What Remains of Edith Finch next gen

What Remains of Edith Finch

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What Remains of Edith Finch: i racconti di una famiglia – Speciale

Quanto è profonda la storia di What Remains of Edith Finch? Se potessi iniziare una lettera diretta a qualcuno, in questo momento la dedicherei a mia madre. Sia chiaro, sono ancora nella sua stessa città, respiro quotidianamente la sua stessa aria e spesso, quando non la vedo, mi capita di scorrere la galleria del cellulare, e fissare per qualche secondo la foto di mia sorella e dei miei fratelli, come accade, per giunta, anche con mia nonna. È un gesto che parte automaticamente perché, quando si è grandi, ci si dimentica spesso di essere piccoli. A dire il vero, spesso succede che non si riesca a controllare quel distacco che diventa, purtroppo, tanto incolmabile quanto impossibile da tenere al proprio posto. C’è sempre un problema, c’è sempre un imprevisto, c’è sempre qualcosa che non va.

“Ciao, Sophia, questa lettera è per te: ricordati che è fatta del tuo stesso sorriso e, al contempo, dei pochi momenti che riusciamo a passare insieme. Poi tanto verrà il tempo che ci vedremo, e quella lettera la scriveremo insieme, di nuovo, tanto perché ce ne sarà un’altra da aggiungere”.

Quel ricordo, composto da un unico filamento, si sfilaccia, non si riesce a rimettere a posto, è scombinato e aggrovigliato. Che si può fare, allora, se non tornare sui propri passi e riviverli, quei ricordi? Quando penso a What Remains of Edith Finch, sviluppato da Gian Sparrow, è inevitabile rivedere proiettata sullo schermo la propria vita. Improvvisamente non si è più spettatori, ma reali protagonisti di quanto sta accadendo, e so percorre la medesima strada di Edith verso la casa che è della sua famiglia da tantissimo tempo. Un ricordo arriva dal passato: a volte fa sorridere, in certe occasioni ti lascia con il fiatone, in altrettante s’insinua così a fondo nella pelle da essere tagliente, brutale.

Quanti ricordi esistono nel mondo? E quali sono quelli che s’intende ricordare davvero? Se con The Unifinished Swan c’era un mondo da colorare, sprovvisto della sostanza stessa che legò i sogni alla ragione e alla bellezza del mondo, in What Remains of Edith Finch il racconto della giovane Edith racconta più storie, con esse che diventano il fulcro stesso della narrazione che sorregge l’intera meraviglia che Giant Sparrow propone ai giocatori. Non abbandona quel suo approccio tanto caro, ovvero la prima persona per dare al fruitore dell’opera una maggiore intensità, regolata dal battito del suo cuore e della sua sensibilità. Perché il punto è proprio questo, quando si parla di What Remains of Edith Finch, un videogioco che va ben oltre il concetto stesso di videogioco, attaccandosi all’anima del giocatore a tal punto da fargli rivivere non solamente la storia di una giovane, bensì persino la sua stessa esistenza.

LA FORZA DI TORNARE A CASA

Eppure, è la storia di Edith Finch a essere il cuore pulsante della produzione di Gian Sparrow. È una giovane che torna a casa, a quella casa, dopo un numero esagerato di tempo. Ancora ricorda la strada. O meglio, ancora rammenta i due sentieri che da bambina intraprendeva per raggiungere quell’involucro di memorie che non potrebbe mai dimenticare. Lo stesso albero su cui si arrampicava era lì, immobile e silente, in attesa che sia il tempo a portarselo via, come accade con le sue foglie ogni anno. Edith si avvicina adagio, sorride, e intanto rammenta, con le lacrime che cercano di farsi forza a non fuoriuscire dalle orbite, mentre con la mano apre la porta della casa, ne attraversa l’uscio, e ne respira la polvere, come se fossero i mille respiri della sua famiglia, o di cosa ne resta. Questo è il quadro generale, non c’è molto altro da raccontare su Edith Finch e il suo arrivo, se non che il più solenne che io abbia mai vissuto all’interno di un’opera videoludica.

Mentre rivede quei ricordi, tre le cianfrusaglie di una vecchia vita, ricorda sua nonna, il babbo e i fratellini, ma soprattutto chi ha vissuto in quella casa e chi, invece, l’ha dimenticata per sempre. Edith è l’ultima dei Finch, una classica famiglia americana come ce ne sono tante e ce ne saranno mille altre da Seattle a New York che però non si ritrovano nella stessa situazione dei parenti della giovane ragazza. La narrazione racconta di Edith, ne scandisce l’animo e il cuore, ne approfondisce il calore, i sogni e le speranze. Edith è la lettrice delle esistenze che compongono l’albero genealogico della sua famiglia, lo stesso che è fuori nel cortile, in attesa di essere abbracciato. Sono sicuro che, da bambina, Edith lo abbia fatto in moltissime occasioni. Però meglio non fantasticare, meglio andare dritti al sodo: la giovane si ritrova a esplorare le storie che compongono i rimasugli delle vite dei suoi famigliari e parenti più lontani. Il tema ricorrente, ben oltre la sfortuna della famiglia Finch, è soltanto uno: la morte. L’entusiasmo, leggendo questo vocabolo, potrebbe estinguersi come un fuoco fatuo vicino a un cimitero, che scompare non a causa del vento, ma perché smette di soffrire, rappresentando un’esistenza che non aveva più alcun desiderio di andare avanti.

La famiglia Finch è probabilmente la più sfortunata in assoluto, e stento a credere ci sia realmente una maledizione che colpisca ogni membro

La prima volta che ci giocai, ormai qualche anno fa, pensavo che la famiglia Finch non avrebbe mai effettivamente rischiato di ritrovarsi in situazioni complesse, felice e benestante com’era. Non è certo semplice avere una casa del genere che si affaccia su un lago, e ci vuole un bel po’ di pecunia per mantenerla. Pensavo fosse una famiglia felice, e lo era… lo era davvero.

 

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Dei quadri, tanti giocattoli, degli acquarelli e moltissime stanze. E con Edith sono entrate in alcune di esse, perdendomi in quei racconti che forgiano non soltanto la profondità stessa della trama dell’opera, bensì il game design che esplode, portando il giocatore a compiere dei gesti surreali e spaventosi, talvolta incomprensibili. Capitemi, avanti: ero piccolo. Pensavo davvero che tutte le famiglie fossero felici e contente, e che i problemi fossero lontani. Poi ho capito che non è proprio così, e che la morte all’interno delle dinamiche dei Finch è l’ultimo dei problemi.

UNA BAMBINA CHE VOLA E UN’ALTALENA

La famiglia Finch, originariamente, deve le sue origini al buon vecchio Odin Finch, che nacque in Norvegia assieme al fratello, che però morì da neonato nella culla per cause ignote. Da quel momento in avanti, complice la brutale tempesta che si abbatté sulla vecchia casa di famiglia in Norvegia, partì con Edie, Sven e la piccola Molly al di là del mare, certo che avrebbe continuato a vivere senza complicazioni di alcun tipo. Odin, tuttavia, non raggiunse mai le coste americane e morì a causa di una tempesta, ma Edie, Sven e Molly sopravvissero, e prosperarono fino a una nuova morte, quella del povero Sven, che avvenne mentre montava un’altalena – ma ecco, quell’altalena creerà non ben pochi problemi alla famiglia Finch negli anni a venire. Senza raccontare troppo qualora qualcuno dovesse capitare da queste parti, i racconti che Edith Finch rivive fanno parte delle storie che sua nonna e sua mamma le raccontarono per spiegarle che una maledizione minaccia la loro famiglia, anche se non tutti erano sicuri che fosse così. Qualcuno pensava fosse il caso, perché era impossibile che delle situazioni straordinarie, non all’ordine del giorno e fuori da ogni logica, avvenissero regolarmente.

Sfortunatamente, però, avvenivano e non si poteva fare alcunché per impedirlo: erano eventi straordinari. Giant Sparrow, nel proporre queste vicende, ha elaborato un modo intelligente per darle letteralmente in pasto al giocatore, facendogliele non soltanto assimilare e assorbire, ma deliziandolo attraverso una struttura ludica che combinava situazioni prestate al mero racconto.

Originale, toccante e particolare, il racconto di What Remains of Edith è uno dei più eleganti in assoluto

What Remains of Edith Finch, in tal senso, potrebbe essere il primo caso conclamato di antologia videoludica, considerando le innumerevoli storie al suo interno, ognuna di esse raccontate con profondità e intimità, come se quei segreti di famiglia diventassero di dominio pubblico. Anche se è meglio non dirlo troppo a voce alta: c’è sempre una maledizione in agguato e, chissà, potrebbe colpire proprio te che stai leggendo – sia chiaro, spero proprio di no. Una delle storie certamente più truculenti e atroci all’interno di What Remains of Edith Finch è dedicata alla piccola Molly, figlia di Edie e Sven, nata in Norvegia ma cresciuta nell’arco della sua breve vita negli Stati Uniti. Era una bambina vivace e allegra, curiosa e sognatrice, che sperava di diventare un gufo e volare via, arraffando qualunque cosa le capitasse a tiro. In una sorta di allucinazione, infatti, era prima divenuta un gatto, dopodiché un uccello e poi uno squalo, ingurgitando tanto cibo, così tanto cibo da che però, dopo quel suo sogno, fu così tanto che la portò alla morte. La vita della piccola Molly, infatti, non si concluse mentre svolazzava allegramente da una parte all’altra: si presuppone che sia morta a causa di un’intossicazione alimentare. E sua sorella Barbara, invece? Si spense all’età di sedici anni, ma c’è un velo di mistero sulla sua morte che è meglio non indagare totalmente.

Di lei è rimasto soltanto un fumetto horror, genere di cui è sempre stata appassionata. Storie di questo genere, impattanti e decise, raccontano il vissuto di qualcuno che ha trovato la morte casualmente, non inseguendola affatto all’intermo di What Remains of Edith Finch. Qualcuno della famiglia Finch, invece, lo ha fatto a tal punto da desiderarla, consapevole che era quello l’unico modo per ripartire e non guardarsi indietro. Se c’è però una caratteristica che lega la narrazione, la finzione, l’illusione e la realtà, è proprio il game design scelto per l’occasione, prestato a far scoprire direttamente ai giocatori cosa stanno muovendo e perché. La stessa altalena di cui parlavo poca fa, infatti, aveva mietuto un’altra vittima fra la famiglia Finch, con il piccolo Calvin, una vera peste, che qualche settimana prima si era rotto il braccio. Nella sua storia, infatti, è proprio l’opera che esorta a spingere il ragazzino verso sempre più in alto, facendogli perdere il controllo, mentre compie ben tre giri della morte, per poi abbracciarla completamente, andando oltre la scogliera. Potrei citare altri membri della famiglia Finch sul momento, ma il discorso sarebbe il medesimo: ognuno di loro ha perso la vita in circostanze certamente casuali.

LE VITE INTERROTTE DI WHAT REMAINS OF EDITH FINCH

Per parecchio tempo, a causa di queste morti, la famiglia cominciò addirittura a essere sicura di essere al centro della maledizione che aveva colpito il povero Odin e molti altri. Il più piccolo dei fratellini Finch, Gregory, era morto nella vasca da bagno a solo un anno, annegando misteriosamente. Pur avendoci giocato in svariate occasioni, neanche io so dire con certezza quali siano state le cause della morte del piccolo, come di qualunque altro membro dei Finch, costretto a scoprire la verità. Le vite interrotte all’interno di questa sfortunata famiglia non si limita solo alla morte, ma in parte alla perdita di sé stessi, come nel caso del povero Lewis Finch, morto giovanissimo a causa della sua tossicodipendenza. Mentre Edith Finch riscopre le storie della sua famiglia, aprendo quegli scrigni rimasti chiusi per tanto tempo, entra in contatto con delle situazioni che neppure lei riesce a capire appieno. Anche se cerca di lasciarsi andare quel passato tormentato, non riesce a farlo veramente.

Giant Sparrow, nel proporre queste storie pesanti e commoventi all’interno di What Remains of Edith Finch, accentua in modo determinate il game design dell’opera e la sua struttura ludica, dando al giocatore ogni possibilità d’interazione con i vari personaggi di cui Edith Finch legge le storie. Ognuno dei protagonisti affronta la morte come una vecchia amica, con la certezza di aver vissuto pienamente, compiendo esattamente i gesti che più desiderava. È un ottimo modo da parte di Giant Sparrow per spiegare cosa stia effettivamente passando la famiglia, con un peso nel cuore che però diventa sempre più insistente, come un enorme macigno pronto a portare via tutte quelle esistenze. Ian Dallas, scrittore e autore dell’opera, già conosciuto in passato per The Unifinished Swan in cui è protagonista anche il misterioso Milton, ha cercato di tessere dei racconti che avessero l’obiettivo di mettere il giocatore a impersonare gli ultimi istanti di vita di ognuno di essi, con l’obiettivo di vivere cosa stesse loro accadendo. Un metodo certamente macabro e particolareggiato, eppure l’opera si sorregge sotto questa impalcatura ludica, con l’interazione che diventa qualcosa in più, coinvolgendo la storia, il contesto e lo stesso presente di Edith Finch.

What Remains of Edith Finch

All’inizio dell’opera, infatti, è l’ultima della famiglia ancora in vita. Stringe un mazzo di fiori da portare al cimitero agli altri membri che non ce l’hanno fatta, sperando di poterli incontrare un giorno. Stringe il diario della sua famiglia, con le foto e i ricordi più intimi che le ricordano quanto ogni membro avesse vissuto appieno, sebbene la morte fosse giunta troppo presto. Riflettendo su ogni racconto, ragionando a lungo e con maggiore intensità, ho invece scoperto quanto fosse importante preservare il ricordo di ogni Finch. La stessa abitazione è disseminata di ricordi, cianfrusaglie e piccoli memoriali, come se la casa fosse diventata un tempio della famiglia Finch per la famiglia Finch.

A volte tornare a casa è necessario per riconnettersi con la propria vita

E mentre si vivono gli ultimi istanti di ogni membro, a esaltare non è la morte, bensì la vita stessa. Spesso mi sono interrogato sulla maledizione, che è il capro espiatorio preferito dei personaggi, soprattutto di Edith. È convinta che esista davvero e non vi sia una casualità, ma una sorta di grande disegno che conduce ogni Finch verso la morte. È indecisa, ad esempio, se raccontare di queste storie a suo figlio, nato il giorno stesso della sua morte in sala parto, dandolo alla luce.

IL DONO DELLA VITA DI WHAT REMAINS OF EDITH FINCH

Nonostante tutte le storie, i ricordi e un passato toccante, Edith Finch è convinta esista la maledizione e che questa abbia deciso anche il suo fato. È la stessa che però ha interrotto le esistenze precedenti e la sua. Quando il diario passa di madre in figlio, è qui che la chiave di volta diventa rilevante: il ragazzo sarà disposto a credere di essere al centro di una maledizione, o finalmente libererà la famiglia da una superstizione che dura da fin troppo tempo? Non lo sapremo mai, perché What Remains of Edith Finch si conclude in questo modo, con la casa all’orizzonte e il giovane figlio di Edith che si alza dopo aver omaggiato le tombe della sua famiglia. Del suo futuro si sa ben poco, come del resto anche della famiglia Finch.

Cosa rimane di What Remains of Edith Finch? Un ragazzo che potrà scegliere in cosa credere leggendo le storie della sua famiglia e ogni trafiletto raccontato, conoscendo direttamente – come ha fatto il giocatore con gli occhi di Edith Finch – cosa si celi nella casa e nel passato della famiglia. What Remains of Edith parla di tematiche delicate, mettendo al centro la vita e il suo dono, con la morte come ultimo punto d’arrivo di un viaggio che dura tanto o troppo poco.

Si ricorda il passato dopo aver scoperto mille vite: è questo il messaggio finale di What Remains of Edith Finch

Ogni ricordo diventa didascalico nella vita di ogni Finch, tramutandosi nel tempo. Quelle memorie potrebbero raccontare di noi, del nostro approccio alla vita e alla famiglia, di quei pochi momenti passati assieme a qualcuno e vissuti con la stessa intensità che Edith Finch prova mentre entra in contatto con il suo passato. Ecco cosa rimane.

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