Riprendiamo oggi gli appuntamenti con una rinnovata VR Machine online, interrotti per mettere a punto la quasi omonima “sorella” che esce puntualmente ogni mese sulla rivista. In particolare, d’ora in poi vi proporremo in questa sede un “remix” dei titoli che abbiamo recensito o provato in Early Access sugli scorsi numeri di The Games Machine, a debita distanza dalla pubblicazione originale e non nella stessa sequenza. Questo ci consentirà di accontentare un po’ tutti, dai lettori della rivista che giustamente vogliono contenuti che li coccolino per primi, fino a tutti voi che godrete di analisi ulteriormente selezionate su PC e ampliate, quando possibile, su PS VR. Buona lettura 🙂
IN DEATH
Un roguelike in realtà virtuale diabolico e assuefacente, in un solenne e continuo processo di morte e rinascita, con un ottimo uso degli algoritmi procedurali.
Abbiamo parlato già dell’accesso anticipato di In Death, ma finalmente possiamo dettagliarne le caratteristiche come gioco fatto e finito, con il voto che un’esperienza virtuale di questo livello merita. Come scritto altrove, il gioco di Sólfar Studios si serve di caratteristiche affascinanti e assai feconde in VR, giustificando la propria essenza di roguelike (e i controlli, in una certa misura) con la stessa contestualizzazione narrativa, in una specie di purgatorio nel quale la sfida, evidentemente, è stata concepita da una divinità (in una medievaleggiante simbologia “cattolica”, per quello che è il linguaggio visivo del gioco) ed è rivolta a un arciere deceduto in battaglia. La presentazione è magnifica fin dall’avvio del gioco, quando tra musiche e canti da liturgia ecclesiastica ci ritroviamo ne Il Santuario, sorta di HUB dal quale possiamo accedere al “dungeon a cielo aperto” che viene rigenerato di volta in volta, con una fragorosa e magnifica sequenza di creazione, e allo stesso tempo possiamo visionare o servirci dei contenuti accessori, dalle classifiche e achievement fino a modalità e strumenti dell’azione.
L’essenza di roguelike con permadeath è resa più intrigante dall’ottimo algoritmo di bilanciamento dei dungeon
Piattaforme: HTC Vive, Oculus Rift, Windows Mixed Reality, PS VR
Controlli: Vive Controller, Oculus Touch, controller compatibile WMR, Move
Comfort: Buono
Prezzo: 24,99€
Voto: 95
CREED: RISE TO GLORY
Una via di mezzo tra simulazione e arcade di boxe realizzata da uno dei migliori sviluppatori VR sulla piazza. Com’è giusto che sia, ce n’è abbastanza per divertirsi e sudare…
Survios è uno dei team più validi della scena indipendente VR. Forse il migliore in assoluto. Ci tengo a sottolinearlo perché, a conti fatti, Creed: Rise to Glory è probabilmente l’unico titolo dell’abilissima software house a doversi confrontare con un concorrente che, almeno sul piano della simulazione (non necessariamente più spassosa, s’intende), si è dimostrato un vero osso duro: il gioco in questione è The Thrill of the Fight, sviluppato preminentemente da un singolo autore, Ian Fitz, che è riuscito a supportare la sua creatura fino a renderla perfetta per chi ricerca un titolo di boxe senza fronzoli orientato al movimento room-scale, al suo meglio su HTC Vive ma in tutti i casi efficacemente simulativo nel comportamento degli avversari, nella loro maggiore capacità di entrare nella nostra guardia così come nella sensazione di impatto dei nostri colpi. D’altra parte, dopo aver sottolineato quel che era giusto rimarcare, va pure detto che Creed: Rise to Glory è un “sim-cade” di pugilato con una precisa personalità, infiocchettato dallo spettacolo visivo, dalle fanfare di Rocky (letteralmente, sono incluse nella colonna sonora) e da un divertentissimo PvP. Contrariamente a TTotF, e a tanti altri workout VR di boxe, nel gioco di Survios potremo osservare il nostro muscoloso corpo virtuale visibile e animato per intero partendo dal rilevamento di visore e controller cinetici, grazie a una magia tecnica che solo questo sviluppatore è capace di eseguire a simili livelli; il roster di pugili conta più di una manciata di combattenti per un vero e proprio storymode, dagli esordi di Adonis Creed alle più grandi e famose arene di pugilato statunitensi, e quasi altrettanti boxer ci aspettano nella modalità libera, grazie anche al recente ampliamento con Danny “Stuntman” Wheeler dal primo capitolo cinematografico e di Victor Drago dal secondo (si, proprio il figlio di Ivan, se non avete visto il film).
Il nostro muscoloso corpo virtuale è visibile e animato per intero partendo dal rilevamento di visore e controller
Piattaforme: HTC Vive, Oculus Rift, PS VR
Controlli: Vive Controller, Oculus Touch, Move
Comfort: Ottimo
Prezzo: 24,99€
Voto: 85
VR EARLY ACCESS
A-TECH CYBERNETIC
Piattaforme: HTC Vive, Oculus Rift, Windows Mixed reality
I ragazzi di XREAL Games stanno procedendo lenti e metodici, con risultati di apprezzamento fra i giocatori in continua ascesa. Il modello di A-Tech Cybernetic sono gli sparatutto stile DOOM, con la disponibilità dei primi quattro livelli dello storymode (l’ultimo, sulla superficie del pianeta, si è confermato eccellente) e di una classica modalità a ondate, per divertirsi con meno impegno: anche nella definizione del gameplay, tuttavia, gli sviluppatori sono stati attenti a non andare a sovrapporsi alla proposta VR griffata id Software, altalenante nell’apprezzamento delle recensioni utenti, con risultati che, almeno al momento, si stanno dimostrando nettamente migliori. Rispetto a DOOM VFR, il gioco propone un ritmo più compassato che ricorda il terzo capitolo della celeberrima saga, il meno amato di tutti per il tono più cupamente orrorifico e la minore densità di nemici da spappolare; tali limiti, però, diventano in realtà virtuale qualcosa di molto più ragionato e consono al tipo di esperienza, specie se per muoversi si usa il movimento diretto via levetta (Oculus) o trackpad (HTC Vive), e si ama alternare armi da fuoco (con munizioni meno numerose) con bastoni/spade da brandire in libertà.
Peraltro, la storia è più interessante e giustifica l’uso combinato del teletrasporto in via fantascientifica, tra gli esperimenti compiuti nella base in cui ci svegliamo e che, per qualche ragione, giustificano la nostra esistenza come quella delle aberrazioni cibernetiche che solcano le sale, i corridoi e l’affascinante esterno della struttura – ultimo livello introdotto dallo studio dopo aver sollevato il giusto hype. Coronano l’esperienza la buona taratura dei livelli di difficoltà e le interfacce studiate intelligentemente per rendere tutto ben fluido, dalla scelte delle armi – per una mano o per l’altra – all’intuitiva interazione con oggetti ed elementi d’arredo, passando da obiettivi e sequenze di “VR nella VR” semplici ma immersive. Fa da eccezione il lancio delle granate, sorprendentemente macchinoso considerato il fluido design che regola ogni altra cosa. Assolutamente da provare.
Giudizio: Eccellente
WANTED KILLER VR
Piattaforme: HTC Vive, Oculus Rift, Windows Mixed Reality
È molto difficile creare una singola caratteristica che sia capace di risolvere un’intera proposta di gameplay, come è accaduto – caso più unico che raro – per la particolare struttura “puzzle-shooter” di SUPERHOT (in entrambe le declinazioni, VR e liscia). Di certo Wanted Killer VR non è altrettanto geniale nella propria “invenzione”, ma riesce altresì a centrare un doppio obiettivo: da una parte, il gioco di Playsnak si serve in modo creativo di una consuetudine non sempre amata in realtà virtuale, ovvero quella di teletrasportarsi con un puntatore in un’altra posizione dello scenario; dall’altra, usa la stessa idea per costruire livelli con un ottimo grado di sfida, più classicamente arcade rispetto al gioco di SUPERHOT Team ma comunque ben tarata, pur nei limiti di un’esperienza meno sorprendente.
La regola è questa: spostandosi da punti fissi, oppure tra le posizioni dei nemici uccisi, avremo la facoltà di rallentare il tempo e, nel percorrere la traiettoria, far man bassa di un crescente numero di avversari, pur potendo usare allo stesso tempo il movimento libero; dobbiamo inoltre tener presente che materializzandoci nel luogo di un cattivone eliminato acquisiremo la sua arma, che sia questa uno shotgun, un fucile mitragliatore o lo speciale gingillo di un boss, passando da semplici obiettivi di difesa di postazioni ed eliminazione avversari lungo livelli discretamente strutturati. Non c’è molto altro da dire, se non che l’aspetto estetico suona più modaiolo e “artificioso” rispetto all’eccezionale minimalismo di SUPERHOT: lo stile è quello di un cel shading che imita i tratti di un anime giapponese, abbastanza riuscito per armi e personaggi e un po’ meno nell’aspetto talvolta spoglio delle ambientazioni. Ben più interessante la trama vagamente cyberpunk, nei panni di un giovane agente mercenario che viene apparentemente ucciso durante un esperimento di trasferimento di coscienza (da qui la facoltà di teletrasportarsi da persona a persona) e deve vendicarsi della corporazione nemica, partendo da un’hub in cui sbloccare armi di base, profili del personaggi e capitoli della storia. Carino, no?
Giudizio: Più che buono