Per festeggiare degnamente i 20 anni di Ultima Online abbiamo pensato fosse bello riproporvi un dossier che abbiamo pubblicato qualche mese fa sulla nostra rivista cartacea, laddove il nostro Marco Tassani ci racconta cos’è il pargolo di Richard Garriott e perché è entrato nella storia dei videogiochi. Buona lettura.
La nostalgia è orribile: sta lì, nascosta da qualche parte tra lo stomaco e il cuore, con il solo scopo di farti rimpiangere tempi e luoghi passati che, quasi per definizione, non potranno mai tornare. Proprio per questo motivo, quando si parla di videogiochi è difficile utilizzare propriamente il termine “nostalgia”: spesso e volentieri basta una veloce occhiata su GOG.com per trovare una vecchia gloria e riprovare le stesse esperienze della nostra giovinezza, anche se con qualche capello in meno in testa e alcuni anni in più sulle spalle. Ciò, ovviamente, non vale per i titoli prettamente multigiocatore, che oltre alla nostra voglia di fruirne necessiterebbero anche di un discreto numero di utenti e server dedicati: evento non impossibile, ma alquanto difficile. Ancora, però, non ci siamo. Quando si parla di “nostalgia pura”, paragonabile a quella provata per i bei tempi passati alle scuole superiori o all’università, oppure simile a quella legata alle estati al mare con la compagnia di amici, io non posso fare a meno di pensare a Ultima Online.
HAIL THEE
Il motivo principale di questo mio pensiero è che, personalmente, ritengo l’opera magna di Richard Garriott non solo un semplice videogioco: è quasi impossibile, infatti, compararlo con altri esponenti del genere, e oggi che siamo al suo ventesimo compleanno ancora non esiste nulla che possa anche solo lontanamente avvicinarsi alla sua grandezza. Gran parte della magia di Ultima Online è senza dubbio legata a quella “dannata” nostalgia che non vuole saperne di lasciarmi, ma quando ripenso alle mie avventure nelle lande di Britannia non rimpiango quei momenti passati davanti al PC, ma muoio proprio dalla voglia di ripercorrere la strada che da Britain porta a Minoc, di galoppare sui verdi campi a sud di Vesper, di esplorare qualche grotta zeppa di mostri e tesori e, soprattutto, di raggiungere casa mia, nella periferia della capitale, quando l’ora si è fatta tarda.
Mi rendo conto che rischio di passare per pazzo, ma nei ricordi tutti quei ruoli sono in qualche modo reali, un po’ come le persone con cui affrontavo demoni e draghi quasi quotidianamente. Mentalmente non penso “Diamine, vorrei tanto giocare a Ultima”, ma proprio “Caspiterina, quanto vorrei fare due passi a Trinsic”, e nessun altro videogioco è mai riuscito a condizionare così tanto i miei pensieri.
KAL ORT POR
Il titolo creato da Origin Systems è reso unico da un paio di fondamentali meccaniche di gioco che, per qualche oscuro motivo, non sono state più utilizzate in altri MMORPG. La prima caratteristica, probabilmente la più importante, è la totale mancanza di livelli e zone ideali in cui il nostro alter ego possa far incetta di punti esperienza: Sosaria, il mondo di gioco, è completamente esplorabile sin dal primo minuto, e non vi è alcun tipo di limitazione nella scelta dei propri compagni di viaggio. Quante volte, in altri titoli, volevamo affrontare un particolare dungeon insieme a un amico ma, a causa della differenza di livello ed equipaggiamento, abbiamo dovuto rinunciare? Ciò su Ultima Online non è assolutamente un vincolo, ma ovviamente è corretto aspettarsi una terribile disfatta esplorando la tana di un drago indossando solo una camicia e impugnando una piccola spada di legno.
Per offrire così tanta libertà, la crescita del proprio avatar è legata a un sistema di abilità e statistiche che, a conti fatti, può risultare particolarmente antipatico: ripetere la stessa azione fino allo sfinimento. Il giocatore, individuo furbo che non può essere fermato da un paio di semplici regole, ha comunque trovato il modo di aumentare gran parte delle abilità disponibili grazie a programmi automatici che mimano la pressione di diversi pulsanti della tastiera. Per diventare bravissimi a nascondersi, ad esempio, basta trovare un luogo isolato e premere ogni decina di secondi il tasto collegato all’azione, e con la dovuta pazienza, senza nemmeno essere davanti al computer, il proprio avatar raggiungerà lentamente la perfezione. Certo, qualcosa può sempre andare storto, da una bestia feroce che decida di pranzare con le nostre interiora alla comparsa di un altro giocatore che si diverta a tagliare teste. Questo è comunque il giusto prezzo da pagare per chi “aggira” le regole, e se oggi scoprire di aver buttato al vento qualche ora può farci innervosire, alla fine degli anni ’90 ci faceva proprio piangere, soprattutto con l’arrivo della bolletta del telefono.
ALL KILL
Altra caratteristica fondamentale di Ultima Online è l’ambiente di gioco crudele, punitivo e persistente: non siamo eroi o personaggi di spicco, o almeno non da subito, e la vita su Sosaria continua benissimo anche in nostra assenza. Ogni cosa si guadagna con fatica e sudore, dalle materie prime (frutto di ore di lavoro in miniera o armati di accetta in mezzo a un bosco) a oggetti costruiti dopo mesi e mesi di perfezionamento, e non è mai da escludere la possibilità di essere derubati dal primo delinquente di passaggio. Con la morte ogni avere rimane nel nostro cadavere, libero di essere raccolto da chiunque, e per riprendere tutto prima dell’avvento di qualche furbastro, o ancora peggio prima che il corpo si cancelli dopo una decina di minuti, è necessario correre, nei panni di un fantasma, fino al “resser” più vicino e ripercorrere la strada al contrario. Se poi vicino a noi c’è un amico in grado di resuscitare, ancora meglio. Rimanere da soli, in effetti, equivale a un vero e proprio suicidio: impossibilitati nel combattere i mostri più temibili, nel produrre gli oggetti più pregiati e anche nel passare in territori poco amichevoli, entrare a far parte di una gilda è il naturale destino di ogni personaggio. E, lasciatemelo dire, è anche una delle cose più belle che possano capitare nella vita di un videogiocatore.
Gran parte della magia di Ultima Online è senza dubbio legata a quella “dannata” nostalgia che non vuole saperne di lasciarmi
Infine, l’elemento di Ultima Online che più rimpiango in ogni MMORPG da quattro lustri a questa parte è il sistema di housing, che permette al giocatore di possedere un’abitazione in una zona ben specificata della mappa di gioco, e non su qualche isola fluttuante nascosta dal resto del mondo per giustificare il sistema istanziato. Saper di poter trovare il proprio amico a casa sua, in quella particolare via a nord di Britain, è una sensazione che riesco difficilmente a spiegare, e non passa giorno che non desideri un altro videogioco in grado di offrire le stesse, fantastiche esperienze.
FAREWELL, MY KING
Ultima Online, incredibilmente, è ancora vivo: i server ufficiali sono in piedi dopo vent’anni (come vi ho già raccontato qui, qualche tempo fa) e ormai abbiamo perso il conto delle varie espansioni, ma l’opera creata da Richard Garriott – in qualche modo – persiste ancora sui nostri schermi. In realtà, la storia è leggermente più complicata: dopo i primi gloriosi anni che ci hanno fatto innamorare perdutamente, Lord British ha lasciato Origin Systems nel 2000, portando con sé il proprio avatar, e pochi mesi dopo l’uscita della prima espansione, Renaissance, il gioco ha subito modifiche radicali nelle meccaniche. Se in principio esisteva un singolo mondo in cui sopravvivere a fatica, da quel momento i giocatori potevano scegliere di aggirarsi su Trammel, una zona tranquilla in cui non era possibile essere attaccati da nemici umani, o su Felucca, abitata da tagliagole e assassini.
I vecchi bacucchi come me porgono i propri rispetti a un solo re