Con Terminator: Resistance sembra di tornare a cavallo tra gli anni ’90 e la prima decade del 2000, quando all’uscita al cinema di un determinato film si proponevano tanti e diversi tie-in ad accompagnare l’esperienza cinematografica. La storia ha voluto che gran parte di questi titoli finisse per avare un riscontro negativo, tranne qualche sporadica eccezione.
Considerata la presenza di Terminator: Destino Oscuro nelle sale, al di là del valore di quest’ultimo, il gioco ha scelto con cura la finestra d’uscita. Nonostante ciò, è bene togliersi subito il dente, scrivendo a chiare lettere che Terminator: Resistance è lontano dall’essere un ottimo gioco, anche se si tratta di un considerevole passo in avanti per i ragazzi di Teyon; esatto, proprio loro, gli sviluppatori del tanto discusso, e sostanzialmente tremendo, Rambo: The videogame.
IL GIORNO DEL GIUDIZIO
Produzioni come Terminator: Resistance sono ottimi esempi per case studies futuri: come è possibile spendere così tante risorse per ottenere le licenze di simili franchise, per poi mostrare un’inspiegabile pigrizia in fase di progettazione del gioco? Domande che difficilmente troveranno risposta, se non quella che potremmo trovare noi mouse alla mano, in sede di prova.
Considerata la presenza di Destino Oscuro nelle sale, Terminator Resistence ha scelto con cura la finestra d’uscita
Va detto, per iniziare a motivare le critiche, che il level design si rivela praticamente inesistente, con i diversi scenari composti di aree esplorabili piuttosto grandi ma anche terribilmente vuote, accanto alla solita manciata di nemici. Ci sono poi fabbriche, ospedali, basi militari e altri edifici da percorrere da cima a fondo, nei quali saremo costretti ad assistere a continui ricicli di asset, dando la sensazione costante di essere sempre nello stesso luogo, per quanto i capitoli narrativi continuino a progredire numericamente. Arrivati a una manciata di ore, quando avremo appreso ogni meccanica, compreso un abbozzato sistema di crafting con le cianfrusaglie trovate in giro, Terminator: Resistance si lascia andare in una strada in discesa, senza veri ostacoli, riproponendo all’infinito una sequela di azioni che non si discostano dal semplicistico obiettivo di muoversi da un punto A a un punto B, abbattendo nel mezzo ogni sorta di nemico.
I’LL BE BACK
Preso nel suo pacchetto completo, Terminator: Resistance riesce comunque riesce a restituire qualche buona sensazione, in particolare con il gunplay; niente di originale o sofisticato, si tratta di un sistema basilare che infonde soddisfazione quando abbattiamo un nemico, magari armati di fucili speciali con cui distruggere finalmente i famigerati T-800, per poi depredare le loro carcasse in cerca di materiali.
Gli scenari riciclano continuamente asset, mentre caratteristiche come crafting e sistema di crescita sono appena abbozzate
Accanto a meccaniche di gioco fin troppo banali e scontate, troviamo un comparto grafico che sembra provenire dal passato, vecchio almeno di una generazione. Certo, se mettiamo Terminator Resistence a confronto con altri titoli dello studio, Rambo: The Videogame ma anche i due terribili Heavy Fire, il passo in avanti è ben evidente, ma non abbastanza per giustificare l’acquisto del gioco o esprimere una lode al lavoro fatto.
Terminator: Resistance è un titolo complessivamente mediocre, farcito di tante meccaniche sempre puntellate e mai approfondite, che lo catapultano in quel limbo di giochi che procedono su binari automatizzati, non restituendo mai una sfida appagante o sussulti emozionali. Il prezzo da tripla A, inoltre, rende l’operazione meno accessibile anche solo per soddisfare un naturale senso di curiosità verso il titolo e il franchise a cui fa riferimento.