The Thin Silence - Recensione

PC

Pepole sometimes just don’t cope. Questa frase è bellissima: mi è rimasta impressa e, a mio avviso, è una verità semplice, anche banale, eppure importante. Tutti noi, a volte, falliamo, veniamo sopraffatti da qualcosa di più grande e ci sentiamo schiacciati dalla responsabilità delle nostre azioni. Per qualcuno, come Ezra Westmark, protagonista di The Thin Silence, è più difficile venire a patti con se stesso, assolversi, o semplicemente riuscire a trovare un modo per uscirne. Il percorso può essere lungo, ma parte sempre dall’accettazione dei problemi e delle debolezze. La storia raccontata dal duo australiano Two PM è esattamente questo: un viaggio metaforico di risalita, dal buio alla luce, dall’isolamento alla consapevolezza.

OGGI FAI LA RIVOLUZIONE…

Ben Follington e Ricky James, nel 2012, hanno iniziato a pensare a The Thin Silence come un ambizioso progetto di serious gaming, basato sull’esplorazione e il crafting. Con il tempo, tuttavia, hanno deciso di trasformare la loro idea in qualcosa di più intimo: ispirati da titoli come LIMBO, hanno preferito incentrare l’esperienza sulla narrazione, conservando però del concept originale il viaggio e la necessità di fabbricare alcuni oggetti per risolvere degli enigmi. La riduzione di scopo non ha limitato la complessità del testo, e The Thin Silence è soprattutto una storia che procede su più livelli: quello metaforico, quello del presente e quello del passato.

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The Thin Silence è una storia che procede su più livelli: quello metaforico, quello del presente e quello del passato

Ezra Westmark è reduce da una rivoluzione che si è trasformata in dittatura, ma è soprattutto reduce di se stesso, e non riesce a liberarsi del suo fardello, che l’ha condotto nel baratro del buio. Per ritrovare la luce deve scendere a patti con il passato, immaginare un futuro e rispondere ad alcune domande. Per farlo, il giocatore lo accompagna in quattro capitoli (dalla durata di un’ora abbondante ciascuno) dove la risoluzione di enigmi ambientali va di pari passo con la ricerca di un manoscritto politico, di documenti che aprono finestre sul confuso contesto storico e di indizi per capire cosa stia succedendo intorno a Ezra. Se dal punto di vista della progressione The Thin Silence è fondamentalmente un gioco lineare e che ci vede immersi in un mondo rarefatto e stilizzato in pixel art, da quello della scrittura lo è molto meno; la serietà del progetto iniziale gli dà difatti uno spessore narrativo importante, anche se forse fin troppo cervellotico per certi versi. La ricerca dei documenti apre riflessioni filosofiche non banali e pone al centro del gioco temi importanti che toccano la società, la politica e l’esistenzialismo. La trattazione avviene per lo più attraverso i documenti che si ritrovano e si affida a cut scene per evocare i ricordi di Ezra, con il risultato di rallentare notevolmente il ritmo dell’azione.

The Thin Silence è un’avventura estremamente compassata, che forse viene appesantita un po’ dalla sua ricchezza testuale. Se, infatti, il viaggio metaforico di Ezra funziona, ed è raccontato brillantemente anche grazie a una colonna sonora splendida e struggente, tutto ciò che è contesto è notevolmente complicato; per darci una spiegazione su quello che è accaduto nel mondo di gioco, finiamo paradossalmente per allontanarci, in termini di empatia, dal protagonista.

… DOMANI LA RINNEGHERAI

L’altro elemento portate di The Thin Silence, oltre ai testi e alla loro interpretazione, è rappresentato dagli enigmi ambientali, che richiedono di utilizzare e combinare oggetti dell’inventario per interagire con lo scenario, nonché risolvere degli indovinelli basati sulle parole (nota: serve una più che buona padronanza dell’inglese) o sui numeri, un po’ in stile Ruzzle o Mastermind. Il concetto alla base degli enigmi è funzionale e intelligente, ed è evidente che il risultato dell’inventario componibile sia una semplificazione di un sistema di crafting molto più complesso, tanto che dispiace sia diventato un elemento quasi secondario, non troppo invadente. L’idea di farsi bastare quello che si ha per trovare soluzioni è molto in linea con quanto accade nella mente di Ezra, anche se ammetto che la gestione della quantità e della ricorrenza degli enigmi sia rivedibile: in ogni livello dominano alcune precise meccaniche, che però sistematicamente finiscono per diventare routine, e anche in questo caso il risultato è quello di farci allontanare dal flusso della vicenda.

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nel complesso The Thin Silence è un’avventura narrativa impegnata e interessante

Ammetto di aver pensato che questo processo di distaccamento, esaltato anche dal design dei personaggi estremamente stilizzato e privo di dettagli, fosse quasi voluto, come una sorta di tentativo di alimentare da un lato la frustrazione relativa allo straniamento di Ezra, e dall’altro di svincolare le sensazioni dalla vicenda raccontata e dare un afflato più universale al racconto; tuttavia, non saprei dire con certezza se è così, né tantomeno se la cosa funzioni. Il risultato, complice anche qualche bug qua e là, è stato raffreddare il mio coinvolgimento, tanto da non riuscire mai completamente a entrare in simbiosi con il personaggio. Ciò non mi ha impedito di apprezzare il viaggio e, anzi, trovo che il messaggio globale arrivi in maniere decisa ma delicata, e che la ricerca della speranza sia raccontata con un tatto davvero pregevole e toccante, sebbene di tanto in tanto mi sia perso nel rumore di fondo, interessante e attraente, ma anche confuso e soverchiante.

Il retaggio di un concept più complesso, forse, ha pesato un po’ sul risultato finale, ma nel complesso The Thin Silence è un’avventura narrativa impegnata e interessante, che ha il pregio di portare in un videogioco tematiche serie, importanti e attualissime. Se non vi spaventano un gameplay a tratti farraginoso e i ritmi lenti, il viaggio in compagnia di Ezra Westmark vale le cinque ore necessarie ad arrivare fino ai titoli di coda.

The Thin Silence è un’avventura narrativa a enigmi sulla falsariga di LIMBO e Inside, sebbene estremamente meno raffinata. Il titolo australiano, però, è soprattutto un testo da interpretare: metaforico, complicato, pieno di diramazioni. Two PM è stata coraggiosa e abile nell’affrontare temi quali la depressione e la questione socio-politica, meno forse a racchiudere tutto in un’esperienza organica. Se il ritmo estremamente lento non è necessariamente un problema, la ripetitività di determinate meccaniche e alcune soluzioni farraginose possono generare un po’ di frustrazione.

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Pro

  • L’idea alla base degli enigmi è interessante…
  • Ottimo approccio a tematiche importanti.
  • Colonna sonora emozionante.
  • Ricchezza testuale sorprendente.

Contro

  • … ma non è sfruttata sempre bene.
  • A tratti ripetitivo e frustrante.
  • Il contesto è un po’ confuso.
7.5

Buono

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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