“Questo non è un Direct, è un c***o di Limit Break!”. Così il nostro Danilo “DanHero” Dellafrana, circondato da un’aura di dimensioni importanti, potentissima, blasfema, ha commentato sulla chat redazionale quando il Nintendo Direct dell’E3 2019 aveva appena compiuto il giro di boa, quindi senza sapere ancora quale sarebbe stata la degustazione di caviale e champagne videoludico degli ultimi istanti. Perché sapere che il sequel diretto di Breath of the Wild è in sviluppo, con un trailer così teso, occulto è una notizia che scalda il cuore degli appassionati, quel vaporware che nebulizza il suo profumo da ogni PC sintonizzato, esaltando la percezione di un evento già di altissimo livello, concreto come cemento, dopo il mezzo passo falso di 365 giorni fa.
NINTENDO NON VENDE HYPE, MA SOLIDE REALTÀ
E il sipario si alza proprio su Smash Bros. infatti, col continuo supporto della casa madre per il suo golden boy, con un nuovo crossover che tira in mezzo Dragon Quest e i suoi eroi muti, aprendo la strada al ritardatario undicesimo episodio, in arrivo il 27 settembre. Dopo questa parentesi (chiusa solo verso la fine, perché evidentemente di Smash Bros. non se ne ha mai abbastanza, con l’arrivo di Banjo e Kazooie nel terzo DLC), come una grandinata estiva sono venuti giù titoli da tutte le parti, di ogni forma, colore e genere. L’atmosfera delle grandi occasioni scorre forte in questo Direct, il ritmo è quello di uno spettacolo pirotecnico, inframezzato dalla sempre sobria presenza di Koizumi e dalla presentazione al pubblico dell’istrionico Doug Bowser, protagonista di un siparietto tanto telefonato quanto irresistibile col suo omonimo.
Ha ragione chi dice che Nintendo si sia soprattutto dedicata a ribadire/svelare date e nuove clip di gameplay per titoli già annunciati nei mesi precedenti, facendo deflagrare la bomba carta da stadio solo alla fine; la cosa impressionante è proprio vederli tutti in fila, sapendo che nel giro di sei mesi la maggior parte di questo ben di dio ludico sarà potenzialmente nelle nostre mani (bucate). A Kyoto non hanno voluto stimolare l’hype, quella fame nervosa da stress, ma hanno preferito far venir voglia di giocare, aprire lo stomaco per prepararsi ad una grigliata pantagruelica. Infatti, osservando i titoli susseguirsi, mi sono accorto di salivare come un drago di Komodo. La morbidezza delle animazioni di Luigi, esaltate da furbi slow motion con la scusa di spiegare le nuove goffe abilità del “verde” in Luigi’s Mansion 3 (datato 2019, probabilmente per ottobre e dicembre, slot rimasti liberi intorno a Pokémon), la dinamicità dell’azione erogena e stilosissima Made in PlatinumGames di Astral Chain (che copre in maniera furba la nuova assenza di Bayonetta 3, che si sta comportando da vera diva), la dolcezza della nuova e sicuramente fraudolenta trovata di Tom Nook, con i suoi pacchetti vacanze verso i New Horizons di Animal Crossing a partire dal prossimo marzo, posticipato a fin di bene per evitare il derby fratricida con Pokémon.
Un colpo al cerchio e uno ai nostalgici, con tre carezze d’annata sospese tra passato e presente; il ritorno di Contra, con un capitolo 3D che a dire il vero sembra un po’ démodé, ma si vedrà, che porta però in dote tutto un compendio enciclopedico sulla serie, con tutti i 10 capitoli storici più un ebook. Un Trials of Mana nuovo, scintillante, accompagnato dal trittico classico e soprattutto l’inatteso remake di Panzer Dragoon, esteticamente tirato a lucido senza vendere l’anima originale al mercato contemporaneo. E poi, qua e là, un No More Heroes 3 (2020) che è già follia pura, allusiva, seducente, segnale inconfondibile di un Suda51 che sta per tornare a fare sul serio, in forma smagliante (Travis che gioca ad Ape Out è una chicca), Empire of Sin e il proibizionismo visto con gli occhi di John Romero (da vedere se sarà direttore o semplice produttore), un The Witcher 3 che sembrava fantascienza e che invece non pare per nulla orribile, seppur ovviamente ridimensionato a livello estetico, come ci si sarebbe potuto aspettare da una produzione enorme cacciata dentro Switch per un imbuto. Chapeau per non aver ripetuto la figura soporifera fatta con Smash Bros. lo scorso anno, anticipando il Direct su Pokémon, dichiaratamente titolo di punta del loro 2019 e dedicandogli qui pochissimi minuti.
Pochi fronzoli, pochissima roba inutile e trascurabile. È la solidità di un’azienda che finalmente sembra aver trovato una sua stabilità, un suo ritmo perfetto, forte del successo conclamato di Switch e delle lezioni imparate in un 2018 che si era trascinato dietro tutte le conseguenze dell’all-in del 2017. Solo guardando le accurate previsioni del periodo estivo, si nota che le temperature percepite segneranno picchi in corrispondenza del 28 giugno (Super Mario Maker 2), 19 luglio (Marvel Ultimate Alliance 3), 26 luglio (Fire Emblem Three Houses, protagonista di un trailer animato di forte impatto narrativo), 30 agosto (Astral Chain), 13 settembre (Daemon X Machina che si muove ancora un po’ a scatti) e 20 settembre (un The Legend of Zelda: Link’s Awakening di una tenerezza infinita), dando l’idea della portata di un’annata torrida, tropicale, da cali di pressione, con magnesio e potassio da assumere via Joy-Con. Post-Direct sarà poi il turno del concerto di gameplay diretto dai ragazzi del Treehouse, che approfondirà una grande fetta di quello che si è visto in questi 40 minuti. Un vero peccato che non ci sia più un palco ad accogliere Nintendo in quel di Los Angeles, anche solo per sentire il boato che avrebbe causato quel finale, il “Majora’s Mask” di Breath of the Wild, come è già stato definito per l’appena accennata ma inquietante atmosfera, importantissima dichiarazione d’intenti per un futuro che si dovrà scontrare con la nuova generazione firmata Sony e Microsoft, e che a Kyoto sembrano voler prendere di petto.