Da fiero possessore di Playstation ho sempre bullizzato un pochino gli utenti PC flexando The Last of Us. Ora la miglior versione del gioco arriva proprio su Windows, sancita anche dall’analisi tecnica del mio amico Paolone.
Sviluppatore / Publisher: Naughty Dog / Playstation PC Prezzo: € 59.99 Localizzazione: Assente Completa Multiplayer: Competitivo online / Cooperativo online PEGI: 18+ Disponibile su: PC (Steam, Epic Games Store), PS5 Data di uscita: Già disponibile
Alla fine è arrivato. Su di lui ci siamo già espressi in sede tecnica e il nostro Mario Baccigalupi ha realizzato una live con un lungo, stabile, footage di gameplay. A quasi dieci anni dalla sua prima apparizione videoludica, la magnum opus di Naughty Dog giunge su PC grazie a PlayStation PC nella sua forma più smagliante e completa nonostante qualche clamorosa – letteralmente, per il rumore che l’ha circondata – incertezza tecnica al day one. E partiamo a raccontare l’esperienza vissuta a fianco dei protagonisti proprio da quel maledetto giorno di lancio, in cui sembrava che il sogno naufragasse prima ancora di prendere forma. L’importante attesa durante l’elaborazione degli shader. Il crash improvviso dopo alcuni minuti di gioco. Poi il riavvio, e la nuova importante attesa.
Gli occhi puntati sul monitor e contemporaneamente altrove, ovunque ma non sullo schermo, come durante il calcio di rigore decisivo della finale dei mondiali di calcio, quando non vuoi perderti nemmeno un fotogramma ma allo stesso tempo non vuoi vedere nulla, aspettando il boato di gioia o disappunto della folla. O il ritorno al desktop. The Last of Us Part I per me è stato anche questo, ma soprattutto è stata un’esperienza scevra da qualsiasi problema di performance dopo quella prima, unica défaillance.
Dopo una lunga generazione degli shader e un crash con conseguente lunga rigenerazione, tutto è filato liscio
THE LAST OF US PART I, UN GIOCO NUOVO
Ha senso parlare di “remake” se l’originale non è mai stato disponibile? Direi di no, sarebbe come entrare al ristorante, sedersi, e chiedere il bis. Il bis di cosa? Non hai mangiato nulla. Quindi lasciatemi prendere il guanto di Thanos per vaporizzare in uno snap le polemiche, di cui non mi importa discuterne la fondatezza, nate al lancio su PS5, e concentriamoci sulla versione PC, chiarendo che nessuno sta vendendo la reskin di un gioco di dieci anni fa. Siamo di fronte a un videogame nuovo, moderno sotto tutti i punti di vista, al passo con i tempi e in alcuni casi anche un paio di step oltre, basato su un plot, questo sì, non nuovo, ma è importante quest’ultimo dettaglio? Moltissime opere letterarie hanno goduto di trasposizioni su altri medium molto tempo dopo la loro prima scrittura. Compreso nell’offerta c’è anche Left Behind, prequel a suo tempo distribuito come DLC in cui possiamo giocare con l’intrepida Ellie.
Il primo segnale che The Last of Us Part I è un gioco al passo con i tempi è l’attenzione rivolta all’accessibilità, con decine di opzioni per personalizzare il gameplay venendo incontro a tutte le esigenze, oltre a numerosi parametri di difficoltà di calibrare nei minimi dettagli. Vi consiglio però di giocare con il più alto grado di sfida possibile: io per esigenze editoriali sono partito con i settaggi predefiniti, e mi sono talmente immedesimato nell’avventura che a volte ho trovato ingiusto non perire miseramente nonostante avessi compiuto errori imperdonabili, quali mancare un headshot o finire come uno sprovveduto nel raggio d’azione di un infetto. I checkpoint sono frequentissimi, come minimo ne beneficerete di uno alla fine di ogni scontro, quindi osate e lasciate che vi sudi la fronte quando vi rimangono due nemici da eliminare e un solo proiettile. Per i più temerari è prevista la permadeath.
GALEOTTO FU IL FUNGO
La storia è la classica dei disaster movie: il mondo finisce e i pochi sopravvissuti fanno schifo. Come tutti sappiamo, il ruolo principale dei funghi, oltre a condire risotti o complicare il quadro clinico di incauti raccoglitori, è quello di fungere. Si chiamano funghi proprio perché fungono. E in The Last of Us Part I infatti fungono da vettore per un’infezione che colpisce l’uomo provocando inizialmente sintomi paragonabili a quelli della rabbia elevati al cubo, per poi progredire scatenando mutazioni che rende i soggetti, già estremamente aggressivi, anche eccezionalmente forti e resistenti.
Doveva essere una consegna lampo, ma il viaggio di Joel e Ellie durerà un anno, e le loro vite si legheranno indissolubilmente
Finché un giorno si trova a dover far uscire dalla città una merce particolare: la quattordicenne Ellie, un’adolescente speciale, poiché apparentemente immune al virus come testimoniano i segni di un morso sul suo braccio e la completa assenza di sintomi. Quello che sembrava un lavoretto di poche ore si trasforma in un’odissea lunga quattro stagioni, durante la quale i due protagonisti stabiliscono un legame indissolubile, fino al meraviglioso epilogo.
MEGLIO UN APPROCCIO STEALTH O ZPAKKATUTTO?
Si attraversa un’America in ginocchio, costellata da ferite mai rimarginate. Le grandi città sono deserti di cemento abbandonati in fretta e furia, mentre le casette fuori del centro hanno porte e finestre sbarrate con materiali di fortuna a testimoniare l’inutile tentativo di barricarsi. Lungo il cammino nessuno è amico. Non lo è l’esercito del regime instauratosi che applica la legge marziale, non lo sono i sopravvissuti organizzati in bande che depredano e uccidono poveri viandanti chiamati cinicamente “turisti”, forse non hanno buone intenzioni nemmeno i membri delle Luci, milizia ribelle che ci ha incaricato di scortare Ellie.
L’approccio stealth è consigliato tanto quanto quello da demolition man, occhio però che le munizioni scarseggiano
Tutti i personaggi con i quali interagiamo per più di venti secondi sono meravigliosamente caratterizzati secondo i cliché delle produzioni apocalittiche, dall’eroina che si sacrifica per il gruppo al lupo solitario con il quale è meglio tenere a freno la lingua, anche se la star è Ellie, che avremo anche il piacere di controllare durante il rigido inverno. I combattimenti sono sempre emozionanti e sul filo del rasoio grazie all’AI che muove i personaggi in maniera realistica ed organizzata, con nemici che cooperano per accerchiarci, compagni di squadra che ci coprono le spalle – in un paio di occasioni Ellie mi ha letteralmente salvato la vita – e infetti che attaccano a casaccio a causa dei due soli neuroni rimasti funzionanti, ma anche loro comandati come si deve. Segnalo solo qualche sporadico comportamento anomalo, soprattutto da parte degli avversari umani che a volte sono veramente troppo miopi, inoltre i nostri alleati in alcune situazioni cercano riparo anche se non c’è nessun pericolo nell’aria.
AH, QUESTI LI CHIAMI “POTENZIAMENTI”
Decisamente sottotono invece la gestione del potenziamento delle armi, tramite i consueti banchi di lavoro situati in luoghi più o meno accessibili. Si possono aumentare solo le statistiche canoniche quali numero di colpi, velocità di caricamento e oscillazione del mirino. Probabilmente è una scelta di gameplay per rimanere nella sfera del realismo, ma mi sarebbe piaciuto sbizzarrirmi un po’ di più. Idem per le modifiche da apportare a spranghe e bastoni: la letteratura Zombie è piena di esempi creativi, da videogame come Dead Rising e l’imminente Dead Island 2 a serie del calibro di Z Nation, ma nulla è stato attinto da queste produzioni e in generale non si va oltre alle mazze chiodate.
E già che parliamo di upgrade, è tempo di lamentarsi anche della crescita delle skill, sbloccabili raccogliendo integratori, che prevede solo il classico aumento dei punti vita e di alcune abilità senza nemmeno una struttura ad albero. Chiaro anche qui l’intento di non permettere di cominciare con Average Joe e finire con John Rambo, ma siamo pur sempre in un videogame. Mal calibrato infine il perk per bloccare gli attacchi dei Clicker, dal costo tale che ve lo potrete permettere solo dopo aver già trovato fucili in grado di abbatterli in un colpo solo.
IL MIO “MIN” È IL VOSTRO “ULTRA”
Dopo lo sgomento iniziale di dover settare quasi tutto al minimo, mi sono accorto che The Last of Us Part I è modesto, non certo nei requisiti hardware bensì nell’assegnare i nomi alle configurazioni. Il MIN che selezionerete in varie voci corrisponde all’HIGH o anche più di altri titoli del genere, con giochi di luce, modelli, texture e riflessi che creano ambientazioni da cartolina, e posso solo immaginare cosa uscirà dal Photo Mode dei fotografi virtuali in grado di spingere il dettaglio al livello massimo. Peraltro, come indicato nel box finale e nel pezzo di Paolo Besser, è possibile spingere fino a MAX varie voci senza ripercussioni troppo pesanti sul framerate, a fronte di una stabilità che, nel mio caso, ha visto un solo crash in tutta l’esperienza. Buono anche il doppiaggio in italiano, con un engine per i sottotitoli che supera molti media player professionali in circolazione.
La dozzina abbondante di ore necessarie per arrivare ai titoli di coda è priva di qualsiasi stratagemma per allungare il brodo. Non si grinda ma ci si può perdere negli infiniti dettagli. A me ad esempio è capitato di fermarmi per osservare, proprio nei primi minuti del gioco, i militari che controllavano lo stato di salute della popolazione, eliminando i positivi. Non credo basteranno due run a vedere tutto ciò che è stato incluso in questa spettacolare produzione, atto a rendere il mondo di gioco un ambiente vivo, concetto piuttosto ironico data la trama.
Non fatevi ingannare dalle scritte “Min” sulle opzioni grafiche: in molti casi equivalgono alle “high” di altri giochi AAA
In Breve: The Last of Us Part I è un capolavoro di giocabilità con una storia degna di Hollywood, capace di tenere incollato al monitor chiunque, facendolo immedesimare nei personaggi. Graficamente superbo, permette un approccio stealth o action a seconda del gameplay che ognuno deciderà di adottare. La natura story driven del gioco rende la progressione molto lineare, ma non ho mai sentito la necessità di bivi o side quest, poiché tutta la mia attenzione era focalizzata sugli eventi in corso. Sicuramente la miglior trasposizione delle avventure di Joel e Ellie, con alcuni disagi tecnici della prima ora che stanno venendo rapidamente risolti.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: AMD Ryzen 9 6900HS, 16GB di RAM, GeForce RTX 3080, SSD
Com’è, Come Gira: Dopo quasi un’ora per generare gli shader, mi sono state consigliate le opzioni grafiche di poco sopra il minimo, che comunque sono ricchissime di dettagli ed effetti. In questo senso, devo anche segnalare l’esperienza di altri redattori di TGM, tra cui il l’esimio Paolo Besser, che hanno ottenuti prestazioni più che buone anche stressando maggiormente la GPU, con molte opzioni al massimo e il superamento del limite di memoria video segnalato dal gioco. Caricamenti abbastanza lunghi, ma fortunatamente quando si muore si può ripartire in una manciata di secondi.