Come il videogioco racconta la depressione

Le analisi dei titoli citati in questo speciale, tutti legati alla depressione, potrebbero contenere degli spoiler, perciò vi invito a saltare le relative sezioni se voleste prima completarli in tutta calma. Li troverete nell’ordine seguente: Sea of Solitude, Depression Quest e Actual Sunlight, Celeste, Night in the Woods.

depressione

Nonostante di depressione soffrano più di 264 milioni di individui in tutto il mondo, secondo uno studio del 2017 riportato dall’OMS, e il totale delle persone afflitte sia incrementato del 18,4% dal 2005 al 2015 (e continui tutt’ora a salire), la malattia rimane un tabù, incompresa e sottovalutata da molti. E quando per la società diventi invisibile qualsiasi forma d’arte può trasformarsi in una parola di conforto o in un grido d’aiuto. “Distill the life that’s inside of me. Sit and drink Pennyroyal Tea” cantava Kurt Cobain per l’ultima volta nel marzo del ‘94, 68 anni dopo la scomparsa di Claud Monet, dei cui tormenti ci rimangono in eredità solo i suoi più preziosi dipinti. Di depressione ci si è sempre ammalati, e per questo ne si è sempre scritto, cantato e dipinto. E da quando esistono i videogiochi, c’è un modo tutto nuovo per leggere, guardare, ascoltare e capire.

PAINT IT BLACK

La figura di Kay è una chiazza nera e frastagliata che sporca lo sfondo bianco nella quale si staglia, contaminando a ogni passo la neve immacolata che ricopre ogni centimetro di terreno intorno a sé. “Questo è un frammento… del volto di Jack. Ho scorto qualcosa al di sotto di esso. Qualcosa di cupo.”

Il 5 luglio 2019 Electronic Arts pubblica Sea of Solitude, adventure game sviluppato dal piccolo studio berlinese Jo-Mei Games, e tanta è la curiosità che si genera attorno ad esso nonostante una media di voti piuttosto bassa su Metacritic. Quella raccontata, infatti, è una storia molto personale di solitudine, crescita, ma anche di salute mentale. «Stavo con un uomo che voleva sposarmi» racconta la CEO e direttrice creativa Cornelia Geppert in una intervista rilasciata a Forbes. «All’inizio eravamo molto uniti e pianificavamo la nostra vita insieme, ma poi ha iniziato a svanire per ore, per settimane». La spirale di solitudine e rabbia nella quale la donna precipita poco dopo non si interrompe nemmeno quando l’uomo riesce finalmente a spiegarle il perché di quel comportamento: una diagnosi di depressione clinica, che lo porta a evitare il contatto umano e che gli rende complicatato persino l’atto di alzarsi dal proprio letto. «Sono rimasta sbalordita, perché non avevo mai avuto un’esperienza simile nella mia vita. Ho iniziato a studiare e a educarmi sulla depressione. Questa è stata la prima volta che sono entrata in contatto con questo tema».

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Ma Geppert è un’artista, e capire non è abbastanza. Il videogioco diventa per lei lo strumento perfetto per raccontare il proprio dolore e per processarlo, non tanto con un gameplay complesso (che diventa, al contrario, un aspetto marginale e molto basilare in Sea of Solitude) ma attraverso immagini e metafore che, tra i tanti temi trattati, toccano proprio quello del disturbo dell’ormai ex compagno.

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