Il primo impatto con Unheard ha toccato le stesse corde fatte vibrare da Minority Report, film del 2002 diretto da Steven Spielberg e liberamente ispirato a un racconto di Philip K. Dick in cui, sullo sfondo di un futuro non troppo lontano, la polizia può disporre di una tecnologia capace di prevedere i crimini e fermarli prima ancora che siano commessi. Benché le premesse del titolo di NEXT Studios siano ovviamente diverse, le sensazioni che riesce a evocare sono molto simili, ma soprattutto sono raggiunte attraverso pochi accorgimenti e una buona idea, più che sufficienti a immergere il giocatore in un thriller poliziesco in cui la tecnologia gioca un ruolo di primo piano.
ACOUSTIC DETECTIVE SYSTEM
Il paragone appare ancora più azzardato se si considera che il gioco si svolge quasi interamente attraverso schermate fisse, accompagnate da qualche filmato riepilogativo. Durante l’incipit si viene messi di fronte alla riproduzione dello schermo di un tablet inquadrato a volo d’uccello e questa prospettiva, con poche variazione, accompagnerà il giocatore dall’inizio alla fine dell’avventura. Quello in riproduzione sul dispositivo tuttavia non è un semplice filmato, ma la dimostrazione di una nuova tecnologia, l’acoustic detective system, che rivoluziona le possibilità di indagine consentendo di intercettare tutti i suoni riprodotti in un luogo in un dato periodo di tempo, manipolabile a piacimento.
PER PASSARE AL CASO SUCCESSIVO TUTTO CIÒ CHE È RICHIESTO È RISPONDERE CORRETTAMENTE ALLE DOMANDE E ASSOCIARE UN NOME A TUTTE LE FIGURE IN SCENA
DI NECESSITÀ, VIRTÙ
Non potendo contare sula spettacolarità visiva per ammaliare il giocatore, Unheard deve puntare su altro: nello specifico, narrazione e sonoro. Le cinque vicende presentate sono tutte piuttosto intriganti, articolate e abbastanza originali nel dipanarsi degli eventi da non risultare decifrabili fin da subito nemmeno appellandosi all’esperienza maturata negli anni tra i gialli Agatha Christie e le intuizioni di Orazio di CSI. Il solo limite del gioco in questo senso è l’assenza di qualunque tipo di punizione o di ricompensa per la rapidità o la qualità delle proprie deduzioni. Per passare al caso successivo tutto ciò che è richiesto è rispondere correttamente alle domande e associare un nome a tutte le figure in scena. Non essendo previsto alcun tipo di punteggio, risolvere un caso dopo un paio di ascolti o andare a tentoni e provarle tutte fino a imbroccare, per casualità o perseveranza, la soluzione corretta non fa alcuna differenza. Il che può essere un bene, perché nelle situazioni estreme potersi affidare al “provo tutto finché l’azzecco” è un modo per disinnescare il rischio di impantanarsi, ma il rovescio della medaglia di un approccio simile è la sensazione che il gioco intenda premiare più la pazienza di chi è disposto ad ascoltare e riascoltare tutto il copione più e più volte piuttosto che l’abilità deduttiva di che fa lavorare il cervello ad altissima velocità.
RIASCOLTARE PIÙ VOLTE LE STESSE CONVERSAZIONI PUÒ RISULTARE INTERESSANTE ED È UN DETTAGLIO NON DA POCO, VISTO CHE BUONA PARTE DEL GIOCO POGGIA SULLA DISPONIBILITÀ DEL GIOCATORE A FARLO
Unheard poggia su una sola, singola idea, ma si sforza per ricavarne tutto il buono possibile. Qualche ingenuità è giustificata dalle dimensioni ridotte della produzione, altre sembrano invece frutto di qualche svista nel design. Nel complesso, però, considerata la durata contenuta e il costo decisamente basso, non c’è davvero alcuna ragione per non dedicargli almeno una serata e apprezzarne gli spunti originali.