Prima di scimmioni dispettosi e carpentieri in salopette c’era Sheriff, primissimo gioco di Nintendo a vantare una storia presentando, tra le altre cose, un sistema di controllo ibrido tra joystick e interruttore rotante che lo qualifica – de facto – come l’antesignano dei twin stick shooter. Era il 1978 e il vecchio West andava forte nel mondo dei videogiochi, dal rivoluzionario Western Gun di Tomohiro Nishikado per Taito al popolarissimo Outlaw di David Crane per Atari 2600. Poi il relativo silenzio, dovuto principalmente a motivi anagrafici: per la successiva generazione cresciuta tra spade laser, archeologi con la frusta e ragazzini a caccia di tesori pirata, il fascino della frontiera americana era passato inevitabilmente di moda.
Riportarlo in auge ai giorni nostri è stato difficile perché, a tutti gli effetti, è necessario dipingere su schermo un mondo ormai quasi del tutto alieno alle più giovani generazioni, rendendo attuali e accattivanti figure appartenenti a un’epoca lontana, in ogni senso. Per quel che mi riguarda, mi sono avvicinato a Red Dead Redemption 2 senza la minima preparazione (che non fosse l’esperienza sul primo capitolo, s’intende), desideroso di affrontare il nuovo successo annunciato di una software house in cima alla catena alimentare senza venire influenzato da chicchessia, evitando di leggere anteprime foriere di pericolosissimi spoiler. Com’è andata? Beh, l’ho accennato qualche riga fa: per quanto conosca a menadito le gesta di Rockstar, e con esse il predecessore della serie, non ero preparato a un risultato simile.
HE’S THE GUY WHO’S THE TALK OF THE TOWN, WITH THE RESTLESS GUNS
È il 1899, e l’epoca d’oro del selvaggio West sta giungendo al termine. Nel futuro illuminato dalle insegne di Broadway non c’è spazio per i vecchi fuorilegge, e la banda Van der Linde lo sa bene: qualcosa è andato tremendamente storto durante un misterioso colpo avvenuto nella cittadina di Blackwater: gli uomini del carismatico Dutch, un tempo temuti e rispettati, sono in fuga tra le montagne, sperando che la neve sferzante possa coprire le loro tracce mentre federali, cacciatori di taglie e bande rivali restano implacabilmente incollati alle loro costole. Il gioco inizia quasi come una sorta di spin-off di The Hateful Eight, tra montagne innevate e diligenze, ma il registro è più severo e deciso: oltre a pendagli da forca, la banda di Van del Linde è composta da donne e bambini, per cui bisogna trovare in fretta il modo di sfuggire a una simile situazione e garantire a tutti un nuovo inizio. Non posso parlarvi approfonditamente della trama ma, sinceramente, non lo farei neppure se mi puntaste alle tempie una sei colpi: anticiparvi anche solo una parte dell’eccezionale narrazione imbandita da Rockstar sarebbe un delitto, al di là della constatazione che, a mio modesto parere, ci troviamo di fronte al loro titolo più ambizioso, maturo e riuscito di sempre.
Ci troviamo di fronte al titolo di Rockstar più ambizioso, maturo e riuscito di sempre
Del resto, i fan del gioco originale avranno già drizzato le orecchie dopo aver letto questo breve incipit, e probabilmente mostreranno il malcelato ghigno del cowboy navigato in occasione di incontro che non starò nemmeno ad accennare;
Red Dead Redemption 2 offre indubbiamente numerosi collegamenti al capitolo precedente, e tuttavia si qualifica come un’opera narrativamente solida e indipendente, che può essere goduta senza patemi anche da chi si affaccia sul West di Rockstar Games solo oggi. Le vicende ci metteranno un po’ a carburare, principalmente perché la banda messa assieme da Dutch è composta da una cerchia di individui a dir poco sfaccettata che imparerete a conoscere bene vestendo i logori panni di Arthur Morgan, indurito braccio armato della gang nonché protetto dello stesso Dutch sin dalla giovanissima età. Esiste un termine che solitamente uso nelle mie recensioni, e questo è “sekaikan”, espressione presa in prestito da quei game designer giapponesi verso cui nutro un enorme debito, e può essere serenamente tradotta come “visione del mondo”, ovvero la volontà di creare un’ambientazione viva e credibile che riesca a realizzare la visione dello sviluppatore. E
in Red Dead Redemption 2 la sekaikan è poderosa, avvolgente, convincente e ipnotica.
La banda messa assieme da Dutch è composta da una cerchia di individui a dir poco sfaccettata
È l’unione di tantissimi elementi, a partire dai particolari più piccoli come il solco lasciato dai cavalli che arrancano nella neve fino al colpo che fa volare via il cappello di Arthur mentre si rifugia durante uno scontro a fuoco, oppure il sinistro scricchiolio mentre si avanza sull’esile superficie di un lago congelato. Grande merito va a una colonna sonora mastodontica composta da quasi trecento tracce, che combina i singoli pezzi a seconda dell’intensità della situazione per sottolineare sempre con gusto e solennità quello che accade su schermo, in modo non dissimile a quanto avveniva ai tempi dello storico iMUSE.
Il West di Rockstar convince anche in virtù di una ricercatezza audiovisiva che si permette l’ardire di dipingere la frontiera come un ecosistema vivo e pulsante senza il minimo glitch, una rappresentazione digitale che renderebbe fieri Sergio Leone e John Ford, dove la sorpresa si nasconde dietro ogni angolo, incarnata in una serie di attività che proprio non se la sentono di farvi stare con le mani in mano. Che vogliate improvvisarvi cacciatori di taglie, rapinatori di treni o giocatori professionisti di poker, le praterie di
Red Dead Redemption 2 hanno tutte le carte in regola per donare un’esperienza duratura, varia e appagante.
SOON I KNOW YOU’LL BE CHANGING YOUR MIND, WHEN YOU’VE SEEN HIM USE A GUN, BOY
Spavaldo tuttavia pensieroso, incosciente ma dotato di un cuore d’oro quando serve: non ho problemi ad ammettere che Arthur è uno dei personaggi più convincenti e riusciti che abbia avuto il piacere di impersonare durante gli ultimi anni. La cura per i particolari avvolge ogni byte del gioco, e Red Dead Redemption 2 offre tutti gli strumenti per interpretare al meglio un duro come lui, creando un forte legame tra il pistolero e il giocatore. Si parte ovviamente dalle meccaniche: il pupillo di Dutch è sostanzialmente governato da tre indicatori che tengono sotto controllo vitalità, resistenza e Dead Eye, ovvero la capacità di rallentare il tempo per centrare con più calma i punti deboli dei cattivi. Ogni indicatore dipende da un nucleo che si consuma a seconda delle situazioni, incidendo sulla rigenerazione della statistica in questione; quindi, se il nucleo della salute è a secco, basteranno un paio di pallottole vaganti per mordere la polvere. Tenere in forma il protagonista è dunque importante, nutrendolo e riposando quando necessario, ed è altrettanto cruciale avere sempre qualche ricambio nella bisaccia, ché la mappa di gioco è tanto varia quanto le temperature delle zone che la compongono, e un cappotto di bisonte affaticherà il rude pistolero qualora si trovasse immerso fino alle ginocchia negli umidi acquitrini di un bayou.
Il pupillo di Dutch è sostanzialmente governato da tre indicatori che tengono sotto controllo vitalità, resistenza e Dead Eye
Esiste, in verità, un altro parametro che influenza in maniera più o meno sottile i rapporti con gli NPC che popolano il mondo, ovvero l’onore. Rigate dritto e salirà, fruttando ad esempio sconti presso alcune botteghe, altrimenti continuate pure a comportarvi come carogne e prima o poi qualcuno potrebbe presentarvi un conto salato da pagare. Oppure no:
nel West non esiste il bene assoluto, e la fama che vi precede potrebbe generare altri tipi di vantaggi. Particolare attenzione va destinata anche al cavallo, perché senza è davvero difficile vivere in tempi simili. I viaggi rapidi vengono sbloccati procedendo nel gioco, ma sono spedizioni di sola andata dal campo base (ci torniamo tra poco) mentre diligenze e treni costano denaro e seguono i loro orari, senza contare il fatto che i cocchieri non hanno questa gran voglia di far salire a bordo dei ricercati con una taglia sulla testa. Ci sono diversi modi per assicurarsi un ronzino, dal furto (ricordatevi di coprire il volto con una bandana prima di dare spettacolo!) all’acquisto in una stalla, passando per la ben più appassionante cattura nelle verdi praterie, dove il futuro compagno di mille avventure va avvicinato, calmato e domato. In ogni caso non si tratterà di amore a prima vista, giacché il legame tra destriero e cavaliere va coltivato con tante piccole attenzioni:
se riuscirete a farvi volere bene, il quadrupede vi ricompenserà migliorando le sue caratteristiche, prendendosi la briga di sentire il vostro richiamo a parecchi metri di distanza, oppure sfoggiando nuove movenze tra cui l’immancabile impennata, elemento indispensabile nel repertorio di un qualunque cowboy che si rispetti. Cavalcare necessita comunque di una certa abilità per non sfiancare l’animale, magari premendo l’apposito tasto a ritmo con il galoppo per lanciare il destriero a tutta velocità, evitando di sfinire eccessivamente il suo nucleo della resistenza.
Ci sono diversi modi per assicurarsi un ronzino, dal furto all’acquisto in una stalla, passando per la cattura nelle praterie
È anche importante evitare i pericoli, ché qui non siamo a Liberty City, dove un’auto sportiva può portarsi via un paio di pali della luce senza colpo ferire durante un testacoda: centrare un albero manda al tappetto cavallo e relativo cavaliere, causando danni spesso fatali. Allo stesso modo, un destriero non sufficientemente fedele sarà ben propenso a disarcionare il padrone alla vista di predatori, lasciandolo in balia di plantigradi e affini.
La cura profusa vale comunque la candela poiché, tra le altre cose, il cavallo funge da vero e proprio inventario extra: c’è infatti un limite agli oggetti che Arthur può portare con sé, e la bisaccia attaccata alla sella permette di prelevare l’arma adatta, da portare in spalla o nel cinturone. Rimanendo in tema, l’arsenale è composto da un discreto numero di gingilli, e ognuno può essere personalizzato in diversi modi, incrementando i valori o acquisendo funzioni extra come mirini telescopici da montare sulla canna dei fucili. Oltre a questi,
le personalizzazioni puramente estetiche delle fide sputa fuoco non si contano tra incisioni, rivestimenti in pelle e legnami di vario genere per rendere unici calci e impugnature. Tra un orpello e l’altro ricordatevi sempre della manutenzione, a pagamento presso gli armaioli o con un po’ di sano fai da te, a patto di possedere l’apposito olio. C’è davvero tanto da considerare, e quanto elencato finora non è che la punta dell’iceberg, perché basta fare una capatina dal sarto per rendere unico il guardaroba di Arthur con una sfilza senza fine di indumenti, ovviamente disponibili in più tessuti e colori, senza naturalmente lasciare il ronzino in disparte: visitate la stalla e potrete spendere i risparmi faticosamente accumulati rapinando il prossimo tra stili per criniera e coda, selle e una gamma di aggiunte che sfiorano il maniacale.
HE’S THE TOP OF THE WEST, ALWAYS COOL, HE’S THE BEST…
Il sistema di combattimento è semplice e accessibile, e permette di guadagnare coperture e fare fuoco in modo snello e intuitivo. Prendere la mira aggancia immediatamente il bersaglio posizionato di fronte agli occhi del protagonista, ma solitamente un colpo al torace non è sufficiente per mandarlo a trovare gli avi, ed è sempre preferibile puntare manualmente per centrarlo tra gli occhi, ricevendo spesso come ricompensa una scena al rallentatore dove lo sfortunato viene colpito in maniera particolarmente coreografica. L’AI è scaltra quanto basta, con gli avversari che restano dietro ai ripari in attesa dell’occasione giusta, laddove i compagni si fanno avanti per guadagnare posizioni di tiro migliori; sostanzialmente possiamo affermare che la loro forza risiede nel numero, in maniera analoga a quanto avviene nei vari GTA. L’eccezione sono i duelli, dove va accarezzata la colt premendo leggermente il dorsale R1 per guadagnare qualche attimo di rallentamento in più nel fatidico attimo in cui l’arma va estratta. I pistoleri più in gamba sanno il fatto loro tra finte e schivate, ma un sistema di checkpoint ben distribuito evita che intere missioni vengano mandate all’aria da un duello perso per una frazione di secondo, rendendo l’esperienza mai frustrante.
L’AI è scaltra quanto basta, con gli avversari che restano dietro ai ripari in attesa dell’occasione giusta
Parlando di stile,
Red Dead Redemption 2 offre la bellezza di quattro inquadrature, tra cui una in soggettiva che permette a tutti gli effetti di vivere l’intera avventura dagli occhi di Arthur; come tocco di classe, tenendo premuto per qualche secondo il touch screen si attiva la visuale dinamica, l’ideale per donare epicità alle cavalcate più lunghe. Un piccolo dubbio riguarda il sistema di comando, inizialmente piuttosto macchinoso dato che si affida spesso a input contestualizzati per le interazioni. Per intenderci, è possibile inquadrare ogni singolo avventore e interrogarlo, ponendoci nei suoi confronti in maniera affabile o aggressiva: durante i primi giorni non è stato raro assistere a comportamenti involontariamente riprovevoli da parte del mio Arthur, intento ad afferrare per il bavero o centrare in testa gente con cui desideravo solo scambiare qualche chiacchiera! Nulla di preoccupante, però, visto che
un breve periodo di assestamento sarà più che sufficiente per prendere dimestichezza con l’imponente rosa di possibilità offerta dal gioco. Complessivamente il motore grafico svolge un lavoro impeccabile, testimonianza di come
Red Dead Redemption 2 sia la prima opera di Rockstar Games sviluppata esclusivamente per l’attuale generazione.
L’Euphoria Engine torna in gran spolvero rendendo gli ubriachi realmente barcollanti e i cadaveri, beh, decisamente miserabili nel momento in cui accusano il colpo, a seconda della zona colpita o mentre vengono trascinati come stracci dai loro destrieri dopo essere stati disarcionati da una pallottola vagante.
Mettendo da parte l’arte dell’uccisione, sono i piccoli particolari che lasciano davvero soddisfatti: vedere Arthur che scosta la testa per evitare di sbattere contro i rami degli alberi andando al galoppo è qualcosa che non stanca mai e, generalmente, le movenze degli animali restituiscono una sensazione altrettanto convincente. Mi raccomando di portare sempre con voi delle medicine per il cavallo; in caso contrario, quando vi troverete davanti il fedele destriero in agonia, sarete condannati a rivivere il fatidico “momento Artax”. Siete avvisati!
L’Euphoria Engine torna in gran spolvero rendendo gli ubriachi realmente barcollanti e i cadaveri decisamente miserabili
Non è solo questione di cura e gusto, ma anche di grande varietà: come già detto,
le zone sono climaticamente assai diverse tra di loro, ma la pluralità riguarda anche i centri abitati, collegati dallo splendido e mutevole panorama della frontiera. Un grande merito va al sistema di illuminazione: si tratta di un elemento che dona un’eccezionale atmosfera in diversi frangenti, rendendo mozzafiato quegli scorci in cui, per esempio, la luce lunare viene filtrata dalla foschia durante una cavalcata notturna tra gli alberi. Sono rimasto poi stupito dallo squisito uso del colore: per uno (eretico, lo so) come me che ha sempre detestato la predominanza di marrone nel primo
Red Dead Redempion, la meraviglia suscitata dai paesaggi di questo nuovo capitolo è stata come aprire una finestra su un nuovo mondo. È uno spettacolo che va vissuto per essere compreso: immaginate di trovarvi con gli stivali nuovi incrostati di fango davanti alla stazione di Valentine, un polveroso villaggio di allevatori popolato da zotici con la mente annegata nel moonshine. Decidete di concedervi un po’ di civiltà salendo al volo sul treno, scroccando il viaggio nel vagone merci e osservando
il paesaggio che si trasforma in maniera incantevole fino alla stazione della opulenta Saint Denis, giusto in tempo per dare uno sguardo alle navi sul molo al tramonto e trascorrere la serata in teatro tra le luci delle insegne, evitando di farvi investire da uno dei tram o di commettere qualche reato, giusto perché in una città così grande la gente chiama le guardie per qualunque cosa.
Probabilmente, nel tempo trascorso tra una città e l’altra, avrete anche incrociato un’infinità di attività tra missioni secondarie e NPC pronti ad affibbiarvi remunerativi compiti, il tutto in una fitta rete di subquest che donano al gioco una varietà di situazioni che non ha ancora smesso di stupirmi. A tal proposito voglio fare un esempio: mi trovavo sulle tracce di un pericoloso ricercato asserragliato in una miniera e, nei pressi della destinazione, il gioco mi avverte che sto sostando nel territorio di un animale leggendario, un bottino troppo ghiotto da ignorare. Mi dedico alla caccia evidenziando tracce e indizi con l’Occhio d’Aquila (una modalità in cui il tempo rallenta facendo risaltare gli oggetti con cui interagire) e confermo in lontananza il mio bersaglio con il binocolo, provvedendo dunque a centrarlo con una pallottola nel cranio gentilmente fornita dal mio fucile di precisione.
Faccio in tempo a scuoiare il prezioso animale che avvisto in lontananza un nugolo di punti rossi: sono cacciatori di taglie a cavallo e, con tanto di segugi al seguito, guardie del corpo del bersaglio nonché miei “fan”, attratti dal ricco premio che pende sulla mia testa in seguito a una trascurabile evasione.
La meraviglia suscitata dai paesaggi di questo nuovo capitolo è stata come aprire una finestra su un nuovo mondo
Li evito facendo perdere le mie tracce in un fiume e risalgo il monte mentre loro perlustrano la zona, arrivando subdolamente al ricercato senza dovermi confrontare con il suo esercito personale: lo sfido a duello, gli faccio saltare il revolver dalla mano e lo prendo al lazo, caricandolo sul mio cavallo e ascoltando i suoi sproloqui sulla strada che ci porta alla prigione, finché una coppia di cowboy sulla strada principale non decide di alzare la voce e, inopportunamente, reclama per sé il mio bottino. Una manciata di pallottole dopo riparto nel più profondo silenzio, visto che i due avventori sono finiti a guardare le margherite dalla parte delle radici e il logorroico tizio che tengo legato come un salame s’è beccato un poderoso pugno in testa, ché quelle sue chiacchiere sull’onore dei veri pistoleri m’avevano seccato. Sembra già una mezza epopea, no? Sappiate che prima di riscuotere la sudatissima taglia ho incontrato altri eventi per strada, tra cui i macabri “lavori” di un serial killer che fa sembrare Predator un maestro di origami, con tanto di enigma da risolvere per partire sulle sue tracce.
Red Dead Redemption 2 non riempie le mappe con torri da scalare per evidenziare punti di interesse usa e getta, ma le rende letteralmente vive e credibili. Non fatico a credere che, a qualche settimana dal lancio, ognuno avrà la sua personalissima dose di storie da raccontare.
…HE KEEPS ALIVE WITH HIS COLT 45
Messe da parte le tantissime attività secondarie, quello che gira attorno alla banda di Dutch è davvero appassionante, in perfetto stile Rockstar. Le missioni principali sono molto ben scritte e spesso offrono la possibilità di risolvere le situazioni scegliendo tra più approcci, esaltando il tutto con un doppiaggio di eccellente qualità in lingua originale (solo i sottotitoli sono in italiano) e con una buona dose di riusciti set piece, che permettono di approfondire il legame tra Arthur e i suoi compagni di viaggio tra esplosioni, massacri e un profondo amore per la natura. Soprattutto, nessuna di queste storie lascia in bocca il sapore del filler e, anzi, sono solite ricompensare il giocatore, magari elargendo ricette con cui sviluppare medicine, oggetti durante un bivacco o ancora introducendo meccaniche extra, come il sottogioco della pesca e la possibilità di sparare con due rivoltelle contemporaneamente.
Quello che gira attorno alla banda di Dutch è davvero appassionante, in perfetto stile Rockstar
La base operativa è l’accampamento in cui la cricca Van der Linde si rintana in attesa che la situazione permetta di muoversi altrove, una sistemazione d’emergenza che necessita dell’aiuto di tutti per andare avanti.
Contribuendo economicamente alla causa si possono mettere le mani su diverse migliorie che garantiscono il continuo approvvigionamento di risorse, oltre a fornire alcuni importanti vantaggi come il già citato viaggio rapido e nuove bisacce con cui trasportare un maggior numero di oggetti. Vale la pena spendere tempo con il resto della banda perché l’atmosfera che si respira nel campo dei novelli Robin Hood di frontiera (in realtà sono quasi tutti degli adorabili bastardi, ma Dutch è così squisitamente convincente con la sua retorica…) è sempre pulsante e viva tra dialoghi, spassosi particolari e una manciata di attività da svolgere assieme ai compagni, visto che a un bel furto con scasso non sappiamo proprio dire di no.
Potreste addirittura dover momentaneamente abbandonare i sogni di ricchezza, qualora vi trovaste nel bel mezzo di una festa tra canzoni, balli e abbuffate davanti al fuoco!
La base operativa è l’accampamento in cui la cricca Van der Linde si rintana in attesa che la situazione permetta di muoversi altrove
L’importante è non pestare troppo i piedi alla legge: come già scritto, celare il volto con una bandana o una maschera di solito è sufficiente a nascondere l’identità del protagonista senza particolari ripercussioni a lungo termine; in caso contrario, tuttavia, urge acciuffare gli eventuali testimoni e convincerli a tenere la bocca chiusa.
Se tutto va storto preparatevi a una taglia sulla testa che attirerà pistoleri in cerca di dollari e gloria come api al miele, oltre a scoraggiare diversi NPC che non vorranno avere a che fare un tipaccio di tale risma; fortunatamente la situazione potrà essere scongiurata pagando la taglia presso un ufficio postale, ma considerate che difficilmente Arthur navigherà nell’oro, tra donazioni alla causa dei Van der Linde e spese varie. Alla luce di quanto detto finora, quantificare la longevità di un titolo di tale portata è un argomento insensato. Per tirare dritti fino alla fine potrebbero bastare sessanta ore ma, così facendo, perdereste gran parte di quello che rende memorabile il gioco, una prospettiva che davvero non raccomando a nessuno. Tecnicamente parlando il risultato è eccezionale, ancor più se si considera l’estensione della mappa e il quantitativo di variabili in ballo; il gioco è stato provato su una PS4 Pro con rari rallentamenti nelle situazioni più concitate, ma complessivamente si tratta di casi isolati e assolutamente ininfluenti nel quadro complessivo. Prima di chiudere, una precisazione: la componente multiplayer verrà trattata a tempo debito e in altra sede, dal momento che Red Dead Online si presenta con la “dignità” (per usare un eufemismo) di un vero e proprio titolo a sé stante. Quel che Rockstar ha promesso per il 26 ottobre è un cuore a singolo giocatore che batte con un’intensità mai vista né sentita, ed è esattamente ciò che abbiamo avuto.
Avrei ancora milioni di caratteri da spendere per narrare le sfaccettature del gioco, ma mi rendo conto di averne solo grattato la superficie durante questi dieci giorni di prova intensiva. In effetti devo scusarmi con voi: nel mio mestiere di critico, sono stato incapace di trovare veri e propri punti deboli in quello che, personalmente, è il miglior titolo dell’attuale generazione di console. Posso solo aggiungere che Red Dead Redemption 2 non si limita ad alzare oltre il limite l’asticella dei giochi open world, bensì la prende e la lancia con nonchalance nella stratosfera, sicuro che rimarrà lì per parecchio tempo a venire. Fossi in Assassin’s Creed, Just Cause e compagnia, mi prenderei un lungo anno sabbatico per riflettere con calma sul lavoro di Rockstar Games: allo stato attuale, Red Dead Redemption 2 semplicemente non può essere superato.