Questa, non certo a sorpresa, è un’altra puntata dedicata a titoli di grosso calibro, con una bella sorpresa indipendente sul finale: come ho scritto qui, in una specie di personale piagnisteo finanziario, la rottura di un controller di HTC Vive mi ha costretto a procrastinare di qualche giorno le prove di Fallout 4 VR e di L.A. Noire: The VR Case Files, notevoli per ragioni diverse nonché oggetto delle prossime due recensioni. Dalle manine del buon Nicolò Paschetto, però, troverete sul finale di questa VR Machine un notevolissimo esercizio di investigazione e puro stile ad opera degli autori di Rime, The Invisibile Hours, comunque meritevole dell’attenzione di un vero appassionato di VR: a volte, la sperimentazione su generi e soluzioni può valere quanto i muscoli dei veri blockbuster, a patto di sapersi districare nell’affollato mare delle produzioni “indi-VR” su Steam. Buona lettura.
FALLOUT 4 VR
Piattaforma: HTC Vive
Controller: Vive Controller
Comfort: buono
Prezzo: € 59,99Solo ieri sera ho raggiunto il massimo dell’esperienza visiva su Fallout 4 VR, dopo giorni passati nell’irresistibile esplorazione delle wasteland in realtà virtuale e, in egual misura, nel tentativo di trovare la giusta quadratura tecnica. Questo è un po’ il motivo dominante di tutta la prova: da un lato troviamo un mondo sconfinato e vibrante che dimostra, in linea con quanto detto su Skyrim, come la VR possa trarre enorme beneficio dalle dimensioni esplorative di un gioco, oltre che dal numero di azioni verosimili che è possibile coprirvi all’interno (in evidente conflitto con ciò che si è soliti pensare, per colpa di troppe esperienze brevi, poco coraggiose o semplicemente “timide”); dall’altro, la realizzazione pratica della versione in realtà virtuale non va molto oltre le qualità di una grossa mod, straordinaria in ciò che consente di fare ma ampiamente migliorabile in tanti comparti, primo fra tutti quello di personalizzazione grafica in game. Ed è proprio ciò che gli utenti hanno fatto, grazie alle proprie capacità ma anche – non dimentichiamolo mai – alla naturale predisposizione al modding di tutti gli ARPG di Bethesda.
Facciamo un passo indietro. Nel suo stato, per così dire, “out of the box”, la visuale Fallout 4 VR si presenta innaturalmente sfuocata, complice un uso un po’ maldestro e violento del filtro di antiscalettatura temporale; la situazione si era risolta in un aggiornamento beta, ma, misteriosamente, il problema si è ripresentato in modo solo un pochino più flebile dopo la pubblicazione dell’update pubblico 1.0.33.0. Nel frattempo, però, i giocatori hanno trovato il modo di eliminare via console il fastidioso filtro (“TSAA off”), oltre che di agire sul file eseguibile Fallout4VR.exe per migliorare la prestazione di gioco (tab compatibilità, spuntare l’override dei valori DPI su “Applicazione”); ciò consente, ad esempio, di attivare su schede Nvidia la Dynamic Super Resolution senza troppi danni sul frame rate, così come il SuperSampling di SteamVR su uno dei file di configurazione del gioco (possibilità indicata dagli stessi sviluppatori qui).
In aggiunta, ed è la cosa più importante, si è subito capito che gran parte delle modifiche amatoriali sul gioco originale funzionano anche su Fallout 4 VR, per il gameplay come per migliorare ulteriormente l’esperienza grafica. E allora via con la festa: questa piccola modifica sull’ottimizzazione delle ombre, ad esempio, ha eliminato qualsiasi pensiero di fluidità sulla mia 980Ti (il minimo dei requisiti indicava una 1070 GTX) anche con il SuperSampling ampliato a 2.0, ovvero al doppio della risoluzione normale; non c’è che da sbizzarrirsi, poi, con le mod sulle texture (io ho installato Vivid – all in one, tra le tante), sugli effetti meteo (Truestorm, ad esempio), sulle più svariate sfumature del gameplay e persino sulle attività “costruttive” dei sopravvissuti delle nostre comunità postatomiche (Sim Settlement).
Sul resto c’è poco d’aggiungere, si tratta di questioni già descritte nelle anteprime: per il movimento sono presenti sia il movimento diretto via trackpad che il teletrasporto, la gestione del Pip-Boy in VR è uno spasso (pur se non esattamente intuitiva al primo approccio) e altrettanto si può dire del crafting di abitazioni, arredi e tecnologie per gli insediamenti, con un’interfaccia tridimensionale ben fatta e bella da vedere. Infine, devo spendere un ringraziamento particolare a un affezionato lettore di TGM, Ezio Diamante, preziosissimo nel suggerirmi alcune delle mod sopra descritte, quando stavo ancora arrabattandomi con il problema del controller. Tra le altre cose, la sua esperienza mi ha anche testimoniato l’ottima prestazione su una 1060 GTX, peraltro su Oculus Rift e con supporto parziale a Oculus Touch, nuovamente al di fuori dei requisiti ufficiali. C’è davvero poco che un PCista non possa fare, quando si ha davanti una struttura tecnicamente aperta come quella di Fallout 4 VR.
L.A. NOIRE: THE VR CASE FILES
Piattaforma: HTC Vive
Controller: Vive Controller
Comfort: buono
Prezzo: € 59,99Per molti versi, da Rockstar c’era da aspettarselo: L.A. Noire: The VR Case Files non è solo un buon gioco, ma è anche un esempio tecnico e stilistico di come la realtà virtuale possa far propri e magnificare alcuni concept, come quello che costituiva (e costituisce, nella versione per Nintendo Switch) l’anima del titolo originale. La sequenza di casi su cui cimentarsi diventa più lineare e rigidamente cadenzata, ma per il resto il tentativo – riuscito – è di farci entrare nel corpo di un poliziotto di Los Angeles negli anni ’50, con tutti i mezzi (o quasi, come vedremo) consentiti dall’attuale generazione di PC e visori. È vero che L.A. Noire: The VR Case Files non funziona con alcune accoppiate di hardware AMD, ma la cosa è correttamente segnalata nella pagina Steam del gioco.
Talvolta, si tratta di dettagli apparentemente banali ma, in realtà, molto importanti per l’immersione VR, come la rappresentazione dell’intero corpo del personaggio, senza le solite mani o armi fluttuanti nell’aria. L’unico appunto, rispetto a quello che lo sviluppatore sarebbe comunque in grado di fare, riguarda gli stacchi di caricamento tra alcune azioni del detective Phelps, quando si entra in macchina o è necessario muoversi con una particolare interpretazione del teletrasporto. In quest’ultimo caso, senza icone per il punto d’arrivo, vedremo il poliziotto di spalle, in trasparenza, muoversi nella direzione indicata con lo sguardo; nel caso, però, di L.A. Noire: The VR Case Files, risulta intrigante anche un’opzione di movimento che altrove ritengo pessima, con l’obbligo di far penzolare le braccia per spostarci in avanti (il grilletto destro permette di aumentare la velocità), qui riuscitissima negli inseguimenti a piedi.
In tutti gli altri dettagli di L.A. Noire: The VR Case Files c’è solo da godere: la guida dell’auto per spostarsi tra una location e l’altra prevede movimenti contestuali su volante, freno a mano e persino sulla chiavetta di accensione, affiancata da un’opzione per aggiungere ulteriore realismo; l’impugnatura del revolver con ricarica sul tamburo, la manipolazione degli oggetti per l’investigazione (penna, taccuino totalmente interattivo, torcia) o anche le risse a mani nude sono realizzati in modo addirittura magistrale, così che ogni passaggio dell’investigazione restituisca il massimo della sensazione di presenza, in un certo luogo come in una tale epoca.
Niente da dire, a conti fatti, nemmeno sulla durata complessiva: a meno di non saltare ogni sequenza contestuale, e correre come matti sulla base dell’esperienza originale, i sette casi (tre appartengono al tutorial, ma in modo coerente e sufficientemente complesso) non vi porteranno via meno di sei/sette ore, o anche qualcosa di più se vi perderete – giustamente, a mio modo di vedere – nell’osservazione di ogni particolare della messa in scena. Senza nulla togliere al lavoro del Team Bondi, chiacchierato team di sviluppo dell’originale, la prestazione di L.A. Noire: The VR Case Files mi ha fatto ingolosire per tutto quel che Rockstar sarebbe in grado di fare in ambito VR, sfruttando, ad esempio, la buona leggerezza di frame rate del pezzo più grosso di scuderia (GTA V, naturalmente, già giocabile in VR con il sistema Vorpx, pur se con mille limiti). Incrocio le dita, anche se sono il primo a non crederci.
THE INVISIBLE HOURS
A cura di: Nicolò Paschetto
Piattaforma: PSVR, HTC Vive, Oculus Rift, Windows Mixed Reality
Controller: DualShock 4, Vive Controller, Oculus Touch, controller WMR
Comfort: ottimo
Prezzo: € 34,99The Invisible Hours é ambientato su un’isola fittizia, nell’altrettanto immaginaria villa di Nikola Tesla. L’inventore ha invitato nella sua magione diverse personalità, che tuttavia non si conoscono tra loro e sono all’oscuro delle intenzioni dell’ospite. Poco dopo l’incipit scopriamo che lo stesso Tesla è stato brutalmente assassinato, ed è qui che inizia l’indagine di uno dei sette invitati, investigatore di professione e paragonabile al Poirot della situazione, un po’ come la messa in scena non può non ricordare un classico giallo di Agatha Christie. In questa fase possiamo fare solo da spettatori, aggirandoci indisturbati per la villa, invisibili agli occhi altrui.
I sospetti sono tinteggiati con tratti semplici e comunque precisi: non troviamo, insomma, mille sfaccettature inaspettate per ognuno di loro, ma le poche caratteristiche salienti riescono ad attirare efficacemente l’attenzione. Se, infatti, la grafica non aiuta a carpire le loro essenze, per via di modelli facciali non proprio all’ultimo grido, la recitazione si rivela la chiave di lettura degli attori digitali: spesso il tono di voce e la gestualità saranno i primi indizi su potenziali moventi o, al contrario, sulle ragioni che potrebbero scagionarli. D’altra parte, lo spirito d’osservazione non è l’unico strumento nelle nostre mani: The Invisible Hours mette a disposizione il pieno controllo di tempo e spazio, con la possibilità di andare in qualsiasi parte dell’isola e muovere le lancette dell’orologio avanti o indietro, oppure seguire un certo personaggio dal principio alla fine (un po’ come visto in Tacoma, ndII-Variety).
Tale libertà è fondamentale per comprendere i misteri della trama, tenendo presente che questa si dilata ben oltre l’ora circa di tempo in cui si svolgono gli eventi. Dopo aver giocato il titolo di Tequila Works mi sono chiesto perché non esistano (correggetemi se sbaglio) titoli simili al di fuori della VR; tali soluzioni, a mio modo di vedere, resterebbero comunque godibili anche in un contesto di canonica fruizione, magari su enigmi ambientali a vasta scala. Credo, in questo senso, che il concetto stesso di realtà virtuale offra agli sviluppatori la libertà dai vincoli tradizionali, portandoli a idee potenzialmente nuove anche per gli standard delle piattaforme tradizionali.
La realizzazione di The Invisible Hours è costruita sulle fondamenta di una sceneggiatura ben architettata, che lascia ampio spazio a vari playthrough e dimostra, anche in questo caso, il notevole talento degli autori di Rime. Il tutto viene consolidato da una recitazione che ci fa sentire profondamente immersi nella vicenda, anche se non possiamo prenderne parte in forma attiva. Magari il prezzo del biglietto non è proprio economico, ma per uno spettacolo del genere potrebbe valerne la pena.