Prima di tornare all’analisi dei singoli titoli, sono d’uopo un paio di considerazioni su uscite e fatti recenti: ha fatto discutere, qualche settimana fa, la decisione di CCP di smantellare la propria divisione dedicata alla realtà virtuale, giustificata con ragioni strategiche più che comprensibili ma che, almeno a mio modo di vedere, non devono essere portate a esempio per tutto il mercato del gaming VR. Certo, non si tratta di una buona notizia, per di più riguardante una realtà di sviluppo autorevole come quella dei creatori di EVE Online; quasi nessuno, però, fra chi se ne è voluto occupare, spesso con antico e inspiegabile livore sulla VR, si è preso la briga di entrare nel merito dei prodotti pubblicati dal team in questo settore, quasi che i giochi (e chi legge questa rubrica sa quanto mi fa arrabbiare il pensiero) non abbiano alcun peso nel discorso.
Tirando le somme, pur riconoscendo gli sforzi di CCP, ci troviamo di fronte a titoli dall’appeal molto variabile: l’esport virtuale Sparc è arrivato per ultimo, è il migliore della combriccola (ne abbiamo parlato qui) ma è anche rivolto a una piccola nicchia, riempita di giochi molto simili tra loro; EVE: Valkyrie, da parte sua, non è stato sicuramente aiutato dalla finestra di esclusività per Oculus, ma allo stesso tempo si è rivolto agli appassionati in modo un po’ sguaiato, ignorando la tradizione del proprio marchio così come il fatto che le space-sim VR, per quanto giovani, non devono presentare per forza dinamiche banalizzate (come insegna Elite: Dangerous, naturalmente, ma anche il valido e meno conosciuto House of the Dying Sun); il risultato, com’è noto, è stato il rapido spopolamento dei server con la successiva introduzione di “Warzone”, un aggiornamento per rendere il gioco compatibile fuori dalla VR (svuotandolo, così, anche del senso originario). il semplicissimo Gunjack, infine, è uno sparatutto a ondate da postazione fissa, assolutamente non brutto ma sovrastato dalla pazzesca quantità di offerte simili in ambito VR, talvolta con giochi migliori e, soprattutto, dotati di supporto ai controller cinetici.
Contrariamente a CPP, gli sviluppatori di Croteam hanno puntato al proprio intero catalogo di titoli di qualità
THE TALOS PRINCIPLE VR
Piattaforma: HTC Vive, Oculus Rift, Windows Mixed Reality
Controlli: Vive Controller, Oculus Touch, controller di movimento WMR
Comfort: Ottimo
Prezzo: 36,99€Tenendo ben fermo quanto detto sopra, The Talos Principle VR è sicuramente il rifacimento più complesso tra i tanti sfornati da Croteam: come lo sviluppatore ha tenuto a far sapere, in merito alla scelta di una pubblicazione stand alone, il gioco è stato pesantemente rivisto negli enigmi, inventandone di nuovi, implementando idee accantonate per complessità e adeguando la struttura di quelli vecchi al nuovo sistema di interazione. Va da sé che tutti gli strumenti degli enigmi (proiettori, manipolazioni quantiche, pedane da salto e via dicendo) sono stati adattati all’uso dei controller giroscopici, e che le opzioni per muoversi (spostamento libero, teletrasporto, eventuale riduzione dello spazio visivo per ridurre il motion sickness) sono state implementate come negli ottimi esperimenti di Serious Sam. Eccellenti, a lato dei mille dettagli sui controlli, anche le numerose opzioni in zona video, per definire i soliti livelli di dettaglio ma anche il tono dei colori e l’intensità d’immagine, con uno stile di presentazione chiarissimo – anche in mixed reality – e particolari assolutamente perfetti nelle interazioni col mondo di gioco, specie nei bizzarri rapporti con i sistemi informatici sparsi nell’ambientazione.
Oltre a testimoniare la qualità del lavoro, però, va anche ricordata la fine materia di cui è fatto The Talos Principle: il figliolo di Croeteam non è solo un ottimo gioco a enigmi fisici, ma una lunga e sfaccettata riflessione sul concetto di reale, sulla religione e sul rapporto con il mondo nell’era telematica. Per molti versi, inoltre, viverlo in VR significa avvicinarsi agli aspetti più “dickiani” della storia, quelli che hanno a che fare con le definizioni di essere umano e di realtà: metteteci anche la natura non lineare del racconto, fruibile a più livelli, e avrete per le mani uno dei migliori giochi di questa generazione VR, per adattamento tecnico e intensità del’esperienza.
GORN
Piattaforma: HTC Vive, Oculus Rift
Controlli: Vive Controller, Oculus Touch
Comfort: Buono
Prezzo: 19,99€ (Accesso Anticipato)Anche GORN, per certi versi, è un gioco VR d’autore: la sua essenza non ha nulla a che fare con Broforce, precedente lavoro di Free Lives, ma allo stesso modo dimostra il grande talento dello sviluppatore sudafricano. Nonostante le lapalissiane differenze di genere, anche in questo caso emerge l’amore per i videogiochi d’azione più classicamente ignoranti, quelli che non si fanno problemi a far volare le frattaglie e, come ai tempi d’oro, riescono a sperimentare anche nell’apparente essenzialità.
L’offerta di gioco è, appunto, semplicissima: una serie di stage nei panni di un violentissimo gladiatore, con scontri multipli sempre più difficili (o boss, iniziando da un esilarante Achille), esclusivamente basati su pugni e corpi contendenti da sbloccare, uno dopo l’altro. Quel che fa la differenza è la presentazione tecnica, unita a una folle cattiveria da cartone animato, con un sistema di collisione perfetto e un’impressionante gestione plastica dei modelli tridimensionali. In qualche modo si tratta di un design “furbo”, che trasforma tratti altrove deprecabili (l’aspetto gommoso dei nemici; l’approssimazione del sistema scheletrico) in un punto di forza della rappresentazione visiva, come se avessimo davanti un Looney Tunes allucinato tra gladiatori. La libertà del combattimento è totale, quasi a voler suggerire maggior coraggio nelle soluzioni VR: possiamo far roteare la catena di una mazza per tenere a bada un gruppo di nemici, raccogliere al volo qualsiasi oggetto e scagliarlo, scudo compreso, o ancora difenderci disperatamente a pugni e riuscire comunque a farcela, puntando alle parti già ferite o girando attorno all’energumeno come Muhammad Ali. Ho quasi ammazzato il mio cane saltando come un cretino, ma questa è un’altra storia.
DIMENSION HUNTER
Piattaforma: HTC Vive, Oculus Rift (imminente PS VR)
Controlli: Vive Controller, Oculus Touch (PS Move)
Comfort: Ottimo
Prezzo: 18,99€Il gioco dei minuscoli Pocket Money Games è una di quelle offerte semplici ma che, grazie allo stile, può anche far svoltare una brutta giornata: personalmente, anche se non ne ho mai ben capito il perché, adoro gli sparatutto ritmati da incalzanti colonne sonore, esattamente come Dimension Hunter cerca di fare dall’inizio alla fine. Credo persino di aver perso un chilo (beh, forse esagero), sdraiandomi o accucciandomi nella stanza sotto il fuoco nemico, al ritmo della musica elettronica (o anche rock, retro e altro ancora, tra le opzioni di accompagnamento), immerso in una vivacissima fiera da fumetto a buon mercato.
Sia chiaro: Dimension Hunter è ben lontano dallo status di capolavoro, per l’aspetto spoglio di alcune ambientazioni come per la scarsa varietà (e intelligenza) del nemico; nel mio caso, però, ha saputo diventare così ipnotico da farmi dimenticare tutto il resto, compresi i familiari che mi vedevano dimenare come un cretino nella stanza. La sfida, generalmente molto elevata, è stata organizzata dagli sviluppatori in tutte le declinazioni possibili, peraltro sulla base di una trama quasi inesistente (quel che serve sapere è già contenuto nel titolo): la modalità di base prevede meccaniche da sparatutto su rotaie, procedendo a velocità sempre più proibitiva senza mai potersi fermare; anche per questo, scegliere un diverso sistema di controllo tra i tanti presenti, ad esempio quello libero con movimento via touchpad (o levetta, nel caso di Oculus), significa mitigare la sfida a prescindere dal livello di difficoltà, potendo affrontare angoli dello scenario e apparizioni dei nemici (semplicissimi script, a mo’ di percorso da Luna Park, con qualche basilare eccezione) con tutta la calma possibile. Tuttavia, anche in questi casi, lo stile fumettoso di Dimensione Hunter viene sempre accompagnato dalla giusta ignoranza, tutta al servizio del punteggio, accarezzando amabilmente chi ha lasciato un pezzo di sé nelle sale giochi anni ’90.
STIFLED
A cura di: Nicolò Paschetto
Piattaforma: PS VR (imminente Oculus Rift, HTC Vive)
Controlli: DualShock 4 (Xbox One/360 controller)
Comfort: Ottimo
Prezzo: 19,99€Il gioco horror di Gattai Games (studio con base a Singapore) è fondato su un concetto originale e intrigante: i suoni che emettiamo rivelano il mondo intorno a noi, altrimenti è il buio. Non solo il gesto di tirare un sasso – o anche solo di camminare – emette onde che si propagano, mostrando cosa ci circonda a mo’ di sonar, ma é addirittura possibile parlare nel microfono e modulare il tono di voce per ottenere lo stesso effetto. Stifled si divide in due componenti, la prima delle quali ricorda la narrazione di walking simulator come Dear Esther, seppur con una direzione artistica molto meno ispirata: ci troviamo nei panni di tale David Ridley, “uomo medio” americano che si trova a esplorare una serie di località come se camminasse all’interno di ricordi, raccogliendo indizi che lasciano pensare a qualche avvenimento drammatico sepolto nel passato. La visibilità in queste sezioni è ridotta al minimo, e la tensione è mantenuta alta da eventi scriptati e da un accompagnamento sonoro di sicuro effetto.
A questi momenti si alternano le parti più interattive, connesse alle suddette meccaniche di scansione dello scenario: nell’oscurità si nascondono mostri che seguono i nostri rumori e che dobbiamo evitare con approcci silenziosi, pena la morte istantanea e il caricamento dell’ultimo checkpoint. Ciascuno dei tre livelli presenta un tipo diverso di abominio, ognuno con una precisa tipologia di approccio: l’idea sarebbe stata valida di fronte a intelligenze artificiali ben studiate, ma purtroppo si scontra con comportamenti di scarsa varietà che tendono a lenire l’inquietudine del giocatore, inizialmente potente, anche per la tendenza dei nemici di presentarsi uno per volta. In definitiva non si tratta di un brutto gioco, soprattutto per chi ama farsi terrorizzare da urla agghiaccianti e una densa atmosfera; dispiace, però, per l’incapacità di irrobustire i dettagli intorno all’interessante idea di base.