The 25th Ward: The Silver Case - Recensione

PC PS4

Goichi Suda, in origine, faceva l’impresario di pompe funebri, prima di proporsi come programmatore presso Human in seguito a un’inserzione trovata su un giornale e iniziare così la sua carriera nel mondo dei videogiochi. In realtà, fu sua moglie a insistere e telefonare alla casa di Fire Pro Wrestling per conto di Goichi, ma reggetemi il gioco. Sarà per questo che la morte (così come il puroresu, ovvero il wrestling professionistico praticato in Giappone) si conferma una tematica tanto forte e ricorrente nelle sue opere, e The 25th Ward: The Silver Case – giallo ambientato nel venticinquesimo, nonché ucronico distretto nella regione del Kanto – non fa eccezione.

PASSATO E PRESENTE

Tre differenti storie si intrecciano nella stessa vicenda macchiata di sangue e violenza, in una visual novel che si prende la briga di recuperare dalla tomba The 25th Ward, seguito di quel The Siver Case che rappresentò l’esordio dell’etichetta Grasshopper Manufacture nel colorito mondo dei videogiochi, e che fu pubblicato da ASCII Entertainment nel 1999.The 25th Ward The Silver Case immagine PC PS4 07Mentre The Silver Case vide la luce su una piattaforma popolarissima come la PSX, The 25th Ward ebbe un destino assai differente, pubblicato nel 2005 come gioco episodico su cellulari nipponici, uno standard oramai irrecuperabile, neppure sotto emulazione. Questo remake adattato in inglese (niente italiano, occhio!) da NIS America rappresenta dunque il recupero più unico che raro di un vero e proprio gioco fantasma strappato dall’oblio del tempo, nonché il debutto come sviluppatore di Nobutaka Ichiki.

L’impressione è quella di essere meri spettatori in un giallo peraltro discretamente affascinante

Alla prova dei fatti, The 25th Ward: The Silver Case è però un’esperienza piuttosto dura da digerire, estremamente verbosa, lenta nella narrazione e prodiga di disorientanti nomi propri, desinati a essere confusi in un attimo, persi in un torrente di parole scandite dalla monotona battitura della macchina da scrivere virtuale che ci accompagnerà per tutta l’avventura, un effetto sonoro che oramai sogno addirittura la notte. Si tratta peraltro di un titolo minimalista nella rappresentazione grafica, un fattore voluto ai tempi di The Silver Case per conferire un look distintivo al prodotto, una libertà che Goichi non poteva permettersi al soldo di Human. Questo, unito alla logorroica narrazione e a una palette dalle tinte chiare decisamente monotona, rende l’esperienza potenzialmente soporifera. Non sto usando eufemismi: una volta mi sono davvero addormentato davanti al gioco, pad alla mano!

KILL THE DEATH

La colpa è (in parte, sia chiaro) imputabile alla mia avversione per il genere delle visual novel, ma sul piatto vanno messe senza redenzione un’interazione ridotta all’osso, una navigazione in prima persona letargica che avviene tramite enormi e scomodi pulsantoni (scelta obbligatoria sui vecchi cellulari, ma su PS4 sarebbe davvero stato opportuno pensionarli in favore dell’analogico) e un’interfaccia macchinosa.The 25th Ward The Silver Case immagine PC PS4 15

la narrazione logorroica e la palette monotona rendono l’esperienza potenzialmente soporifera

L’enfasi sul racconto è prerogativa fondamentale delle visual novel, ciononostante non riesco a mettere da parte l’antipatia per alcune meccaniche, come l’uso di uno scomodo dado a più facce (l’interfaccia di cui sopra) per decidere l’azione da intraprendere o inserire password, oppure la testardaggine a senso unico del gioco, che impone l’andamento della vicenda obbligando il giocatore a esaurire le opzioni al momento disponibili (parla con tutti, controlla tutto) prima di andare avanti. L’impressione è dunque quella di essere meri spettatori in un giallo – peraltro discretamente affascinante, questo va detto – che chiede di scendere davvero a troppi compromessi per essere pienamente apprezzato. Spiacente, ma sul piano del coinvolgimento emotivo The 25th Ward: The Silver Case non è Policenauts.

Come opera d’archeologia digitale, The 25th Ward: The Silver Case fa centro, rendendo disponibile un gioco condannato altrimenti a scomparire per sempre. Come videogioco in sé, lo spettro dal passato di Grasshopper Manufacture offre una vicenda discretamente appassionante popolata da personaggi tanto strambi quanto intriganti, ma al prezzo di una lentezza e di una macchinosità non alla portata di tutti, neppure dei fan più convinti di Goichi Suda.

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Pro

  • La trama e i personaggi portano chiaramente il marchio di Suda51.

Contro

  • Lento, verboso, antiquato e macchinoso, nonostante il remake.
  • Solo in inglese.
5.8

Insufficiente

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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