Una data importante, per il medium, quella del 1993. Se in Occidente la gente usciva pazza per DOOM (me compreso, ma qualche anno più tardi), in Giappone c’era chi si divertiva a unire un impero e a farlo prosperare. Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven, remake del titolo pubblicato proprio in quell’anno, si prepara a unirsi alla vasta e generosa libreria di Square Enix, pronta a caricare la balestra di tante novità e sì, pure di un continuum del finale.
Sviluppatore / Publisher: Square Enix / Square Enix Prezzo: 49,99 euro Localizzazione: Assente (Solo giapponese e inglese) Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile su: Nintendo Switch, PlayStation 5, PC (Steam) Data d’uscita: 24 ottobre 2024
Prima di buttarmi a capofitto nell’analisi dell’opera di Square Enix, voglio intanto rivelarvi una cosa grave gravissima: non ho mai giocato l’originale. No, non ho neanche recuperato la remastered del 2017. A dire il vero, ben poco conosco quella che è l’imponente storia di Romancing SaGa in tutto il suo splendore. Però, attirato dal contesto e soprattutto dagli stilemi narrativi che conducono a delineare letteralmente una dinastia (no, non come videogiochi del calibro di Crusader Kings) attraverso una determinata linea temporale che parte dagli albori fino ad arrivare a una conclusione intensa, ho deciso di buttarmi a capofitto in un mondo fantastico pieno zeppo di epicità, mistero e sì, anche di solennità.
La produzione, annunciata durante un Nintendo Direct, arriva sul mercato portandosi dietro molte aspettative da parte dei fan. È un remake che ammoderna la grafica di gioco, lo stile, l’aspetto visivo e che contestualizza il tutto con la sensibilità odierna, cercando di rispettare ogni singolo aspetto dell’opera originale. Ed è una grande, grandissima occasione per coloro che al tempo non ci giocarono, o che non ne hanno mai sentito parlare fino a oggi.
La produzione, annunciata durante un Nintendo Direct, arriva sul mercato portandosi dietro molte aspettative da parte dei fan
ATTRAVERSO UNA, DIECI, CENTO GENERAZIONI
Impero di Avalon (no, non quello di Marion Zimmer Bradley), era odierna. È un periodo di grandi turbamenti e momenti delicati e difficili. La pace, raggiunta a fatica e con sforzi immani, è sull’orlo del collasso, pronta a disintegrarsi definitivamente per i motivi più disparati – tradimenti, pugnalate alle spalle, invasioni improvvise e chissà che altro sono all’ordine del giorno. Il principe Leon, primo del suo nome, è un giovane aitante, abile con la spada quanto con le parole, ed è il secondogenito, la scelta che nessuno si aspetterebbe mai di prendere in considerazione. È chiaro che è impossibile poter citare ogni singolo aspetto della narrazione, dei personaggi che ho impersonato (tutti eredi del buon Leon, che sale al trono al posto del fratello a causa di un evento un tragico evento) e delle varie scelte intraprese.
Il racconto di Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven è lungo, stimolante e dal grande impatto, potente sia nel mostrare le scelte da intraprendere quanto di approfondirle e viverle direttamente. In circa cinquanta ore, la mia dinastia è cambiata e mutata, ha visto personaggi di ogni genere, tra uomo e donne, tra Imperatori e Imperatrici. È una scelta stilistica e narrativa davvero particolareggiata, che mi ha portato con la mente ai tempi di Fable III, grande, grandissima opera che mi ha fatto capire quanto sia davvero interessante essere a capo di una rivoluzione e dopodiché di un reame.
Il racconto di Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven è lungo, stimolante e dal grande impatto
ROMANCING SAGA 2: REVENGE OF THE SEVEN, DAL TRONO ALLA LOTTA A TURNI
L’opera abbraccia uno stile completamente tridimensionale. Penso che le immagini, d’altronde, abbiano già messo in chiaro di cosa si sta parlando. A differenza del passato, in cui si seguiva un approccio diverso, Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven si propone come una produzione in cui a impreziosire di molto l’esperienza è un totale coinvolgimento nelle sue dinamiche da gioco di ruolo. Come già accennato, s’impersona un Imperatore. Un potente Imperatore, che ha il comando di un esercito, di un party e, se amato e rispettato, ha il favore altrui da assicurarsi per avere di ritorno un totale supporto. Il gameplay si focalizza sul sistema di combattimento, ammodernato e piacevole. I combattimenti avvengono durante l’esplorazione di determinate aree e si possono scatenare attaccando a sorpresa un nemico (come Persona e altre opere analoghe insegnano).
Il party, gestibile al palazzo imperiale o in una taverna di un qualsiasi villaggio, è composto da cinque prodi, incluso l’imperatore che si sta muovendo, che funge da pedina principale, rappresentando una vera potenza. Una chicca del game design, infatti, è che ogni imperatore della dinastia che si sussegue assimila i poteri e le abilità del precedente, rendendo dunque la progressione sempre diversificata, nonché ricca di nuove combinazioni, qualora si decida d’investire su determinate caratteristiche in base alle classi messe in campo. Ce ne sono parecchie, alcune di esse migliorano le statistiche del personaggio, rendendo dunque la varietà di classi da provare senza iniziare una nuova partita davvero, ma davvero enorme. Non scherzo quando dico che è possibile passare da un ranger a un mago semplicemente balzando da un periodo all’altro.
Davvero grande, davvero immenso
Oltre al sistema di combattimento, davvero piacevole e vivace, c’è pure l’esplorazione. Essenziale e semplice, risulta tuttavia un po’ stucchevole, pur presentando talvolta delle bellissime ambientazioni e, in alcuni casi, degli ottimi dungeon. Alcuni di essi mostrano un notevole lavoro svolto nel level design, ma poco altro. Idealmente si nota quanto è piuttosto vetusto sotto questa veste, e non era realmente possibile fare più di quanto era necessario. Un altro aspetto del gameplay, decisamente piacevole, avviene quando è il momento di sedere sul trono. Oltre a ordinare l’edificazione di determinate strutture, è possibile anche prendere decisioni rilevanti. Alla conclusione del remake, comunque, è stato aggiunto il new game plus e un post finale, che su SNES, al tempo, non era presente.
UN REMAKE PIACEVOLE
Va detto, e sottolineato, che si sta parlando di un videogioco strutturalmente davvero vetusto. La grafica moderna è affascinante (è un peccato, ma questa è una fisima mia, non ci sia la possibilità di passare al passato come invece è possibile fare con Dragon Quest) e riempie di colori lo schermo, di tante cose da notare, di moltissime strutture ben definitive.
Adatto agli appassionati e ai neofiti
In Breve: Piacevole, ricco e longevo, Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven arriva con l’obiettivo di ritagliarsi un suo spazio nel mercato odierno. Uscire in un ottobre veramente di fuoco è un pochino autolesionista, va detto, ma l’esperienza potrebbe – sia per i reduci di Metaphor: ReFantazio che di Silent Hill 2 – essere un gran bel tuffo nel passato e, al tempo stesso, un bel modo per vivere un JRPG davvero atipico.
Piattaforma di Gioco: PC
Configurazione di Prova: i5-12400F, 16 GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, come gira: Ottimamente, senza problemi di sorta. Su PC la prova è andata a gonfie vele.