Pokémon Scarlatto e Violetto – Recensione

Switch

Korai e mirai. Passato e futuro. Pokémon Rosso/Blu e Pokémon Scalatto/Violetto. Game Freak si muove così, sempre perfettamente  a cavallo tra quel bambino che chiedeva 99 mila lire ad un padre che oggi non c’è più per comprare una cartuccia per Game Boy e l’adulto inaridito dalla vita che oggi 60 € non ci pensa proprio a spenderli. È difficile addormentarsi alla sera nello stesso letto di Peter Pan, se lui decide di non voler lasciare l’isola. Perché l’isola, in fondo, non c’è.

Sviluppatore / Publisher: Game Freak / Nintendo Prezzo: 59,99 euro Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 7  Disponibile Su: Nintendo Switch Data di Lancio: 18 novembre 2022

Korai. Passato. In groppa al Pokémon leggendario che ti regalano nei primi 10 minuti di gioco ti chiedi che fine abbiano fatto i Pokémon. Quelli veri, da catturare dopo ore di esplorazioni infruttuose per tutte le Isole Vorticose, l’ansia che quelle maledette batterie stilo ti mollino da un momento all’altro. Hai lasciato l’isola un sacco di anni fa.

difficile addormentarsi nel letto di Peter Pan, se lui decide di non voler lasciare l’isola

Troppi per saperli contare oggi. Hoenn? Sinnoh? Lumina? Non sapresti dire quand’è stata l’ultima volta che hai dato la buonanotte a Junici Masuda senza augurargli il peggio. Ad un certo punto qualcosa s’è rotto e Junici non si è preoccupato di aggiustarlo. Quella vacanza all’ombra della tour Eiffel non è servita a nulla, una storia di guerra e morte e promesse di modernità mai realizzate. Accenni di futuro rimasti nell’album dei ricordi. Viaggi alle Hawaii con la promessa di sperimentare qualche vero gioco di ruolo diventati immediatamente la solita routine.

pokemon scarlatto e violetto recensioneMirai. Futuro. Da Switch tutto cambia. Via quell’idea di vecchio JRPG che puzzava di muffa già nel ‘96 e benvenuto futuro del medium. Nel passaggio, però, qualcosa è rimasto indietro. Qualcosa che ha irrimediabilmente rotto la speranza di un gioco Pokémon fresco, completo, al passo con i tempi. Creatures Inc. si dimentica un pezzo e la Gran Bretagna piange per la sua regina e per il suo re. Arrivano i pokémon nell’overworld ma i modelli rimangono sul 3DS, imprigionati da una Pokébanca che diventa l’ennesimo sistema per spillarti soldi. Game Freak fa il passo più lungo della gamba e dopo una piccola sosta a Sinnoh a caccia di mostri, decide di aprire il mondo di gioco.

Game Freak, dopo una piccola sosta a Sinnoh a caccia di mostri, decide di aprire il mondo di gioco

Solo che Switch è una vecchia console e la ciurma della ex rivista di The Pokémon Company non sa proprio scrivere il codice necessario per ottimizzare il titolo. A nulla sono serviti i trailer fasulli catturati su PC. L’unica verità ce l’avevamo noi in Europa quando per sbaglio lo stagista ha cliccato play sulla versione 1.5 del video da caricare su Youtube. Si torna al passato quindi, senza leggendari, al buio completo. E tornando al passato Game Freak ci prova.

OLTRE I CIELI DELL’AVVENTURA

Paldea ci prova. Ci prova ma non ci riesce. Sognamo una regione Open World da quando il marketing ce l’ha imposto come buzzword per celebrare il futuro dei videogiochi. E Paldea Open World lo è, si lascia esplorare più o meno liberamente. C’è un ordine per sfidare palestre e basi del Team Star, ma è un suggerimento che per la maggior parte del tempo si può ignorare: vuoi sfidare una palestra per cui sei sotto-livellato? Non c’è problema, accomodati. E funzionerebbe pure, se non fosse per i problemi strutturali nascosti in bella vista dietro lo schermo.

Paldea Open World lo è, si lascia esplorare più o meno liberamente

Paldea è piena di pokémon. Soprattutto di piccoli pokémon, col risultato che inciampare in qualche Floette non visibile a schermo durante l’esplorazione diventa un fastidio ricorrente. Fa fatica anche il lock on automatico, che in teoria dovrebbe permettere di agganciare un bersaglio per scoprirne nome e livello ma nella pratica finisce molto spesso sull’obiettivo sbagliato. Un problema soprattutto considerando che per catturare un pokémon è necessario indebolirlo alla vecchia maniera, lasciando nel passato remoto di Hisui il sistema di cattura che aveva reso Leggende Pokémon un capitolo da vivere nonostante tutto. Di Hisui manca soprattutto il senso di pericolo, lo stare sul chi vive dato dalle creature che attaccano in branco e dagli Alfa che pur di cacciare il giocatore dal loro territorio lo braccavano.

A Paldea i pokémon non sono una minaccia, ma animali in cattività a cui si è semplicemente allargata la gabbia su scala regionale. Qualche placida reazione c’è, i Sudowoodo per esempio scappano quando si prova a farli ingaggiare in modo autonomo dal primo pokémon in squadra, ma per il resto la sensazione è quella di essere allo zoo.

la sensazione è quella di essere allo zoo, manca il presentimento di pericolo

Paldea soprattutto gira costantemente sotto i 30 fps. Non so se sia davvero perché l’algoritmo di spawn sia quello dei meme che stanno circolando su Internet, pieno di if-then-else innestati e che scatta ad ogni passo mosso sulla mappa. Non so se sia perché è il secondo gioco di Pokémon uscito quest’anno fatto sviluppare da gente che non ha evidentemente il know-how di Nintendo EPD o di Monolith Soft. So solo che la resa a schermo ammazza l’esplorazione molto più dei glitch visivi diventati virali o della telecamera che si incastra tagliando tre quarti dell’inquadratura fuori.

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L’esplorazione non è neanche così male. Le idee di design ci sono tutte. Vuoi andare in un posto? Senza potenziamenti per la cavalcatura ti attacchi, devi fare la strada lunga. Come? Una base nemica ha fortificato il sentiero ed è troppo forte per te? Mi sa che ti tocca tornare indietro. La guida senza guida che ti spinge a cercare una strada diversa. Era il 2009 quando l’over leveling come tutorial indiretto diventa esercizio di stile, maestria, poesia. Qui c’è la stessa filosofia, ma è buttata un po’ così, quasi appoggiata, quasi come se il franchise più potente del mondo stesse ancora capendo cosa vuole fare da grande.

L’esplorazione non è neanche così male, le idee di design ci sono tutte, è finalmente padrona del gioco

Spariscono le battaglie con gli allenatori. Diventano marginali, un plus da evitare. Il focus è cercare quei dannati Pokémon luccicanti. Il focus è guardare la minimappa e non trovare nessuna delle creature indicate, perché la bussola gira da sola e abbiamo lasciato i segnalini dentro le scatole di bambù di Hisui. Spariscono le grandi città. Solo una troneggia incontrastata, intorno a lei piccoli paeselli o città futuristiche con qualche negozio di vestiti e ristoranti tutti uguali. Neanche più la pensione pokémon serve, basta fare un picnic all’aperto e aspettare. E tutto questo è un bene. Perché finalmente l’esplorazione è padrona del gioco. I Pokémon sono padroni del gioco. La storia te la devi cercare, non ci inciampi dentro. I pokémon sono lì per te. Se solo non andassero via in dissolvenza quando ci si sposta di qualche metro più in là.

SAREMO EROI

Ed è chiaro che ad un certo punto la storia te la andrai a cercare, non fosse altro per giustificare il prezzo della tua copia day-one. I trailer promettevano di lasciarti scegliere, ma i videogiochi sono una profezia ingegnerizzata per auto-avverarsi: prima o poi avverti la necessità di affrontare i dominanti per sbloccare nuove mosse per la cavalcatura, di sfidare le palestre per poter utilizzare i pokémon catturati nelle zone sopra il tuo livello dove non saresti dovuto andare ma non lo sapevi e ci sei andato lo stesso.

ad un certo punto la storia te la andrai a cercare

Tra racconto e raccordo cambiano solo due lettere e inevitabilmente alla fine i percorsi si riallacciano. Una struttura puramente libera non permetterebbe a nessuno di raccontare qualcosa che non sia una serie di elementi autoconclusivi, e infatti non a caso succede quasi tutto alla fine. Prima non poteva perché dovevamo coltivare l’illusione del libero arbitrio e quindi la trama non poteva evolvere di palestra in palestra o affrontando un team di cattivi stereotipati nascosti dentro un casinò. Si scopre qualche dettaglio di base in base, perché qualche dialogo è scriptato a seconda di quanti capi del Team Star sono già stati sconfitti. Ma il coup de theatre è in fondo, il resto è soprattutto contesto e non può essere diversamente. È saltato lo schema, non ci sono più MN e medaglie e danzatori che bloccano la strada senza nessun motivo. Il percorso dipende da te, per quanto sia tutto già scritto. Devi solo farlo succedere.

il coup de theatre è in fondo, il resto è soprattutto contesto e non può essere diversamente

E le storie non sono per niente male. Purtroppo guardando al passato non è che un ricordo a colori di una pellicola in Bianco e Nero, quando il cinema muto aveva raggiunto il suo apice. Con la pista sonora e i colori l’uomo è sceso a compromessi e le sue storie sono ripartite da zero. Scarlatto e Violetto è ancora un remix, un pitch in alto di un coro durante una teracristallizzazione. Suonano bene, Scarlatto e Violetto. Suonano bene come qualsiasi gioco Pokémon, e le emozioni della storia sono trascinate fuori di forza da quello spartito. Purtroppo è un’orchestra che deve la sua magia al golfo mistico, al Gesamtwerk, all’opera completa della saga che come un puzzle prende e perde pezzi da Rosso fino a Spada. Con le cuffie nelle orecchie salgo su Miraidon e mi lascio alle spalle le rovine di un teatro da camera fatto di storie banali e di bambole di ceramica rinchiuse dentro quattro mura.

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Difficile non guardarsi indietro quando si sella Koraidon. Abituati come siamo a seconde e terze versioni (quando l’anno dopo non esce direttamente l’ultra-sequel) quasi non si mette più in dubbio la dottrina. Eppure nemmeno un anno fa avevamo visto il nostro Martin Lutero affiggere le sue 95 tesi sulla porta, lo scaffale di Game Stop che diventa il Castello di Wittenberg con 500 anni di lag. Leggende Pokémon era autosufficiente, un mondo chiuso completabile al 100% senza uscirne mai. E per quanto fosse una scusa per tagliare le feature online l’idea aveva senso.

Difficile non guardarsi indietro quando si sella Koraidon

Nell’Anno Domini MMXXII ha ancora senso avere sia Scarlatto che Violetto? È stato per anni il propulsore commerciale della serie, ma oggi non siamo più legati dal Cavo Link. Oggi possiamo scambiare qualunque pokémon con perfetti sconosciuti senza nemmeno dover fare più le scale del Pokémon Center, basta aprire un menu e connettersi alla Rete. Non sono quella manciata di mostri in esclusiva per una versione a trainare il secondo immeritato miglior lancio di sempre della serie. Sono – dovrebbero – essere le nuove idee il vero traino, non quelle vecchie.

dovrebbero essere le nuove idee il vero traino, non quelle vecchie

Ce lo ha insegnato il capitolo uscito a gennaio di cui c’eravamo dimenticati già a marzo, quello su cui sembra non abbia creduto mai davvero nessuno e forse proprio per questo è stato libero di essere sé stesso, più che una geisha per gli azionisti. In sella a Koraidon è difficile non rimpiangere quella libertà, una libertà che c’entra davvero poco con il design della mappa ma parla direttamente all’anima della serie. O a quello che ne rimane trent’anni dopo.

Eppure quel futuro l’abbiamo assaggiato. Lo vedi avvicinarsi in sella a Miraidon. Una co-op online che è più vicina ad un MMO che ad uno scambio al parco con l’adattatore Wireless di Rosso Fuoco e Verde Foglia. I Pokémon non passano più dentro un tubo di plastica e rame, qui la collezione di farfalle è trovare il pokémon giusto nel posto migliore mentre ognuno va per la sua strada.

In Scarlatto e Violetto le barriere di trama si infrangono

In Scarlatto e Violetto le barriere di trama si infrangono, e i fantasmi delle terre selvagge tornano ad infestare il passato. Qui tutto è contemporaneamente presente e scollegato. In sella al leggendario ognuno va per la sua strada, ma se entrambi si trovano nella stessa zona si possono vedere, salutare, fare foto e rubare Pokémon selvatici. Anche in questo caso, però, da carrozza tutto torna a essere una zucca, probabilmente marcia. È la soluzione migliore dividere la storia di ogni giocatore, ma per gli scambi o le lotte comunque si è costretti a passare dal menù dell’online, rendendo inutile l’essere lì insieme. Un orpello che trova il suo senso solo nei raid, dove basta un tasto per scendere nelle grotte e farmare qualche caramella esperienza.

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Non basta a riscattare il titolo. Non basta far sentire gli allenatori sempre più vicini per migliorare quella che è un’esperienza magnetica ma vuota. Non basta una relazione tossica con qualche cioccolatino e un fiore il giorno di San Valentino per convolare a nozze. Non bastano i 20k dello stato per farmi dire “Sì, lo voglio”. Non basta niente di tutto questo.Perché da successo commerciale Scarlatto e Violetto esce come insuccesso nel cuore di chi ama i Pokémon fino in fondo.

da successo commerciale Scarlatto e Violetto esce come insuccesso nel cuore di chi ama i Pokémon fino in fondo

Di chi nel ‘98 ha sentito una voce provenire da oriente che parlava di un Pokémon misterioso nascosto nelle cartucce e come Picasso si è messo alla ricerca del suo “Les demoiselles d’Avignon”. Pokémon Scarlatto e Violetto è un “Guernica” di passato e futuro, dove la guerra dell’incompetenza distrugge e non rinasce dalle sue ceneri. Una fenice senza futuro che è più specchio del cambiamento climatico che dei cambiamenti del medium. Forse, tutto ciò che servirebbe per aggiustare le cose è un po’ di coraggio.

In breve: Da una parte Game Freak non sembra avere nessun interesse a uscire dalla sua zona di comfort, dall’altra le nuove idee ci sono e funzionerebbero pure, se solo funzionasse anche il gioco che le circonda. È l’ennesima puntata di uno show già visto, eppure continuiamo a guardarlo senza nemmeno fare il gesto di prendere il telecomando per cambiare canale.

pokemon scarlatto e violetto recensionePiattaforma di prova: Nintendo Switch
Com’è, come gira: Male. Drop costanti del frame rate, glitch e artifici grafici e in generale è incredibile pensare che una cosa del genere possa succedere sulla stessa macchina che riesce a far girare Breath of the Wild.

 

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  • funzionerebbe pure...

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  • ...se non fosse indecente dal punto di vista tecnico.
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