet Alpha mi ha lasciato con l’amaro in bocca: a fronte di un comparto audiovisivo davvero straordinario e a una narrazione criptica e mai banale, tutto ciò che gravità attorno alla sfera prettamente ludica non riesce mai a convincere del tutto. Non solo gli enigmi scontati e riciclati, ma anche le meccaniche stealth che funzionano poco e male tarpano le ali a un progetto che avrebbe potuto ambire a essere qualcosa di più che un bellissimo affresco surreale in movimento. Davvero un gran peccato.