Ormai vanno di pari passo, film e videogiochi, con IP che profondono hype su entrambi i fronti, irrompendo sul mercato con titoli di largo successo. E così li confrontiamo, come succede ancora tra libro e film (“Il libro era più bello…”). Si tratta, tuttavia, di mondi distanti sul piano della produzione, anche quando gli asset grafici e sonori si intersecano. In particolare, la composizione di musica per videogiochi non ha neanche lontanamente il modus operandi della musica da film. Del resto, l’interattività dei videogiochi è molto più intensa della fruizione passiva del cinema. Pensate a com’è estremamente popolare la colonna sonora dei vari Final Fantasy: da adolescenti, all’epoca dell’SOS brufolo, era la musica che accompagnava le nostre paure e le crisi esistenziali; parlava a noi giocatori con una potenza emozionale indescrivibile.
Mettiamoci nei panni del compositore: anche quando la scena di un film non è ancora stata girata, gli eventi sono ben descritti in sceneggiatura e costituiscono un punto fermo imprescindibile. Nei videogiochi, invece, non sappiamo dove andrà e cosa farà il giocatore: andrà a combattere il grifone o indugerà tra le braccia della procace Yennefer? I compositori devono aggrapparsi a punti di riferimento generici come scenari, personaggi, atmosfere e – a eccezione delle scene di intermezzo – senza una sequenza predeterminata. Questo rende la videogame music un tantino più generica ed esplicita, perché non potendo seguire la sottile psicologia degli eventi, descrive una sensazione macroscopica con una granularità necessariamente più licenziosa.
SCENARI E MUSICA
Il compositore di musica da film Max Steiner diceva «A ogni personaggio deve accompagnarsi un tema musicale», e infatti la trilogia di Mass Effect usa a piene mani movimenti sonori legati ai protagonisti. Anzi, la saga di BioWare è forse quella più caratterizzante dal punto di vista musicale, conferendo ai personaggi un’importanza emblematica lungo tutto il corso del gioco, che è immenso. Gli sviluppatori devono aver intuito come, per scandire la complessità della narrazione, fosse necessario lavorare sulla riconoscibilità dei personaggi. Nel resto del panorama ludico, a ben guardare, la musica è più concentrata sulle ambientazioni, aiutando il giocatore a capire dove sta. Se ricorre sempre nello stesso scenario, tradisce il principio diegetico/non-diegetico per cui la fonte sonora è o non è dentro la location stessa: quella musica “diventa” la location stessa! E che dire della fanfara che ci premia per la vittoria di uno scontro o per una scelta azzeccata? Ta-daaa! Restituisce un tale senso di immediatezza che il suono risulta come diegetico… o no?
la composizione di musica per videogiochi non ha neanche lontanamente il modus operandi della musica da film
TORMENTONE DIGITALE
Tipicamente, il peso della musica in un videogioco è maggiore che in un film: la videogame music è quasi sempre presente, arrogandosi uno spazio di più ampio respiro e un dominio incontrastato nel corso della fruizione, complice anche la durata: un film si protrae in media per un’ora e mezza o due; un gioco per qualche decina di ore, consentendo alle melodie di appollaiarsi sui nostri flaccidi neuroni. Ci sarebbe da dire qualcosa anche sul numero di volte che un brano viene riprodotto, perché se un film lo vedi due o tre volte (sì, beh, cinque o sei per quanto mi riguarda, nel caso de Il Signore degli Anelli), un gioco lo consumi a ripetizione. Vuoi mettere risentire la stessa musica uguale uguale qualche centinaio di volte? Ti si stampa nel cervello tutta la vita, come Popcorn degli Hot Butter.
E infatti uno dei problemi chiave della videogame music è la ripetitività. Lo sa bene Jeremy Soule che per Skyrim ha dovuto comporre 4 ore di musica per evitare che i temi si ripetessero troppo. George “The Fat Man” Sanger, pioniere della musica per videogiochi (The 7th Guest, Wing Commander, Loom), è sempre accreditato con un mantra d’accompagnamento: «Repetition is the problem». Ma la ripetizione non è il diavolo. Anzi, è necessario mandare la musica in loop quando per esempio deve fare da sfondo a momenti interattivi di durata indefinita (qualcuno ha detto “combattimento”?).
Vuoi mettere risentire la stessa musica uguale uguale qualche centinaio di volte? Ti si stampa nel cervello tutta la vita, come Popcorn degli Hot Butter
I tormentoni musicali – quei temi che si riprendono e si rincorrono, cambiano veste e si annidano in arrangiamenti e orchestrazioni di diverso colore (insomma, quelli che finiscono sotto la definizione di “unità tematica”) – vengono gestiti dal cinema in scioltezza, a discrezione di registi e compositori. Non è così per i videogiochi, che per la loro natura indeterminata hanno bisogno di elaborare strategie diverse: i compositori devono spremersi le meningi per infilare il tormentone qua e là, in punti chiave, senza sapere esattamente quando il giocatore li sbloccherà.
L’altro giorno sono incappato in un commento di Bear McCreary (Battlestar Galactica, Outlander, The Walking Dead) che dà una versione molto chiara della musica per videogiochi. Si intitola La ripetizione uccide la suspense. Dice che più un’idea sonora è esposta al pubblico, meno impatto ha. Ma mentre nel cinema e nella televisione questa regola non vale perché la ripetizione è controllata, nei videogiochi è alla mercé di chi ne sta fruendo. McCreary sostiene che la funzione principale della videogame music è creare tensione, e che la tensione è alta se gli elementi musicali sono sempre nuovi: se diventano ripetitivi, il nostro cervello li accantona tra i rumori di fondo, come il ruscello che scorre e il vociare di un ristorante.
Nel suo intervento il celebre compositore dice che il nostro cervello si è evoluto per filtrare le informazioni che non hanno importanza. Un animale che si concentra sui rumori di fondo rischia di non sentire la belva che lo punta. Per la musica vale la stessa logica. Quando il giocatore si lancia contro il nemico, parte la musica più convulsa e la sua mente annaspa cercando di classificare questo orripilante suono. Allo scontro successivo, l’effetto si ammoscia un po’: in fondo, l’ha già sentito… finché, all’ennesimo scontro, la mente ha ormai associato il suono all’evento, e lo filtra come rumore di fondo. La tensione è bella che andata, perché l’informazione non traghetta più nessuna importanza. Secondo McCreary i compositori dovrebbero lavorare di più con gli sviluppatori per ridefinire gli orizzonti della tecnologia e rendere la musica meno ripetitiva, e siamo vicini al momento in cui anche la videogame music competerà coi film per efficacia narrativa.
IL LEGAME NEI MOVIMENTI
Ma, bando a quel che ci riserverà il futuro, esistono già importanti tecniche di musica adattiva che noi giocatori non abbiamo certo ignorato, ad esempio l’horizontal resequencing, che definisce i cambiamenti di stato senza soluzione di continuità. Si chiama “risequenziamento” perché le tracce si susseguono in ordine diverso in base alle azioni del giocatore e consiste nella dissolvenza di una traccia in un’altra, in corrispondenza di un passaggio interattivo, quando si avvicendano gli scenari o le situazioni emotive. Ancora di più, è il caso di citare il vertical re-orchestration. Consiste nella stratificazione dello stesso pezzo in più tracce, ognuna con un carattere diverso, vario e perfino opposto. Le tracce si sovrappongono tutte a meraviglia e possono essere riprodotte insieme o separatamente, abbassate o alzate di volume. In questo modo i programmatori possono scegliere quale stato emotivo sottolineare: una sorta di nuova orchestrazione dello stesso brano, dinamicamente controllata.
i compositori dovrebbero lavorare di più con gli sviluppatori per ridefinire gli orizzonti della tecnologia e rendere la musica meno ripetitiva
Nei film questo processo di individuazione dei punti chiave dove la musica entra ed esce si chiama “spotting” e si innesca dopo che il regista “chiude” il film, ovvero quando le sequenze sono definitive. Regista e compositore – in alcuni casi anche assieme all’ingegnere del suono e al produttore – si ritrovano e guardano il film tutti insieme appassionatamente, cercando un significato musicale allo sviluppo narrativo. Capire se, e soprattutto come, il commento sonoro dovrà evolversi nell’arco di ogni sequenza è il mestiere più difficile in sede di spotting.
LA PARITÀ DEI SESSI
Insomma, abbiamo rimarcato le differenze tra musica da film e videogame music, ma tra le due c’è anche più di un’analogia. E voglio chiudere con una ferita ancora aperta che per lungo tempo ha afflitto la musica per videogiochi: la legittimità. Rispetto alla musica da film, la videogame music ha sofferto di un complesso di inferiorità dovuto allo snobismo imperante che non la considerava all’altezza della sua parente filmica. Ma, come dice il compositore britannico Grant Kirkhope (Civilization: Beyond Earth), che senso ha? Oggi i ragazzi hanno sull’iPhone i Metallica e Kuji Kondo (Mario, The Legend of Zelda) e saltano dall’uno all’altro genere senza neanche accorgersene. Questa cultura della contaminazione ha già superato le frange musicali più conservative e più nessuno ritiene che scrivere colonne sonore per videogiochi abbia meno dignità che comporre musica da film.
I produttori di giochi Tripla A ingaggiano orchestre sinfoniche che non hanno nulla da invidiare alle produzioni hollywoodiane