Morrowind: come un ragazzino diventò il Nerevarine

Devo molto a Morrowind. Si può dire che è stato il mio primo, vero videogioco di ruolo. O meglio, è stato il primo RPG che mi ha tenuto incollato al monitor per decine, ma che dico, centinaia di ore. Adesso, a venti anni esatti dalla sua pubblicazione, ripenso al tempo trascorso sull’isola di Vvardenfell, scrivo questo articolo ascoltando la colonna sonora di Jeremy Soule e non riesco a trattenere una lacrima. Morrowind ha in un certo senso segnato la mia vita.

Morrowind speciale apertura

Nel 2002 comprammo il PC nuovo. Non un hardware particolarmente performante, ad essere onesti, ma comunque in grado di far girare dignitosamente i videogiochi di quegli anni. All’epoca avevo appena quattordici anni, anzi, a dire il vero quando uscì Morrowind li stavo per compiere. Compio gli anni alla fine di maggio e quel videogioco rivoluzionario di cui avevo letto sulle pagine delle riviste dell’epoca sarebbe uscito poche settimane prima. Potete immaginare quale fosse il regalo che chiesi. E così il 28 maggio di venti anni fa, subito dopo aver spento le candeline, ero lì con il disco tra le mani pronto a inserirlo nel lettore del computer. Molti momenti più tardi (ma quanto duravano le installazioni?) inizio a sentire delle percussioni, poi alcune note soavi si fecero largo nella camera di mio fratello maggiore – purtroppo il PC era lì, che ci volete fare – e infine la musica si fece più imponente. L’epicità di Nerevar Rising è ancora oggi in grado di emozionarmi, e sì, mi vengono gli occhi lucidi ogni volta che la ascolto (anche ora che sto scrivendo, ovviamente). Nessun altro tema principale è mai riuscito a colpirmi più di quello di Morrowind, ma è molto probabile che dipenda dai bellissimi ricordi che associo all’opera di Bethesda. Persino il breve filmato introduttivo, nella sua semplicità, ancora oggi riesce a dare una carica emotiva non indifferente all’intero gioco. Le parole di Azura sussurrate in sogno al protagonista mentre viaggia verso l’isola di Vvardenfell riecheggiano da ormai due decenni nella mia testa, così come l’immagine di una semplice frase che si compone sulle schermo, mentre imperversa una tempesta di sabbia, credo rimarrà per sempre stampata nella mia memoria: “many fall, but one remains”.

SOTTO IL SEGNO DELLA LUNA E DELLA STELLA

Perché Morrowind non è solo un viaggio straordinario in un’isola molto lontana dagli standard fantasy a cui eravamo e siamo tutt’ora abituati, ma è anche l’epopea di un personaggio che si muove seguendo il sentiero di una profezia millenaria. Morrowind è l’unico videogioco che mi abbia fatto davvero sentire parte di un qualcosa di più grande di me, del mio personaggio e delle creature virtuali che lo circondano.

è l’epopea di un personaggio che si muove seguendo il sentiero di una profezia millenaria

A partire da quell’incontro con Caius Cosades a Balmora, passando dal culto del Nerevarine, fino ad arrivare a quel tu per tu con l’ultimo dei dwemer. Per non parlare delle prove per dimostrare di essere il prescelto, l’unico in grado di fronteggiare Dagoth Ur e porre fine ai suoi deliri. Ciò che mi ha fatto appassionare all’opera di Bethesda, però, è il modo in cui viene gestita l’esplorazione di un mondo che sin dall’inizio non mette alcun paletto alle libertà del giocatore. Appena scesi dall’imbarcazione che ci ha portato a Vvardenfell e aver costruito il proprio personaggio, infatti, si ha immediatamente campo libero per fare qualsiasi cosa. Ci si può dirigere subito a Balmora per intraprendere la quest principale, oppure dimenticarsi dell’esistenza della propria missione per viaggiare in lungo e in largo, accettare incarichi dai PNG, oppure fare quello che ci pare. Attenzione però a non uccidere per sbaglio qualche personaggio importante per la main quest, pena la comparsa di un messaggio che avvisa di ricaricare il salvataggio più recente se si desidera che la profezia si avveri.

a me piaceva un mondo forgiare oggetti incantati

La libertà offerta al giocatore si trasponeva anche nei sistemi di gioco, sistemi che in alcuni casi vennero accantonati nei due seguiti Oblivion e Skyrim. Per esempio un personaggio esperto nelle arti magiche poteva addirittura creare i propri incantesimi mescolando alla bisogna effetti di danno, buff e debuff. Tuttavia a me piaceva un mondo forgiare oggetti incantati. Immagino di non essere stato il solo ad aver creato una spada con infuso l’incantesimo che permette di catturare le anime dei nemici, poi con la Stella di Azura (la pietra delle anime dagli usi infiniti) andavo alla ricerca di daedra e atronach per alimentare le mie creazioni. Ogni volta perdevo letteralmente le ore a incantare armature di vetro o di ebano con i poteri più disparati.

MORROWIND E LE MOD

E poi c’è anche un altro aspetto per cui Morrowind occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore: è stato il primo videogioco che mi ha fatto approcciare alle mod. Un mondo, quello delle modifiche amatoriale, a me sconosciuto fino ad allora. Nel corso del tempo installai un gran numero di mod, tra cui gli immancabili Better Bodies e Better Heads che andavano a migliorare i modelli di tutti i personaggi.

Parte del fascino di Morrowind risiede proprio nel viaggio verso le destinazioni delle quest

Poi ce n’erano molte altre che andavano a inserire dei rifugi per il giocatore, con tanto di depositi, rastrelliere per le armi, manichini per riporre le armature, credenze per gli ingredienti, e via discorrendo. Ricordo che in una partita misi persino in piedi una sorta di museo con tutte le armi e le armature raccolte durante il gioco. Un amico mi fece anche scoprire una mod che andava a inserire i viaggi rapidi istantanei tra numerosi punti di interesse, ma onestamente non ne ho mai sentito l’utilità. Parte del fascino di Morrowind risiede proprio nel viaggio verso le destinazioni delle quest, senza considerare che la presenza dei Silt Strider e dei barcaioli già permette di spostarsi da e verso i principali insediamenti dell’isola. Inoltre, il mondo di gioco è abbastanza compatto da non essere mai dispersivo.

in pochi si metterebbero a giocare alla versione “vanilla”

Ecco, forse quello che si è perso nei successivi Elder Scrolls è proprio questo: il gusto della scoperta e il piacere di viaggiare. Certo, poi questo piacere è relativo, soprattutto se viene interrotto ogni due per tre dai maledetti Cliff Racer… Una volta fatta l’abitudine alle creature più moleste dei videogiochi, però, Morrowind sa regalare ore e ore di divertimento in un mondo fantastico dall’immaginario unico e ancora oggi impareggiabile. Sono trascorsi vent’anni, e sono sicuro che più di qualcuno – me compreso – si stia sentendo più vecchio dopo aver assimilato questo fatto, ma Morrowind è un titolo che non sente il peso del tempo. Sì, lo so che quest’ultima affermazione potrebbe sembrare un po’ azzardata, ma se ci pensate è davvero così. Chiaramente in pochi si metterebbero a giocare alla versione “vanilla”, e difatti a renderlo al passo coi tempi ci pensano proprio quelle mod che vanno a ritoccare il videogioco di Bethesda in tutti quegli ambiti dove c’è bisogno di interventi più o meno grandi. È anche grazie alle mod se in questi giorni ho reinstallato la versione GOTY su Steam e mi sto godendo di nuovo il sogno di diventare il Nerevarine, prendendomi tutto il tempo necessario, andando avanti a piccoli passi con un personaggio incantatore che molto probabilmente si unirà alla casata Telvanni. Proprio come venti anni fa. Perché di videogiochi di ruolo ne sono usciti e ne usciranno a centinaia, ma di Morrowind ce ne sarà sempre e solo uno.

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