Mi sfrego le mani davanti al menù principale di Assassin’s Creed Origins. Penso: «Adesso lo lascio lì, mentre mi preparo un bel tè allo zenzero, con la musica in infusione, così, per impregnare l’autunno di note e suggestioni da ricordare». Eh, il romanticismo… ho appena finito Destiny 2 e ancora mi sparo in cuffia i Kronos Quartet che tingono le mie giornate coi racconti del compositore Michael Salvatori. Mi “crogiolo” nell’attesa finché il tè non è pronto e solo al primo sorso, al primo assaggio musicale, mi rendo conto che no, non ci sarà nessun tema roboante, né epico, né smaccatamente dichiarato. Invece, sento un sottile sapore speziato, di origine mediorientale, che si mescola all’aroma spiccato di fervidi inserti elettronici. Il lirismo alchemico della compositrice Sarah Schachner, maga del synth, serpeggia sotto la superficie delle dune, soffia su un drappo al vento del deserto, lieve e sinuoso. Blandisce, come solo Aya al tramonto.
Autrice delle musiche aggiuntive di Black Flag e Unity, Sarah Schachner è alla sua prima prova da compositrice autonoma e ha uno stile inconfondibile, che in Origins raggiunge la sua massima intensità creativa. Compone, arrangia, esegue, miscelando i suoni di un sintetizzatore vintage, il CS-80 di Yamaha, con strumenti etnici e antichi: l’oud, strumento a corde della famiglia dei liuti, la lira, flauti, sonagli, campane e percussioni di pelle animale, concentrandosi sulle atmosfere più che sull’attendibilità storica. Del resto, chi sa come suonavano gli egizi?
Glielo chiedo un giorno che la nebbia si annuncia all’alba. A Los Angeles è notte inoltrata. «Mi sono voluta concentrare sulle emozioni», dice, «traendo ispirazione dall’immagine del deserto infinito e della mitologia egizia, chiedendomi come dev’essere stato vivere nell’Antico Egitto: etereo e trascendente, sì, ma anche pericoloso e spietato». Reminiscenze d’epoca infiorano lo stile, ma senza regole precise: «In fondo le regole sono fatte per essere infrante!»
Sarah Schachner è alla sua prima prova da compositrice autonoma e ha uno stile inconfondibile
Ciò che mi piace di Sarah è la sua genuinità, ha le idee chiare e sa di cosa parla: tutto sembra passare attraverso le sue grandi lenti, appassionatamente geek, che riflettono il motto Do it yourself, un modo totale di concepire la musica che parte interiormente dal subconscio per arrivare a un linguaggio unico e diretto. «Oggi il compositore deve saper gestire tutto da solo, dalla composizione al missaggio», dice, e in effetti la musica di Sarah esprime un viscerale controllo del suono: spesso gli strumenti acustici vengono distorti e inseriti con lucida sensibilità tra le pieghe dell’elettronica.
«Da bambina ricordo la magia dei synth analogici, con tutti quei bottoni e le manopole rétro, che mi sembravano usciti da qualche vecchio film di fantascienza». Ma non ha mai potuto giocarci; non davvero fino al liceo, quando si innamora delle tastiere vintage: Fender Rhodes, Wurlitzer, Hammond, oltre al fantastico mondo dei sintetizzatori. «Solo cinque anni fa, con grande soddisfazione, ho messo le mani su un leggendario Moog».
«ricordo la magia dei synth analogici, con tutti quei bottoni e le manopole rétro»
Una famiglia di musicisti e creativi. Sarah mi confida che la madre ha perfino scritto un libro per bambini intitolato Yo Vikings, che racconta la storia delle piccole sorelle Schachner e della loro passione per una grande nave vichinga. Ossessionate com’erano dal film The Vikings con Kirk Douglas, le sorelle sono riuscite a convincere un negozio locale a dismettere una nave gigante e l’hanno piazzata in giardino per il ludibrio di tutto il quartiere.
Mi sento un po’ anch’io su quella nave, a tutta dritta verso nuove destinazioni. E Sarah ha viaggiato a lungo, perlomeno fino a Los Angeles, dove ha cominciato a collaborare con il compositore Brian Tyler su Call of Duty: Modern Warfare 3, Need for Speed: The Run, Far Cry 3 e Assassin’s Creed IV: Black Flag. Ubisoft la recluta di nuovo per Assassin’s Creed Unity insieme a Chris Tilton. Da lì a Origins, diventa compositrice principale.
Dopo questa faticosa traversata, Sarah è certamente adulta. «Penso sia meglio, per un progetto, avere un’unica visione artistica. Anche se comporre da sola quasi cinque ore di musica è stata una bella sfida». I supervisori musicali Simon Landry e Benedicte Ouimet non volevano la solita spataffiata orchestrale con spruzzatine mediorientali, e le hanno dato carta bianca. Ha avuto la libertà di esplorare nuove tavolozze di colori per dipingere la tela che voleva. «Non senza un demo però: ho dovuto dimostrare di saper comporre una suite di 10 minuti che includeva il tema portante».
Il tema inizia lontano, con una voce esotica che arriva da chissà dove, consegnata alle onde del Nilo. Sulle rive si profilano le prime città, insieme ad archi e percussioni. C’è un ambiguo segreto nel suono di un synth caustico che, arpeggiando, si insabbia subito. Qui si affaccia il violoncello che presenta il secondo tema, di più ampio respiro: è il volo del falco Senu, che si libra tra i cieli ariosi alla ricerca delle Piramidi, con gli archi ad accompagnare l’ascesa e il solito synth ad avvistare i pericoli. Quel synth rimane scolpito in testa come un leitmotiv, a fare da trait d’union tra i vari elementi del lessico musicale. Poi, di colpo, si incurva in rapide successioni per tornare a terra, verso il tema principale.
I supervisori musicali di Ubisoft hanno dato a Sarah carta bianca a livello creativo
Da compositore a compositrice, mi interessa sapere quale sia la parte più tormentata della sua vita. «Lo sforzo mentale necessario a creare ogni giorno una musica che possa essere sempre stimolante. Quando le consegne mi costringono a ritmi febbrili, districandomi tra un progetto e l’altro, sotto pressione, incalzando, è difficile gestire lo stress. Trovare l’equilibrio tra la vita e il lavoro resta per me l’impresa più ardua. Devo migliorare», dice. Per quello, sta ancora veleggiando.