Qual è la storia a cui siete più affezionati? Appartiene a Fumito Ueda, a qualche scrittore tedesco, a un romanziere britannico? E perché proprio quella che ancora non è stata raccontata? Ognuno di noi ha sua passione letteraria, un suo videogioco preferito e una canzone prediletta. Quando si parla di autorialità nel mondo dei videogiochi, vengono spesso citati i nomi di Yoko Taro, Hideo Kojima, Sam Lake e Hidetaka Miyazaki. E viene anche menzionato Fumito Ueda, un autore nel vero senso della parola, che ha fatto dei pixel il suo calamaio e di un codice per descrivere emozioni, tematiche e sensazioni attraverso i gesti umani, cogliendo dalle emozioni il messaggio più diretto e sensato che potesse fuoriuscire dal suo vasto immaginario.
Parlare di fantasia, dunque, diventa magico se si riflette sul passato di Fumito Ueda e sulle sue produzioni. Raccontare le vicende di ICO, Shadow of the Colossus e The Last Guardian, affrontate in diversi articoli passati tra cui in quello di Pietro Iacullo, in cui un linguaggio diventa fondamentale per narrare delle storie, è il motivo per cui la narrazione, il contesto e le tematiche, se appiccicate addosso a una struttura di gioco, risultano fondamentali. Cosa accade, però, quando è proprio il game design a diventare quel collegamento fra le connessioni che un videogioco è capace di esprimere? Succede Baldur’s Gate 3 diventa un’esperienza fantasy ben oltre le aspettative, accade che Armored Core VI: Fires of Rubicon è l’emblema della fantasia, e accade che non potresti fare a meno di una blasfemia, ogni tanto, soprattutto per tirarti fuori dalla classica routine.
OLTRE L’AUTORE E IL SOGNO
Se però si parla di Fumito Ueda, nato a Tatsuno, in Giappone, occorre essere sentimentali. E lo sono, quando le connessioni di cui sopra vanno ben oltre l’infinita visione di un autore consapevole delle sue potenzialità. Raccontare l’amore è complesso, eppure è bellissimo; mentre narrare l’infinito, il paradiso e tanto altro, invece, risulta il metodo più giusto per restare collegati con la realtà delle cose, pure con quelle impossibili da contemplare. Fumito Ueda è un autore che crea videogiochi e che, se si limitasse a scrivere libri, otterrebbe il medesimo risultato: arriverebbe a tessere quelle storie con la stessa intensità, creando dei legami indissolubili, parlando di sacrifici e di fughe verso la libertà. Si racconta che l’autore, in tal senso, abbia raccolto così tante idee per elaborare le sue creazioni da avere addirittura intinto le pagine di sua singola intuizione per descrivere qualcosa di nuovo.
FUMITO UEDA, PROBABILMENTE L’UNICO A CREARE FAVOLE DAL FASCINO UNICO
Fumito Ueda, invece, ha elaborato le sue favole prendendo il bello, il brutto e il surreale dal cuore e dall’anima di ogni uomo e donna, trasformando quel sogno scritto nel suo quadernino in videogioco, andando ben oltre un codice da far funzionare e migliorare. E intanto che la sua fantasia si faceva più forte e indomita, mentre la coda di Trico raggiungeva la lama di Wander e così via, nella sua psiche prima di Shadow of the Colossus e The Last Guardian, nasceva un’esperienza sorretta dal desiderio di libertà, in cui due giovani, trovandosi imprigionati all’interno di un castello volevano tornare alla normalità, che era stata loro strappata con violenza e brutalità. Ma anche se quest’ultima era andata via da tempo, sostituita da una rabbia e un odio indomiti, capaci di arrivare là dove nessuno penserebbe, Ico e Yorda erano pronti ad affrontare l’ignoto.
OLTRE IL SOGNO E IL CUORE
In ICO è la sinergia a sorreggere il suo intero game design. A dire il vero, lo è anche la storia e il suo racconto intimista e particolareggiato, dedicato alle sensibilità di Ico e Yorda, che si ritrovano ad affrontare un viaggio ben oltre le loro speranze. Il castello è un luogo ostile disseminato di enigmi da risolvere, in cui niente è come sembra, e in cui tutti sono corrotti. È un luogo grigio, privo di bellezza e calore. L’aria è densa, come se dalle fessure aperte nelle pareti, nel soffitto e sul terreno, non passasse alcunché. Ico e Yorda collaborano per arrivare alla fine del loro viaggio, mentre cercando di capire perché sta capitando proprio a loro.
LA MERAVIGLIA DI ICO RACCONTA DI UN GIOVANE E DI UNA RAGAZZA IN FUGA VERSO UNA NUOVA VITA LONTANA DALLE OMBRE
È il silenzio a dominare in questo luogo gelido e brutale, rotto solo dalla voce stridente e disumana della Regina delle Ombre, che usa il corpo di sua figlia, Yorda, per mantenersi giovane. Non è un caso che l’ispirazione sia diretta proprio a Rapunzel, favola tedesca scritta dai fratelli Grimm, che racconta di una giovane dalla folta chioma bionda che vive isolata dal mondo e protetta da una madre che invece di amarla e accudirla, la sfrutta per restare per sempre giovane. ICO e Rapunzel, per quanto divergenti negli approcci, raccontano lo stesso fine, con un obiettivo chiaro sin dal principio: andare oltre le sbarre, cercare la libertà e farla propria a qualunque costo, non sacrificando la parte migliore di sé ma migliorandola, definendola, adeguandola.
Anche a costo della propria felicità, affrontando i patemi dell’animo umano. Con ICO, infatti, a mostrare il lato peggiore sono gli enigmi ambientali del maniero, che, se collegati per un momento a The Last Guardian, rappresentano il tessuto ludico su cui si sorregge l’intera trama di gioco. In un contesto onirico, unico nel suo genere e capace di arrivare a definire quanto il medium può crescere a rafforzarsi, ICO fa capire come il termine “Divertente” per indicare un videogioco sia superato.
OLTRE IL CUORE E IL SACRIFICIO
Tutte i racconti di Fumito Ueda raccontano l’amore in modo diverso. Se con ICO è la libertà a essere al centro del racconto, in Shadow of the Colossus, la sua opera che prediligo, la storia di Wander potrebbe essere il racconto di chiunque. Già, potrebbe raccontare di te, di me e del tuo vicino di casa, e ognuno avrebbe qualcosa da raccontare sulla persona che ama. La missione di Wander, in tal senso, è iniziata proprio per amore, ed è immerso in un viaggio che va incontra il simbolismo e si estende a perdita d’occhio, con il più piccolo che deve affrontare il più grande. In una definizione più diretta e meno filosofica, Wander deve affrontare la morte stessa e sovvertire gli eventi prima che sia troppo tardi per la sua amata Mono.
AL CENTRO DI OGNI SACRIFICIO, L’AMORE RAPPRESENTA UN VALIDO COMPROMESSO
È un sacrificio che è disposto a correre anche rischiando la sua stessa esistenza. Ed è un amore cavalleresco già visto in tante opere letterarie presenti e passate che hanno raccontato di amori lontani e impossibili, di amori perduti e mai più ritrovati. Wander, costretto ad affrontare i Colossi, si ritrova davanti una sfida che nessun uomo ha mai affrontato prima. Asciugandosi la fronte grondante di sudore, continua il suo viaggio nell’oscurità con un peso nel cuore. Anche qui le ombre assumono un ruolo fondamentale, poiché rappresentano molto qualcosa di molto più periglioso di un classico nemico da affrontare. E nonostante sia armato di spade e arco, il guerriero è comunque disarmato di fronte alla possanza dei Colossi.
UN VIAGGIO CHE PORTA BEN OLTRE IL CLASSICO EROE INCARICATO DI SALVARE UNA PRINCIPESSA
E intanto che la vita si rinnova e rinasce, c’è una speranza da raggiungere: è la felicità. Il game design di Shadow of the Colossus, focalizzandosi interamente sulla lotta contro i colossi e la loro sconfitta, definisce al meglio cosa significhi affrontare l’impossibile per preservare un amore altrimenti impossibile da preservare e proteggere completamente. È una chiave di lettura che, oltre a espandersi sotto qualunque genere di punto di contatto intimista che le opere di Fumito Ueda garantiscono, dà oltremodo molto altro su cui sorreggere la propria visione nei confronti del mondo e di cosa si cela in ogni dove. È il punto di contatto più intimo che si avverte, a mio parere, in un’opera che, oltre a essere particolareggiata, mostra quanto l’essere umano possa amare qualcun altro a tal punto da essere pronto ad affrontare l’impossibile. Il sacrificio di Wander, perciò, è la spiegazione stessa dell’amore in ogni sua sfumatura.
OLTRE IL SACRIFICIO E L’AMICIZIA
Se con ICO e Shadow of the Colossus si esplorano la libertà e il sacrificio, in The Last Guardian è l’empatia a essere la portata principale dell’esperienza. Ora, anche se preferisco la seconda produzione d’autore di Fumito Ueda, The Last Guardian è un’opera che lascia il segno sia per merito di Trico, sia per il giocatore e il protagonista che si prendono cura di quest’ultimo, dandogli le dovute e meritate attenzioni possibili. Il tema dominante di ogni opera di Fumito Ueda, inoltre, è il significato dell’ombra sul mondo intero. Con The Last Guardian, a differenza delle altre due, il viaggio del Senza Nome e di Trico è intricato e complesso, eppure sorretto dalla stessa sinergia che si ritrova in ICO e che qui è ancora maggiormente approfondita e considerata con più rilevanza, tanto da essere fondamentale nell’impasto ludico del prodotto.
IL RAPPORTO TRA IL SENZA NOME E TRICO HA FATTO VERSARE TANTE LACRIME
In The Last Guardian, a solidificarsi parecchio, è l’empatia che il giocatore, a sua volta, prova sia per il Senza Nome che per Trico. All’interno di questo racconto, si viene accolti dalla voce saggia e rassicurante di un narratore che è, peraltro, lo stesso Senza Nome ormai anziano, certo che ormai quel suo caro amico è scomparso da tempo, anche se è sicuro che sia sempre nel suo cuore come uno dei ricordi più puri che chiunque potrebbe possedere. In tal senso, il ragazzo, pur essendo abbandonato al suo fato, trova in Trico ben più che una speranza. Entrambi si equivalgono, eppure uno dei due è più fragile. Mi riferisco a Trico, che è costretto a sopportare un passato di violenze e inumane cattiverie, costringendosi a lasciare da parte il suo lato buono. Il game design si esprime attraverso le sinergie di entrambi i protagonisti, con il Senza Nome e Trico prima costretti a collaborare fra loro, e poi divenuti amici per la pelle e le piume.
OLTRE L’AMICIZIA E FUMITO UEDA
Il talento di Fumito Ueda è qualcosa che, nel corso della sua lunga storia quasi trentennale nel panorama dei videogiochi, si esprime attraverso le opere che lo hanno vista come protagonista, come autore e come scrittore. In ogni suo racconto c’è una parte del suo cuore, e non è affatto scontato: solo i grandi scrittori e musicisti possono vantare un titolo così importante da valere addirittura quell’infinito che in tanti cercano, ma che in pochissimi raggiungono. Se con ICO ha toccato l’animo umano in fuga dalla sua prigione, con Shadow of the Colossus ha sfiorato il sacrificio per amore, mentre con The Last Guardian, l’opera che ha fatto piangere in molti qui su TGM, ha raccontato della fiducia che uomo e animali nutrono, mettendo in primo piano l’empatia.
Ben oltre la genialità, l’intuizione e la passione, c’è un creatore di videogiochi che non teme le classifiche e si concentra unicamente su cos’è realmente importante. All’appello, ora che tanti nomi noti sono stati pubblicati, manca soltanto Fumito Ueda. In un panorama stagnante, costretto a sorbirsi le chiacchiere e lo scandalo, una favola e una fiaba potrebbero essere le soluzioni migliori per tornare a vivere il medium con maggiore intensità. C’è bisogno di una nuova storia, di una storia targata da Fumito Ueda.