Sorry We're Closed - Recensione

PC

Amor che a nullo amato amar perdona. Questa criptica strofa di Jovanotti si può interpretare come l’obbligo di chi è amato ad amare a sua volta, ma in Sorry We’re Closed la storia prende tutt’altra piega.

Sviluppatore / Publisher: à la mode games / Akupara Games  Prezzo: 24.50 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: Non disponibile Disponibile su: PC (Steam) Data d’uscita: Già disponibile

Immaginate di essere stalkerati da una demone in cerca di amore, la cui fisicità ricorda una versione satanica di Grace Jones ai tempi d’oro. Dove devo firmare? Fatto, ecco apposta la mia bella X. Tu invece, Duchessa, dovresti mettere una sigla qui, in questa liberatoria che mi autorizza a riprendere l’evento in 8K e caricarlo su un certo sitarello bianco e azzurro. Sfortunatamente in Sorry We’re Closed non è tutto così semplice. Mai una gioia. Che folle tuffo nel passato ci aspetta in questo 3D survival horror in terza persona, a cominciare dalla formazione del team, à la mode games, composto, proprio come ai vecchi tempi, da due persone: quello bravo a programmare e quello bravo con la grafica. Eccoci a documentare il loro debutto nel mondo dell’indie game development, dopo un paio di giochi rilasciati gratuitamente su itch.

Perché non partire con un bel cuore infranto? La protagonista, Michelle, lavora come commessa in un anonimo negozietto di Londra, e a distanza di tre anni ancora non ha metabolizzato la fine della relazione con la sua ex fidanzata. A complicare la situazione, quest’ultima è diventata un personaggio televisivo piuttosto famoso, comparendo in ogni trasmissione; occhio vede, cuore duole. Questo dettaglio, assieme a molti altri, verrà rivelato solo a chi dialogherà e interagirà con i vari personaggi invece di dedicarsi alla speedrun; gli autori hanno inserito vari contenuti non indispensabili alla progressione ma piacevoli da scoprire.

Esattamente ciò che avrei detto io.

Nel corso del prologo che funge da tutorial, a fine giornata Michelle come da consuetudine rifugge feste, ritrovi e occasioni per socializzare, rintanandosi nel suo appartamento, sola con i suoi ricordi. Una volta sprofondata tra le accoglienti braccia non della ex bensì di Morfeo – come mi piace girare il dito nella piaga – le appare in sogno la Duchessa, creatura demoniaca alla disperata ricerca d’amore che porta con sé una maledizione: chiunque non diventi la sua dolce metà, è destinato a morire male dopo tre giorni. Anche volendo, come potrebbe Michelle amarla, incapace com’è di voltar pagina? Si sveglia così impaurita e con un vistoso bernoccolo sulla fronte, che tenta goffamente di nascondere con una frangetta. Scesa in strada, scoprirà che nulla è come prima, o forse che è sempre stato così, a sua insaputa.

SORRY WE’RE CLOSED, COME GLI HORROR DI UNA VOLTA

 Se per un momento non consideriamo lo stile grafico neon punk con palette presa in prestito da Hotline Miami, Sorry We’re Closed si presenta come un survival horror degli anni ‘90: grafica low, lowissimo poly e visuale in terza persona con inquadratura da telecamera fissa. Chi si ricorda il primo Alone in the Dark, classe 1992? Per evitare di fondere il PC dei giocatori, Infogrames decise di muovere personaggi 3D lungo sfondi disegnati in 2D, i quali non potendo ruotare richiedevano che la telecamera rimanesse bloccata. E quando si usciva dall’inquadratura? La regia passava a un’altra telecamera, in stile Grande Fratello.

Casseforti piene di soldi in una dimensione sono solamente sedie accatastate nell’altra.

Questo sistema è stato riproposto da à la mode games e il risultato è interessante; saggiamente, hanno anche dato la possibilità di entrare momentaneamente in free look osservando l’ambiente direttamente con gli occhi della protagonista, regalandoci un ibrido first/third person davvero ben realizzato, nonostante a volte l’inquadratura non sia particolarmente user friendly. Qualunque visuale preferiate, Michelle dovrà venir a capo della complicata situazione interagendo con personaggi molto ben caratterizzati e anch’essi vittime dei propri demoni – fortunatamente per loro in senso solo metaforico – in una storia che parla di amore, perdita e soprattutto accettazione che una coppia è tale solo quando entrambi lo desiderano, concetto che nella Vita Reale pare purtroppo alieno a molti.

UN PO’ ADVENTURE, UN PO’ BRAWLER, UN PO’ PUZZLER

Inizialmente il gameplay di Sorry We’re Closed ricalca l’avventura grafica: nei panni di Michelle usciremo dall’appartamento visitando ogni pub e negozio nel nostro raggio d’azione, raccontando a tutti dello strano sogno e ricevendo le tipiche miniquest del genere, quali “vai a parlare con Persona”, “recupera Oggetto” e così via. Presto scopriremo che la protuberanza che abbiamo in fronte non è un bernoccolo, e nemmeno un residuo di corna regalateci dalla ex – lo so, il karma mi punirà per deridere il dramma di Michelle – bensì un terzo occhio che se messo in funzione ci permette di vedere, in un raggio circoscritto, il mondo da cui proviene la Duchessa.

Con il terzo occhio possiamo individuare i punti deboli dei nemici. Un bel colpo sotto la cintura non si nega a nessuno.

Questo dualismo tra Londra Reale e Londra Demoniaca è il cuore del gioco, poiché permette di interagire con i medesimi personaggi che a seconda del mondo di appartenenza potrebbero avere intenzioni diametralmente opposte e risolvere enigmi a cavallo tra le due dimensioni, passando convenientemente ora all’una, ora all’altra. Un concept non molto diverso da quanto visto in Life is Strange: Double Exposure, qui arricchito dalla possibilità di evidenziare i punti deboli dei vari nemici, se osservati con il giusto occhio. La Londra di Sorry We’re Closed è infatti un posto pericoloso, popolato da demoni che han trasformato la metropolitana in dungeon nei quali farci strada con armi bianche o da fuoco.

QUESTA VOLTA MANCA LA MODALITÀ STORIA

A differenza di molti giochi che annoverano nei livelli di difficoltà il classico “story mode”, nome politically correct liberamente traducibile con “trasformo in nemici in coniglietti perché sei una schiappa”, Sorry We’re Closed non prevede questa modalità. Il risultato è un piatto unico che potrebbe spaventare gli amanti dei videogame dalla storia articolata – e qui ci sono pure finali multipli – a causa delle continue interruzioni per affrontare quell’orda o quel boss, senza al contempo offrire una grande sfida agli slayer più smaliziati, che troveranno il tutto abbastanza facilino se paragonato ai capostipiti di questo genere di giochi quali Silent Hill o Resident Evil.

Non potresti chiudere un occhio? No? Te lo chiudo io.

Ma se vi mancano quelle atmosfere, o siete alla ricerca di un gameplay un po’ diverso dal solito, quasi innovativo nel suo essere fuori moda, potreste trovare pane per i vostri denti nelle otto orette richieste per vedere almeno una volta i titoli di coda.

In Breve: Sorry We’re Closed è un action adventure horror che riporta sui nostri monitor gameplay e tecniche nate negli anni ’90, aggiungendo una storia moderna che parla di amore, perdita e accettazione, insaporendo il tutto con combattimenti e puzzle che si integrano bene nell’esperienza e non paiono inseriti solo per aggiungere un paio di ore al tempo necessario per vedere uno dei finali multipli. Nonostante la forte personalità della protagonista e degli altri personaggi, non è sempre chiara la direzione della produzione, con sezioni action e puzzler facili per i veterani del genere ma quasi di troppo per gli amanti degli story mode. Un ottimo debutto, in ogni caso.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 9 6900HS, 16GB RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, Come Gira: Grazie a modelli lowpoly e texture in bassa risoluzione, potrebbe girare a montagne di FPS anche sulle macchine meno performanti. Non è un caso che nonostante il 3D nelle specifiche fornite dagli sviluppatori siano incluse anche le schede grafiche integrate.

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Pro

  • Un bel ritorno al gameplay del passato / Storia interessante da seguire / Diversi generi fusi in uno

Contro

  • Puzzle troppo banali / Facile per gli esperti, difficile per chi è qui solo per la storia / Telecamera a volte imprecisa
8

Più che buono

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