A tratti, Samurai Shodown è un po’ come un’attraente donna di mezza età che continua testardamente a indossare i vestiti che le stavano d’incanto da adolescente: per essere bella resta bella, ma le gioverebbe parecchio abbracciare con coscienza il passare del tempo. Negli anni Novanta, la serie era un vero e proprio motivo di vanto per SNK, tanto da far presa nel cuore del pubblico occidentale grazie ai rivoluzionari duelli all’arma bianca e a una dotazione di tecniche da far girare la testa: per noi ex giovani tristemente condannati ad accontentarci dell’accoppiata Flash Kit / Sonic Boom di Guile in ogni iterazione di Street Fighter II, trovarci davanti i generosi moveset di Galford o Hanzo era come varcare una porta dorata ed entrare in una nuova generazione di giochi di combattimento. Avanti veloce ai giorni nostri: le armi nei picchiaduro sono diventati banali quasi quanto calci e pugni, mentre roster pantagruelici sono all’ordine del giorno. Cosa offre il reboot di Samurai Shodown per spiccare sulla concorrenza?
TRA PASSATO E PRESENTE
La strategia di SNK è facile da inquadrare e, per certi versi, combacia con quella ideata da Yoshinori Ono durante la creazione di Street Fighter IV: offrire un catalogo di combattenti il più familiare possibile ai fan di vecchia data, aggiungendo un po’ di pepe con una manciata di nuovi volti. Sedici lottatori non sono tanti, tuttavia il problema è che appaiono da subito assai familiari, riproponendo un arsenale di tecniche che spesso e volentieri riporta la memoria ai fasti di Shin Samirai Spirits (Samurai Shodown 2) senza però osare nulla di nuovo, a parte un paio di rarissime eccezioni. La cosa è esacerbata dal fatto che, dal terzo episodio, la saga ha cambiato pelle, offrendo la scelta tra due distinte varianti per ogni personaggio, chiamate rispettivamente Shura e Rasetsu; questo permetteva letteralmente di duplicare la scelta dei guerrieri, visto che ogni versione garantiva l’accesso a tecniche differenti o addirittura a mutamenti nell’aspetto degli sprite, vedi Galford o Nakoruru.
Una decisa aderenza alle origini è riscontrabile anche nella filosofia che pone le basi per il sistema di combattimento
In quest’ottica,
il capitolo recensito in questa sede appare un po’ come un passo indietro, una sorta di nuova partenza che SNK decide di giocare al sicuro e senza azzardi, consapevole però di fare i conti con avversari agguerriti quali Namco, NetherReal Studios e Arc System Works, volendo tralasciare la vecchia rivale Capcom che davvero non sembra capire quale strada prendere con la nuova stagione di Street Fighter V. Una decisa aderenza alle origini è riscontrabile anche nella filosofia che pone le basi per il sistema di combattimento, ma stavolta non si tratta affatto di un demerito, anzi.
Samurai Shodown è sempre stato un gioco dove precisi e potenti fendenti potevano fare la differenza tra la vita e la morte, falciando considerevoli quantitativi di punti ferita; una filosofia talmente ferrea da costringere SNK a rivedere gli equilibri immaginati ex novo nel terzo capitolo e dotare i lottatori di una barra d’energia supplementare nel successivo Amakusa Kourin. Sotto questo aspetto
il motore grafico fa assolutamente centro, sottolineando con grande abbondanza di linee cinetiche e schizzi di sangue il peso e la potenza dietro ogni singolo colpo. Ecco, parliamone pure della grafica, ché
Samurai Shodown non si è mai trovato granché bene al di fuori della comfort zone a base di bitmap e pixel, essendo dapprima divenuto suo malgrado alfiere della fallita rivoluzione 3D di SNK in Samurai Shodown 64, e poi misero oggetto di scherno in dimenticabili attimi di vergogna quali Warrior’s Rage o Samurai Shodown Sen, una sorta di Soul Calibur dei poveri che della saga principale aveva poco o nulla.
I nuovi volti sono solo tre ma funzionano benone
Per quanto riguarda i personaggi il risultato è davvero molto buono, senza riserve: tutti e sedici i guerrieri sono dipinti egregiamente da uno stile grafico che dà vita sullo schermo a convincenti dipinti in movimento, grazie all’uso di tinte pastello e un azzeccato contorno nero.
Il character design è a prova di bomba dato che SNK è andata sul sicuro, proponendo un best of dei più amati guerrieri della serie, dai classici Jubei e Hanzo alla sfortunata (nata sotto il segno di Samurai Shodown 64 e riproposta in quell’abominio di SNK vs Capcom, cercate di capirla) Shiki, senza ovviamente tralasciare Yoshitora Tokugawa e le sue sei spade, probabilmente l’unico personaggio indovinato della fase post bancarotta. I nuovi volti sono solo tre (escludendo il boss finale di cui, però, non posso dirvi niente) ma funzionano benone: Yashamaru Kurama è un giustiziere mascherato colmo d’odio per lo shogunato Tokugawa che eccelle nelle tecniche a medio raggio, Darli Dagger una donna carpentiere dotata di normal veramente ottime e, dulcis in fundo, Wu-Ruixiang è un po’ la zoner del gruppo, capace di scatenare proiettili ad altezze variabili invocando i favori delle quattro bestie divine della tradizione cinese. Complessivamente si tratta del miglior adattamento poligonale che gli spadaccini di
Samurai Shodown abbiano mai visto in decenni di onorata carriera, fermo restante che
lo schema di gioco rimane ancorato ai canovacci dei più classici picchiaduro bidimensionali, privo dunque di spostamenti in profondità nell’arena. I fondali, invece, sono un po’ un terno al lotto: le interpretazioni di quelli classici come la Sala di Minerva (Charlotte) o il campo di Mikatagahara (Genjuro e Shiki, purtroppo senza il logo Neo Geo riflesso sulla luna come in Shin Samurai Spirits) sono molto belli, ma quello di Nakoruru pare popolato da animatronic brutti, laddove la capanna nello stage di Jubei sembra essere stata scartata dalla produzione di Adrian. Una recente intervista a Dengeki ha rivelato che ci sarebbero dovuti essere diversi livelli in più, come uno popolato da camei di personaggi SNK e destinato a Earthquake, ma la stretta deadline ne ha impedito la realizzazione. Materiale per i prossimi DLC?
CUORE DI TENEBRA
Dentro il cuore di Samurai Shodown battono all’unisono diverse meccaniche prelevate dalla passata tradizione SNK, come la cosiddetta Difesa Precisa, a tutti gli effetti il Just Defended di Garou che permette di incrementare l’obbligatoria barra della Rabbia (vero e proprio marchio di fabbrica per Haohmaru e compagni) e rispondere all’assalitore con un impatto e aumentare le distanze, interrompendo il rushdown avversario. È presente una schivata sul posto in tutto e per tutto simile a quella dei primi due The King of Fighters, mentre non potevano mancare le tecniche per disarmare il nemico, intercettando l’altrui lama con un preciso fendente o addirittura a mani nude. Come da tradizione un personaggio disarmato potrà farsi valere solo con calci e pugni, causando un quantitativo di danno risibile e trovandosi di punto in bianco con un moveset azzoppato, almeno finché non riuscirà a recuperare il proprio strumento di morte. Da notare che tutte le tecniche finora descritte sono di semplice esecuzione: Samurai Shodown non è mai stata una serie caratterizzata da macchinose catene di input (ad eccezione, forse, delle proiezioni multiple di personaggi quali Neinhalt Sieger) e questa filosofia torna in gran spolvero, ponendo l’immediatezza al servizio di un ritmo di gioco piuttosto serrato, positivamente arricchito dalla presenza di un colpo con proprietà overhead per tutti e dagli attacchi in corsa con cui operare una costante pressione. Poi, quando la rabbia inizia a eruttare, cominciano i fuochi d’artificio: il lottatore entra nello stato di Furia Massima e guadagna un importante bonus al danno, oltre a prendere in prestito un’interessante idea dall’arsenale di Amakusa Kourin, decidendo quindi se giocarsi il tutto per tutto e innescare un’Esplosione di Furia. In questo particolarissimo stato viene aumentata ancora di più la potenza dell’attacco e si rende utilizzabile la Lama di Fulmine, un colpo estremamente coreografico capace di invertire l’andamento dello scontro in un attimo infliggendo un danno semplicemente esagerato.
Si tratta del miglior adattamento poligonale che gli spadaccini di Samurai Shodown abbiano mai visto in decenni di onorata carriera
Ci sono ovviamente delle controindicazioni, giacché
la Furia Massima inibisce per il resto del combattimento l’uso dell’indicatore della Rabbia assieme a tutte quelle tecniche legate ad esso, non ultimo l’uso delle super mosse. Non tutto è perduto però, perché il nuovo
Samurai Shodown introduce la cosiddetta Mossa Speciale Super, ovvero un attacco assai violento, da usare anch’esso una sola volta per incontro. Il fatto che la sua attivazione non sia soggetta a particolari condizioni ne permette l’esecuzione in qualunque momento, addirittura all’inizio del primo round, tuttavia il suo uso è ampiamente telegrafato da un suono particolare e da un’animazione iniziale piuttosto vistosa. Mettendo assieme i pezzi del puzzle
è chiara la volontà di proporre un gioco destinato a riscontrare i favori dei vecchi fan: sotto il profilo delle meccaniche il nuovo
Samurai Shodown appare a tutti gli effetti una versione riveduta e corretta dell’amatissimo quarto capitolo, considerato dai più il punto più alto raggiunto dalla serie. Parlando delle modalità disponibili, il gioco offre qualcosa per tutti, a partire dalle classiche Sopravvivenza e Time Attack, passando obbligatoriamente per la Storia. Non aspettatevi però un’avventura dal piglio cinematografico come la produzione NetherRealm ci ha abituato, visto che si tratterà semplicemente di sconfiggere una decina di nemici prima dello scontro finale, con un paio di dialoghi strada facendo e riscattando delle belle illustrazioni in stile Ukiyo-e realizzate dall’illustratore Yumi Saji al termine del percorso. Più interessante è il Dojo, dove scaricare e sconfiggere i ghost di altri giocatori in diversi modi, tra cui una massacrante serie di combattimenti contro cento indemoniati avversari! Offrendo sostanzialmente una sfida multigiocatore asincrona, non abbiamo potuto testare il Dojo al meglio delle sue possibilità, dato che per il momento la rosa dei rivali era formata da fittizi profili creati da SNK. Per quanto riguarda i duelli su internet,
è presente la scelta tra partite classificate e non, con tanto di matchmaking che si prende la briga di vagliare il prossimo sfidante mentre siamo affaccendati in qualche altra modalità, tuttavia non si tratta di un aspetto al momento giudicabile, per lo meno non prima della patch del day one che porterà numerose migliorie, non ultimo un importante fix riguardante l’input lag. Finora ho potuto dunque provare un paio di match contro perfetti sconosciuti riscontrando risultati variabili, spaziando da una fluidità convincente a interminabili schermate di caricamento tra un round e l’altro, con tanto di azione congelata sul più bello.
SNK dimostra di rispettare i suoi fan storici confezionando un Samurai Shodown fedele all’anima storica della serie, confezionato come una versione moderna di Amakusa Kourin alla quale, però, manca qualcosa per raggiungere l’eccellenza. Sedici guerrieri sono pochini, specie se orfani dello sdoppiamento portato dagli stili Shura e Rasetsu, mentre il loro moveset è rimasto bene o male quello di quasi tre lustri fa. È un buon inizio, destinato probabilmente a procedere in maniera solida e organica grazie ai DLC, tuttavia quello che c’è al momento potrebbe non essere abbastanza per quei giocatori sordi al richiamo degli anni Novanta, ormai abituati alla strepitosa offerta di un Mortal Kombat 11 a caso.