Nato come un progetto da coltivare nel tempo libero (avete letto l’intervista a Improx nel numero scorso di TGM?!), ora The Last Cube è un gioco vero: un buon puzzle game che conosce i suoi punti forti.
Sviluppatore / Publisher: Improx Games / Improx Games Prezzo: 16,79€ Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 3 Disponibile Su: PC (Steam), PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S, Nintendo Switch Data di Lancio: Già disponibile
Nonostante un’accoglienza critica poco calorosa, ho sempre apprezzato la schiettezza di Snakes on a Plane. Cosa c’entra un vecchio film di Samuel L. Jackson con The Last Cube, il gioco che sto recensendo in questa pagina? Qualche riga e ci arrivo, promesso. Dicevo, ho sempre apprezzato Snakes on a Plane perché senza voler fare troppi giri di parole, riassume tutto il suo concept, forse l’intera trama, nel titolo: ci sono dei serpenti su un aereo. Stop.
La sua capacità di andare dritto al sodo è innegabile: dopo dieci minuti, quel che ci si aspetta che succeda sta già succedendo. Da lì in poi ogni scena prova semplicemente ad alzare un po’ l’asticella del tema “attacchi di serpenti a passeggeri di un aereo”. In fondo non c’è altro, ma è tutto ciò che il film promette e tutto ciò che lo spettatore si aspetta. Una formula che fa contenti tutti. Improx Games con The Last Cube fa esattamente la stessa cosa.
THE LAST CUBE VA DRITTO AL PUNTO
Forse il titolo del gioco di Improx Games è meno diretto rispetto a quello del film di David R. Ellis (anche se…), ma non è meno esplicito nei suoi intenti. The Last Cube è un puzzle game su un cubo che può muoversi rotolando su piani reticolati. Finito, punto, tutto qui, non c’è altro dall’inizio alla fine. Nessun tentativo di allungare il brodo, nessuna ambizione metanarrativa, niente nuove meccaniche aggiunte sul finale: The Last Cube è questo, dall’inizio alla fine. Finché ci sono idee, il gioco propone nuovi livelli, quando le idee si esauriscono, il sipario cala e si va tutti a casa. Mica poco.
Lo spunto di partenza è quello di un cubo senziente, l’ultimo della sua specie (e qui ecco il rimando al titolo), impegnato nel disperato tentativo di salvare il futuro dei cubi. Premettendo che non accetto domande sui metodi riproduttivi dei cubi, il suo sforzo passa (letteralmente) attraverso una serie di livelli da completare grazie alle abilità garantite dagli sticker. Questi ultimi sono simboli presenti sul suolo che possono essere impressi sul cubo passandoci sopra: per usare la specifica abilità invece è necessario che la faccia impressa con lo sticker sia rivolta verso l’alto. Il primo sticker in cui ci si imbatte, quello blu, consente di ruotare il cubo sul posto. In breve si ottiene poi un altro sticker giallo il quale consente al cubo di eseguire un sprint di cinque caselle sulla griglia. La loro combinazione è la prima meccanica da padroneggiare nei primissimi livelli per superare gli ostacoli basici che accolgono il giocatore a inizio avventura, rappresentati per lo più da strettoie e passaggi obbligati attraverso delle caselle che spogliano il cubo di ogni potere acquisito fino a quel momento.
CI VUOLE ANCHE UN PO’ DI CUBO
Così come Snakes on Plane dopo aver presentato la singola idea su cui poggia la pellicola si impegnava a declinarla in modi sempre più ingegnosi ed esaltanti, allo stesso modo The Last Cube aderisce fino alla fine al suo set base di regole, impegnandosi a presentare livelli più impegnativi, in cui ai classici interruttori si aggiungono laser e altri ostacoli, oltre a qualche nuovo potere. Nel tempo la comparsa di nuovi sticker consente al cubo di creare delle scale per discendere i dislivelli, generare dei cloni controllabili, teleportarsi o muoversi su uno dei suoi apici, quasi in punta di piedi insomma. Ovviamente la conquista di nuovi poteri alza di una tacca il livello della sfida, richiedendo combinazioni sempre più elaborate di spostamenti e poteri per raggiungere la fine del livello.
PARTE DEL DIVERTIMENTO RISIEDE NELLO SFORZO DI PENSARE TRIDIMENSIONALMENTE E A SEI FACCE
Perfettamente in linea con tutto il resto dell’esperienza, anche il comparto tecnico di The Last Cube non cerca mai di andare oltre le proprie possibilità, dimostrando in questa occasione un altrettanto ottimo senso della misura, considerando che per lungo tempo la sua lavorazione è stata un’attività dopo-lavoro per il team (potete scoprire di più in merito nell’intervista al team su The Games Machine #388). Pur senza asset di altissima qualità, Improx è riuscita ad allestire ambienti più che piacevoli puntando sulle suggestioni, ottenute grazie a un uso accorto dei colori che vanno ad accompagnarsi ai temi musicali realizzati ad hoc per sottolineare e valorizzare le atmosfere di ciascun mondo. A completare questo sfumato contesto narrativo ci pensano i piccoli pezzi di lore sparsi per il gioco, sbloccabili attraverso la raccolta di cubetti bonus, che riescono ad aggiungere un piacevole livello di profondità per chi fosse interessato.
In Breve: Pur con tutti i suoi limiti, The Last Cube si impegna a fare una cosa, semplicemente una cosa sola e riesce nel suo intento senza ombra di dubbio. Si tratta di un solido puzzle game che sa rinnovare di livello in livello le sue meccaniche e fermarsi quando non ha più nulla da dire o idee da presentare. Nei suoi cinque mondi però la sfida rimane sempre su un buon livello e persino la sua meccanica base rappresenta di per sé uno stimolo. La realizzazione tecnica è un po’ il suo punto debole, ma vista la dimensione del team si può chiudere un occhio.
Piattaforma di Prova: Xbox Series X
Com’è, Come Gira: Su Series X, The Last Cube frulla liscio senza esitazioni: è più suggestivo, che bello a vedersi, ma molto fluido. Sulle versioni meno potenti della console Microsoft invece qualche istante di lag nei caricamento nascosti si avverte.