The Division 2 - Recensione

PC PS4 Xbox One

Qualcuno c’è finalmente riuscito. Qualcuno ha saputo fare tesoro degli errori del passato senza buttare alle ortiche i feedback di milioni di giocatori. Quel qualcuno è Massive Entertainment. Dopo aver trascorso una decina di giorni sui server di Tom Clancy’s The Division 2, con oltre quaranta ore di gioco all’attivo, posso finalmente affermare con certezza che il videogioco confezionato dallo studio svedese rappresenta la migliore esperienza possibile offerta da un cosiddetto “looter shooter” al lancio.

Imparando dai passi falsi commessi qualche anno fa in occasione della pubblicazione del primo esponente della serie, il team nordico controllato da Ubisoft ha voluto fornire agli utenti un prodotto completo a tutto tondo sin dal primo momento. A stupire non è comunque solo la quantità di contenuti offerti, ma anche la loro qualità complessiva, che dà forma a un’esperienza ludica capace di tenere incollati allo schermo per tantissimo tempo, almeno fino all’arrivo dei primi contenuti aggiuntivi post-lancio, rigorosamente gratuiti.

VELENO VERDE

Va però precisato che è sbagliato attendersi un gioco completamente diverso dal primo The Division. Questo sequel, infatti, punta soprattutto a perfezionare una formula di gioco già ampiamente collaudata, introducendo tante piccole novità, senza mai dimenticarsi di ritoccare alcuni aspetti fondamentali del sistema di combattimento e della progressione del personaggio. A tal proposito, a risaltare immediatamente è la rinnovata profondità tattica degli scontri a fuoco. Ai giocatori viene offerto un ventaglio di personalizzazioni piuttosto ampio che comprende ben otto tipologie di abilità attive sotto forma di gadget tecnologici, laddove i nemici puntano spesso a mettere in atto tattiche credibili in base alla fazione di appartenenza e al loro ruolo bellico.

Questo sequel punta soprattutto a perfezionare una formula di gioco già ampiamente collaudata

Proprio le tre fazioni rappresentano uno dei principali punti di forza delle sparatorie di The Division 2, questo perché sono tutte caratterizzate in maniera univoca. Abbiamo le Iene, per esempio, che non sono altro che dei teppisti allo sbando, dei banali predoni che si muovono in maniera imprevedibile sul campo di battaglia, spesso caricando a testa bassa per creare scompiglio tra i ranghi della Divisione. Di tutt’altra pasta i True Sons, un’organizzazione paramilitare i cui membri mettono in atto tattiche di aggiramento coordinate per sorprenderci sui fianchi scoperti. Infine i Reietti, dei fanatici che utilizzano armi incendiarie per stanare gli agenti e costringerli ad abbandonare le coperture. Vi è però una quarta fazione, i Black Tusk, armata di tutto punto e dotata di mezzi robotizzati, ma questa inizierà a popolare la mappa di gioco solamente dopo aver raggiunto l’endgame. Inutile dire che è essenziale variare dinamicamente il proprio approccio agli scontri in base alla tipologia di nemici da affrontare, questo perché raramente un determinato mix di equipaggiamento e abilità si rivela adatto a tutte le occasioni. Per questo è possibile impostare più loadout per cambiare al volo l’assetto del proprio personaggio ed essere sempre pronti a ogni evenienza.

RUN FOR COVER

Un approccio del genere ha fatto sì che le sparatorie non si risolvano più vomitando piombo su nemici in grado di assorbire pallottole come spugne, bensì forzando i giocatori a porre in essere tattiche elaborate. Ciò è possibile soprattutto perché bastano pochi colpi per eliminare la maggior parte degli avversari, fatta eccezione per alcuni dei boss più coriacei, rendendo di fatto gli scontri a fuoco molto più dinamici e soddisfacenti, questo perché gli agenti della Divisione sono spinti non solo a muoversi continuamente attraverso le arene per evitare il rischio di essere aggirati, ma anche a collaborare tra loro in caso si faccia parte di un team di più giocatori.

le mod permettono di personalizzare ulteriormente l’equipaggiamento

Ottimi anche il gunplay e il feeling delle armi, grazie alla risposta verosimile del rinculo e all’impatto delle numerosissime modifiche che è possibile applicare a ogni singolo strumento di morte recuperato in giro per la capitale. Proprio le mod permettono di personalizzare ulteriormente l’equipaggiamento, arrivando in alcuni casi ad alterare radicalmente il funzionamento delle armi e dei gadget tecnologici. Non mancano nemmeno modifiche passive da applicare a corazze e armature, con bonus casuali di vario tipo che hanno effetti a cascata su più aspetti del proprio personaggio.

DA SOLI O IN COMPAGNIA

La particolarità di The Division 2 risiede comunque nella possibilità di affrontare l’intera esperienza in solitaria. Il gioco è perfettamente godibile sia in single player (sempre costantemente connessi ai server), sia da un gruppo affiatato di quattro amici. Inoltre, è presente una comodissima funzione di matchmaking per quasi tutte le attività ludiche: basta semplicemente dirigersi verso un terminale presente in uno dei tanti rifugi disseminati su tutta Washington D.C. per trovare un team a cui unirsi. Le attività, poi, sono così tante che vi è davvero l’imbarazzo della scelta: tra missioni secondarie, assalti agli accampamenti e alle roccaforti nemiche, eventi casuali, missioni storia (da rigiocare in modalità “remixata” dopo la conclusione delle vicende e l’arrivo dei Black Tusk), Zone Nere e PvP. Ecco, proprio il PvP rappresenta l’anello debole di tutto il menu dal momento che risulta davvero poco entusiasmante e coinvolgente. Non lasciatevi ingannare, comunque: il fulcro dell’esperienza di The Division 2 continua a risiedere nel PvE, e su questo versante c’è davvero poco di cui lamentarsi, soprattutto in ottica endgame. Il rischio di non avere nulla da fare una volta completata la campagna non esiste, ciò è dovuto non solo a una struttura dinamica della mappa – sulla quale le varie fazioni daranno vita a una vera e propria guerra per il controllo del territorio – ma anche grazie al rinnovato peso delle Zone Nere nell’economia del gioco e nella raccolta del loot. Per non parlare della presenza di ben tre specializzazioni, ognuna con un proprio skill tree dedicato, da sbloccare una volta raggiunto il level cap.

è presente una comodissima funzione di matchmaking per quasi tutte le attività ludiche

Una delle critiche che mi sento di muovere, ma in un titolo del genere costituisce senz’altro una sbavatura di poco conto, riguarda una trama particolarmente banale che rappresenta un semplicissimo pretesto per menare le mani. Di tutt’altro calibro, invece, la caratterizzazione dell’ambientazione: Washington D.C. è l’assoluta protagonista di The Division 2, con gli insediamenti civili che si ergono a ultimi baluardi di una società ormai collassata su sé stessa, le bande criminali che si scontrano per il controllo di minuscoli fazzoletti di terra, le squadre di gente comune impegnate a raccogliere risorse per gli accampamenti, un tipo di narrazione emergente e ambientale che risponde dinamicamente alla presenza dei giocatori andando a creare tante piccole storie in grado di raccontare la quotidianità in un setting post-apocalittico.

CAPITALE A SINGHIOZZO

Ciò di cui The Division 2 avrebbe davvero bisogno, però, è una ripassata al codice, che su PC tradisce una scarsa ottimizzazione. Siamo ben lontani da un prodotto ingiocabile, ma al momento sono presenti alcune criticità di non poco conto. Stando ai requisiti diffusi da Massive e Ubisoft, l’hardware su cui è stata svolta la prova avrebbe dovuto far girare il gioco senza problemi in Full HD a 60fps impostando il grado di dettaglio predefinito sul livello “Alto”; tuttavia, ho assistito a frequenti fenomeni di stuttering, i quali persistono anche riducendo le impostazioni grafiche, segno che evidentemente serviranno alcune patch correttive per aggiustare il tiro e garantire un’esperienza quanto più fluida possibile. Questi micro-scatti risultano tutto sommato trascurabili nelle fasi esplorative, ma danno non poco fastidio in caso si verifichino nel bel mezzo di uno scontro a fuoco.

serviranno alcune patch correttive per aggiustare il tiro e garantire un’esperienza quanto più fluida possibile

Detto questo, la resa visiva complessiva fornisce un colpo d’occhio di tutto rispetto, merito delle ambientazioni curate sin nei minimi dettagli, di effetti di luce e particellari credibili, e di animazioni estremamente fluide. Anche il comparto audio è di primo piano, con gli effetti sonori delle armi in grado di avvolgere il giocatore nell’azione, un doppiaggio completo in lingua italiana abbastanza soddisfacente (nonostante qualche errore di traduzione), e una serie di tracce musicali elettroniche sempre puntuali nello scandire ogni singolo momento del gioco.

Definire Tom Clancy’s The Division 2 un “more of the same” è senz’altro ingiusto, tuttavia è pur vero che le innovazioni introdotte da Massive Entertainment sono sì numerose, ma vanno comunque a innestarsi sulla già collaudata formula ludica della precedente incarnazione della serie. Rispetto al suo diretto predecessore, l’ultima fatica dello studio svedese offre già al day one una mole di contenuti di tutto rispetto, con una qualità complessiva già molto elevata che non potrà far altro che crescere durante tutto l’Anno 1. Le uniche note stonate riguardano una trama solamente abbozzata e un’ottimizzazione su PC da rivedere. Siamo comunque di fronte a un ottimo esponente dei “looter shooter”, sicuramente quello che al lancio si presenta nella forma più completa possibile.

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Pro

  • Le sparatorie hanno assunto una rinnovata dimensione tattica.
  • Tantissimi contenuti di qualità, anche in ottica endgame.
  • Buono l’accento sulla narrazione emergente e ambientale.
  • Washington D.C. è la vera protagonista del gioco.

Contro

  • Trama sostanzialmente inesistente.
  • Ottimizzazione su PC da rivedere.
  • PvP inconsistente.
  • Qualche errore di traduzione qua e là.
8.8

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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