ACE Team vuole rievocare l’era dei 16 bit con il suo SolSeraph, erede spirituale della serie ActRaiser? Benissimo, noi non vediamo l’ora di provare questi progetti legati al passato con cui tuffarci in un’amarcord estivo dove rinfrescarci dalla canicola cittadina. Attenzione, però: plot twist! Niente pixel art in vista. Quali altri sorprese ci riserva questo titolo?
UN CONFRONTO ANOMALO
L’annuncio di SolSeraph è arrivato un paio di settimane fa, giusto in tempo per farci venire l’acquolina in bocca alla prospettiva di mettere le mani sull’erede spirituale della saga di ActRaiser, titolo del 1990 per Super NES con tanto di seguito uscito nel 1993. Il gioco si presenta come un mix dei due titoli che lo hanno ispirato, prendendo di peso il protagonista dalla figura angelica di ActRaiser 2, questa volta però inquadrata come Elio (senza le Storie Tese). Con lui affrontiamo sezioni action nella più classica tradizione side-scrolling tanto in voga negli anni ’90, alternati a livelli vagamente ispirati alle parti di god-game del capitolo originale, rivisitati però in chiave tower defence.
la grafica di SolSeraph si discosta dal ricorso imperante alla pixel art e l’Unreal Engine 4 è una ventata d’aria fresca in queste serate estive di afosi progetti nostalgia
COME UN BICCHIERE D’ACQUA
Nelle sue fasi side-scrolling, i pochi comandi di SolSeraph sono semplici da imparare: Elio è dotato di spada con cui può effettuare un colpo semplice o uno più potente, il quale però richiede un paio di secondi di caricamento che lo rendono inutile, se non dannoso, nella maggior parte delle situazioni. Fa anche ritorno da ActRaiser 2 lo scudo magico con cui proteggersi dalla maggior parte degli attacchi, mentre per qualche motivo è sparita la possibilità di planare ed effettuare un attacco in fase di discesa. Il livello di sfida si attesta su una difficoltà non elevata, simile al primo capitolo, sia per quanto riguarda quantità che coriaceità degli avversari, mentre in qualche occasione arcieri che tirano da fuori schermo o ragni che calano con tempismo perfetto rendono quasi impossibile evitarne gli attacchi. Ciò mi pare un po’ scorretto e si risolve solo imparando a memoria la loro posizione, anche se la quantità di HP che si va guadagnando nel proseguire l’avventura è tale da permettere di accusare qualche colpo senza tanti patemi. Ne deriva una facilità eccessiva che ci porta a un paradosso molto comune attraverso il tempo e lo spazio dei videogiochi: man mano che si gioca si acquisisce non solo una maggiore padronanza del sistema di gioco, ma anche abilità del personaggio aggiuntivo (in questo caso soprattutto punti vita), per cui gli ultimi livelli risultano più semplici e quasi deludenti dal punto di vista della sfida offerta. Ciò va in parte attribuito alla libertà di affrontare i livelli in un ordine a piacere, il che ha obbligato ACE Team ad appiattirne il livello di difficoltà. A ciò si aggiungono delle boss fight molto schematiche di semplice lettura, talvolta perfino sorprendentemente banali; in diversi casi ero quasi incredulo che il moveset di alcuni esemplari fosse così ridotto, tanto che abbatterli al primo colpo mi ha lasciato l’amaro in bocca.
La quantità di HP a disposizione col prosieguo dell’avventura abbassa eccessivamente il livello di difficoltà, complici anche boss fight a volte davvero banali
Avrei voluto giocare a qualche livello in più di SolSeraph, ma soprattutto avrei voluto che fossero un po’ più elaborati, con un grado di sfida maggiore e con dei boss un (bel) po’ più tosti. Peccato perché l’azione side-scrolling centra in pieno lo spirito originale, e la grafica non in pixel art è un vero piacere per la vista. Le sezioni tower defence compensano un livello molto base di profondità e strategia con un ritmo sostenuto, ma viene quasi da chiedersi cosa ci facciano in questo titolo, visto che questo genere videoludico quasi non esisteva all’epoca. Un gioco quindi con un target ben preciso: se avete voglia di fare un tuffo nella memoria, gettatevi. Solo, non buttatevi da troppo in alto, ché l’acqua è bassa.