Correva l’anno 184 dopo Cristo quando i contadini, ormai stanchi dell’eccessiva tassazione, della corruzione dilagante in tutto l’Impero Cinese e delle frequenti carestie imbracciarono i loro forconi per ribellarsi al dominio della dinastia Han. Contraddistinti dai loro turbanti gialli, i ribelli costrinsero l’imperatore a cedere parte del suo potere agli amministratori locali e ai signori della guerra delle varie province. Sebbene la rivolta si rivelò fallimentare, l’insurrezione dei turbanti spalancò la porta a una sanguinosa guerra civile raccontata nel testo storico Cronache dei Tre Regni, e successivamente riadattato in chiave poetica nel Romanzo dei Tre Regni scritto nel Quattordicesimo secolo da Luo Guanzhong.
Quello dei Tre Regni è probabilmente uno dei periodi più famosi della storia orientale, oggetto di numerosi adattamenti più o meno accurati tra i media più disparati: dal grande al piccolo schermo, dai manga giapponesi fino ai videogiochi, basti pensare alla serie strategica Romance of the Three Kingdoms di Koei Tecmo o ai musou della saga Dynasty Warriors targata Omega Force, giusto per citare i più noti a noi occidentali. A questi va poi ad aggiungersi anche Total War: Three Kingdoms, l’ultima fatica di Creative Assembly e SEGA ispirata proprio agli eventi scaturiti dalla rivolta dei Turbanti Gialli e dalla divisione del Celeste Impero nei regni di Wei, Shu e Wu.
BOTTE CINESI
L’elemento che balza immediatamente all’occhio al primo avvio di Total War: Three Kingdoms è la volontà da parte del team britannico di offrire ai giocatori più modi di godere dell’esperienza ludica. Prima di ogni campagna, infatti, viene richiesto di selezionare la modalità di gioco: selezionando Cronache si opta per una partita quanto più fedele possibile – ovviamente entro i limiti delle semplificazioni ludiche – ai fatti storicamente accaduti, per un’esperienza molto vicina ai Total War che hanno preceduto i due episodi dedicati a Warhammer; ma è grazie alla modalità Romanzo che Three Kingdoms rivela il suo vero volto e permette di godere appieno di tutte le novità introdotte in quest’ultimo capitolo.
Creative Assembly raccoglie i frutti maturati durante i lavori sui giochi ispirati a Warhammer
CILIEGIO IN FIORE
Una volta lasciato il campo di battaglia, arriva il momento di amministrare il proprio regno. Qui l’impianto ludico è rimasto tendenzialmente invariato, anche se non mancano delle novità che spingono Total War: Three Kingdoms in una direzione leggermente diversa rispetto ai titoli che lo hanno preceduto. Abbiamo modo di gestire quello che sarà il nuovo Impero Cinese attraverso la divisione del territorio in varie comanderie, a loro volta frazionate in città e province minori. Al contrario di quanto avveniva in passato, queste ultime possono ospitare un singolo edificio specializzato in un unico ambito economico predefinito: in un villaggio portuale, per esempio, si può costruire e migliorare soltanto una struttura dedita al commercio marittimo o fluviale; mentre un pascolo per cavalli può ospitare solamente un maneggio in grado di fornire bonus alle unità di cavalleria presenti nei vari eserciti sotto il nostro comando.
ogni cinque turni, in primavera, viene applicata una riforma, sbloccandone immediatamente i relativi benefici
INTRIGO A CORTE
Total War: Three Kingdoms segna anche il debutto di un rinnovato sistema diplomatico. Oltre alle classiche opzioni relative alle dichiarazioni di guerra, ai patti di non aggressione, agli accordi commerciali e alla costituzione di alleanze militari, nella Cina dei Tre Regni è possibile rafforzare i rapporti tra fazioni attraverso matrimoni combinati, oppure offrire e richiedere protezione militare in cambio di tributi e vassallaggio, o ancora sposare la causa delle fazioni minori garantendo loro supporto in caso di rivolta contro il potente di turno. In buona sostanza, l’impianto diplomatico è stato espanso a tal punto da strizzare l’occhio ai grand strategy di casa Paradox. Purtroppo a un consistente aumento delle opzioni a disposizione dei giocatori non è seguito un ritocco all’intelligenza artificiale, rimasta palesemente indietro e ancora facilmente ingannabile sfruttandone le innegabili debolezze.
vengono rimossi i limiti al numero massimo di unità schierabili ogni turno, rendendo pienamente operativo un esercito neonato
EROI DEI TRE REGNI
Purtroppo la monotematicità dell’ambientazione cinese presta il fianco a quella che probabilmente rappresenta la critica più importante che si possa muovere nei confronti di Total War: Three Kingdoms. Le varie fazioni appaiono piuttosto simili le une dalle altre, presentando solo delle lievissime differenze tra di esse. Basti pensare che lo zoccolo duro delle unità militari è comune a tutti, con al massimo un paio di scelte specifiche destinate ai singoli regni (o aspiranti tali). Questo discorso vale anche per le strutture da erigere nelle comanderie, ma in questo caso le divergenze sono addirittura minori. A poco servono le risorse speciali a disposizione di alcuni regnanti, come l’Influenza per Cao Cao, utile a migliorare o peggiorare i rapporti tra fazioni diverse. Insomma, salvo pochi particolari e la posizione iniziale più o meno sfavorevole, le varie fazioni presentano uno stile di gioco tutto sommato analogo.
Le fazioni appaiono piuttosto simili tra loro, presentando solo delle lievissime differenze
Total War: Three Kingdoms raccoglie l’eredità dei due capitoli precedenti legati all’universo di Warhammer, presentando molte novità degne di nota che dimostrano come la formula nata per portare la serie in un’ambientazione fantasy possa essere applicata anche in un contesto storico, per quanto decisamente romanzato. Buone anche le innovazioni sul versante di spionaggio e diplomazia, peccato che l’intelligenza artificiale non sia stata ritoccata a dovere, rappresentando ancora una volta la pietanza più debole dell’intera offerta. Forse si poteva fare qualcosa di più anche per quanto riguarda la caratterizzazioni delle fazioni, ma con un setting così monotematico sarebbe stato onestamente difficile.