Tanti anni fa li chiamavamo giochini. Qualcuno ci aggiungeva elettronici, ma non era necessario: giochini erano quelli che si giocavano con un joystick. Un diminutivo quasi superfluo, perché il gioco di per sé è spesso considerato qualcosa di superfluo, una distrazione dalle cose davvero importanti: è solo un gioco, no? E invece, a guardare bene, un gioco di rado è SOLO un gioco; più spesso è un meccanismo complesso, che funziona attraverso regole articolate che servono a dosare un ingrediente fondamentale per la sua riuscita, ovvero l’incertezza, quella cosa che dentro un gioco lo rende divertente e fuori dal gioco rende la nostra vita in questa società liquida così densa di ansie (siamo un po’ off topic, ma se vi interessa il concetto leggete Modernità liquida di Z. Bauman). Solo un gioco, in fondo, eppure dentro ci si trova un universo, talvolta un universo narrativo, che si innesta all’interno di uno sfaccettato multiverso e ne ribalta e rinnova regole e dinamiche.
File 012.1 – L’incertezza nei giochi di Greg Costikyan
Dove trovarlo: Edizioni Hypnos
Ciò che ci distingue come specie da altri animali è la capacità di creare cultura. Per usare un esempio piuttosto semplice, tutti gli animali si nutrono, ma solo noi umani abbiamo elaborato una cultura del cibo che contempla accostamenti di sapori e diverse modalità di cottura degli ingredienti. Allo stesso modo, (quasi?) tutti gli animali giocano, ma solo noi umani abbiamo applicato al gioco delle regole, trasformandolo in cultura. In quanto prodotto culturale, anche il gioco è oggetto di studi: Greg Costikyan non solo è un apprezzato game designer (è autore tra gli altri di Swords & Sorcery del 1978), ma è anche un accademico del gioco con diverse e interessantissime pubblicazioni in materia (I Have No Words & i Must Design è forse il saggio dal titolo migliore che abbia mai letto, nonché un ottimo studio sulla necessità di un vocabolario condiviso che fa di Costikyan uno dei padri della disciplina). Di recente, Edizoni Hypnos ha portato in Italia all’interno della collana Ludica un altro suo testo decisamente interessante per il tema scelto, ben intuibile già dal titolo: L’incertezza nei giochi. Se è la creazione di regole a condurre il gioco dalle attività istintive a quelle culturali, è la giusta dose di incertezza a renderlo divertente.
Se è la creazione di regole a condurre il gioco dalle attività istintive a quelle culturali, è la giusta dose di incertezza a renderlo divertente
i game designer possono fare ricorso a diversi tipi di incertezza

Se Super Mario è “l’esempio perfetto di incertezza performativa del giocatore” (nonché un rivale degli scacchi in termini di eleganza), The curse of Monkey Island diventa invece occasione per una digressione sul concetto di flusso, quella sensazione quasi estatica in cui il tempo si sfalda, e sull’opportunità di interromperlo da parte del designer per raggiungere il proprio scopo. Nella sua analisi che occupa la parte centrale del volume Costikyan dimostra la propria decennale esperienza come videogiocatore, dissezionando sul tavolo dell’approfondimento generi piuttosto hardcore come i roguelike o il deathmatch degli FPS, al fianco di gestionali decisamente impegnativi come Civilization V in cui l’incertezza passa attraverso una moltitudine di elementi: la limitata visuale iniziale sul campo di gioco, l’imprevedibilità dell’IA avversaria, il sistema di Meraviglie, etc.
Nella sua analisi Costikyan dimostra la propria decennale esperienza come videogiocatore
File 012.1 – Batman: Arkham City
Dove trovarlo: Gamestop
Sapete invece a chi non piace nemmeno un pizzico l’incertezza? Bravi, a Batman. So che l’avete capito dal titolo dell’articolo, ma fa nulla, mi sembra comunque il gancio perfetto per introdurre la Comic Edition di Arkham City, edizione speciale pubblicata di recente da Panini Comics in collaborazione con Warner Bros. contenente non solo la Game of the Year Edition del gioco, ma anche un poster esclusivo e soprattutto il volume inedito Batman: Arkham City.
La raccolta cartonata edita da Panini inizia con una prima portata a base dell’omonima miniserie scritta dal veterano Paul Dini e disegnata da Carlos D’Anda. Il primo è uno degli scrittori che maggiormente ha contribuito a definire l’immagine moderna del cavaliere oscuro, contribuendo a sceneggiare le sue avventure tanto su carta quanto nella celeberrima trasposizione della serie animata. Carlos D’Anda invece è il disegnatore a cui si è affidata Rocksteady per delineare il character design dei personaggi del proprio videogioco. Sulla carta un’accoppiata da urlo, che tuttavia non riesce a rispettare fino in fondo le aspettative, che per carità erano altissime.
Il limite in questo tipo di storie è sempre rappresentato dai confini dello spazio narrativo lasciato dai giochi

Paul Dini esplora dunque i preparativi della maxi congiura mentre sullo sfondo si muovono una coppia di fratelli, imbottita di Titan portato fuori da Arkahm, in procinto di compiere un gesto che imporrà un’accelerata svolta alle vicende.
Competano il volume una serie di storie brevi, pubblicate in origine solo in digitale

Competano il volume una serie di storie brevi, pubblicate in origine solo in digitale, scritte quasi tutte dallo stesso Dini in collaborazione con Derek Fridolfs, e disegnate da artisti vari, tra cui il più noto è sicuramente Dustin Nguyen. Si tratta di piccoli bocconcini, per lo più antipasti buoni per introdurre i villain che si incontrano nel gioco, ma anche per stuzzicare l’appetito in attesa di quello che è il piatto forte finale, ovvero la storia lunga Arkham City: End Game.
il piatto forte finale, ovvero la storia lunga Arkham City: End Game
L’addio di Harley al suo “budino” è senza dubbio uno dei momenti migliori del volume