Questa primavera sta segnando una svolta molto importante nella strategia di Oculus, ancora più chiara una volta che le offerte della principale concorrenza (PC, chiaramente) hanno preso corpo. Per quanto la spesa non sia comunque trascurabile, i 449 euro del prezzo di Oculus Rift S – e a maggior ragione i 399 dollari d’oltreoceano – segnano un distacco notevolissimo rispetto agli esborsi richiesti per HTC Vive Pro e Valve Index, delineando ancora meglio i capisaldi della nuova generazione di sistemi VR della compagnia: accessibilità del prezzo, comodità d’utilizzo ed eleganza delle soluzioni, con l’ultimo fattore connesso strettamente al secondo.
Questa primavera segna una svolta importante nella strategia di Oculus, in termini commerciali come di concept VR
QUADRO TECNICO
Iniziamo dalle dovute descrizioni tecniche, per poi lasciare spazio a un vero e proprio racconto dell’esperienza, dalla velocissima fase d’installazione alle prove sui giochi. I cambiamenti più evidenti vanno ricercati nella risoluzione e nel rilevamento di visore e Oculus Touch: il caschetto diventa il fulcro assoluto della rappresentazione in realtà virtuale, e così dei movimenti all’interno di essa, grazie a cinque sensori integrati che vanno a sostituire il rilevamento esterno, tracciando autonomamente e con buona fedeltà la posizione dei controller nello spazio; due sono collocati agli angoli inferiori del visore, uno nella scocca superiore e due in posizione frontale per svolgere anche la funzione di camere del “Pass-through”, l’affascinante sistema di rappresentazione dell’ambiente reale già visto in Oculus Quest, che fra poco tornerò a descrivere. Per essere indossato, il nuovo modello presenta una “corona” che ricorda in forma più leggera il design di PS VR, avvolgendo la testa in modo molto più comodo rispetto alle fasce sagomate del predecessore, con una semplice rotellina sul retro per regolarne la misura e un tasto sul bordo del visore per “sganciarlo” e variare la distanza in caso si usino gli occhiali (l’interasse delle lenti, invece, può essere settato via software, all’interno della dashboard).
Il visore diventa il fulcro assoluto della rappresentazione VR, grazie a cinque sensori integrati che vanno a sostituire il rilevamento esterno
Come per altri particolari, infine, la gestione dell’audio segue la stessa linea adottata per Oculus Quest, con speaker di buona qualità al posto delle cuffie integrate del primo Rift (per quanto non manchi, naturalmente, un ingresso standard per auricolari o headset); anche in questo caso lo sforzo è di coniugare il contenimento del costo produttivo – e così del prezzo al pubblico – con la ricercatezza della realizzazione, attraverso la sostanziale invisibilità dei dispositivi di riproduzione sonora che non rinunciano, però, all’audio posizionale. In tal senso, va tenuta presente la buona portabilità che caratterizza anche Oculus Rift S, pur se in diversa misura, complice il peso ancora più ridotto (563g) e l’assenza di accessori non strettamente necessari, capitanata dall’eliminazione del sensore-camera esterno. Chiaro che avrete bisogno di un notebook graficamente prestante, ma l’immediatezza della fruizione – di cui parleremo d’ora in avanti – aiuta ad inquadrare la nuova piattaforma VR di Oculus anche sotto quest’aspetto.
IL TEMPO DI UN TUFFO
Chi ha letto la recensione del modello Quest può quasi saltare a piè pari questa descrizione, salvo un particolare: nella fase di setup avrete bisogno di inserire due cavi – e due di numero, che si uniscono in uno dopo pochi centimetri – utilizzando un ingresso Display Port sulla GPU (un adattatore Mini DisplayPort è incluso) e una porta USB 3.0 sul PC, con l’immediato riconoscimento del visore da parte di Windows e del software di Oculus. Non c’è davvero bisogno di altro, i controller vengono subito associati e si può proseguire con il settaggio in realtà virtuale: il sistema Passthrough mostra l’ambiente circostante in bianco e nero, il livello del pavimento viene definito appoggiando un Oculus Touch a terra e con lo stesso strumento possiamo disegnare lo spazio di gioco, grande da circa 2*2 metri a quanto desiderate nei limiti della lunghezza del cavo (5 metri). Raggiunti i bordi comparirà la griglia del Guardian, con squarci bordati di rosso che si aprono durante il ritorno alla realtà digitalizzata del Passthrough.
La collocazione sul mercato ha richiesto diverse attenzioni in fase di design e progettazione tecnica
IN GIOCO
Gli ultimi paragrafi sono quasi un orpello, giusto perché non mi sarei mai fatto mancare la parte più deliziosa, che rimane pur sempre la prova dei giochi, al di là dell’obbligo di ricordarvi che Oculus Rift S non fa a meno del cavo di collegamento al PC, di gran lunga la decisione più importante per abbattere il costo rispetto alla presenza di un sistema di trasmissione debitamente prestante. Insieme alla citata ampiezza della visuale si tratta di una delle questioni che la consumer VR dovrà porsi nei prossimi anni, e che molti hanno sperato si risolvesse in questa seconda generazione; considerati i prezzi e una delle feature di Quest, capace di trasmettere su dispositivi mobili le immagini visualizzate all’interno del visore, Oculus potrebbe essere più vicina a una soluzione “ibrida” wireless che non comporti per l’acquisto la vendita di un rene, anche se solo le mosse future potranno avvalorare o meno una simile supposizione.
I requisiti non sono poi elevati, e una macchina con 1080 Ti sotto il cofano ha permesso l’upscaling della risoluzione in diversi titoli
Va anche sottolineato come l’alimentazione dei controller con normale pile AA sembri durare davvero parecchio, non essendo mai scesa sotto il 100% in diversi giorni, e che il motivo principale per cui mi sono espresso positivamente sull’audio integrato è proprio la prova dei giochi, dove mi sono sentito avvolto da un realistico sonoro senza bisogno d’altro. Il voto rimane quasi lo stesso del modello Quest, semplicemente perché Oculus Rift S nuota nella stessa direzione rivolgendosi, però, a nuovi e vecchi adepti PCisti della VR.