Life is Strange e Remember Me dovrebbero averci sufficientemente tranquillizzati riguardo le capacità di Dontnod nel raccontare una buona storia. Il nuovo gioco dello sviluppatore francese non fa eccezione alla regola, corroborato da un’ambientazione magnetica e da una premessa ricca di fascino. Impersonare un succhiasangue appena “abbracciato” nella Londra del 1918 riporta alla mente Vampire: The Masquerade della White Wolf, un gioco di ruolo pen & paper tanto affascinante da vivere tra schede e dadi, quanto difficile da trasformare in videogioco, con un paio di esperimenti all’attivo (Bloodlines e Redemption) tutto sommato più che discreti. Vampyr, però, vanta uno scenario tutto suo, privo della prestigiosa licenza World of Darkness, e ci accompagna nel cuore della notte in un gioco di ruolo ricco di luci e ombre.
SANGUE FRESCO
Jonathan Reid è un decorato reduce della Grande Guerra, nonché un chirurgo esperto in trasfusioni che ha salvato innumerevoli vite sul fronte. Allo stesso tempo, è anche un novello vampiro, sconvolto nell’anima dal sottile equilibrio dettato dalla brama di sangue e dal disperato attaccamento a quel che resta della sua umanità.
I titoli precedenti dovrebbero già rassicurare sulle capacità di Dontnod nel raccontare una buona storia
Nell’ottica appena espressa è un peccato che Jonathan sia incapace di saltare, costretto a percorrere rigidamente le strade decise dai programmatori senza lasciare troppo spazio all’improvvisazione. Non è quindi possibile concedersi un pizzico di stealth, fatta eccezione per quei momenti in cui ci si muove fuori dal miope campo visivo di buona parte dei nemici, per un poderoso atterramento furtivo; Jonathan non è Garrett, e non può arrampicarsi su cornicioni o tetti a piacere, guadagnando occasionali attimi di verticalità solo quando il gioco lo prevede, quando il buon dottore può teletrasportarsi in un coreografico turbinio di fumo à la Nightcrawler. Un po’ avvilente per una figura romanticamente tormentata come quella del vampiro, qui costretta a venire importunata dietro ogni angolo da una nutrita schiera di guardie, vigilanti e improvvisati cacciatori dell’occulto. Per fortuna il sistema di combattimento è discretamente divertente, rubando una pagina alla recente storia di From Software con la microgestione di energia e resistenza, quest’ultima consumata a ogni colpo sferrato o evasione. A queste si aggiunge il sangue, sorta di vampirico mana a cui attingere per attivare bestiali abilità, tra affilati artigli e la sempre affascinante ebollizione del sangue altrui, con successiva detonazione ad area; si tratta di una risorsa da rimpinguare direttamente sul campo, mirando alla giugulare del nemico dopo averlo stordito.
È un peccato che Jonathan sia incapace di saltare, o anche che le facoltà stealth siano così scarsamente gestit
LONDON CALLING
Sconfiggere nemici e portare a termine le missioni comporta il consumo un quantitativo modesto di punti esperienza, alla lunga decisamente insufficienti per potenziare al massimo i nuovi poteri di Jonathan. Per conquistare un bottino cospicuo è necessario comportarsi da vampiro fatto e finito, consumando la vita degli avventori che ogni notte si riversano tra le strade di Londra. Non si tratta, però, di una formalità, giacché Vampyr si affida a una meccanica particolare che lega ogni azione del protagonista a dirette conseguenze. Ogni quartiere ha il proprio indicatore di salute: facendolo cadere a picco le strade vengono inondate di nemici più forti e le subquest iniziano a diradarsi. Il benessere può essere aumentato dispensando i medicinali che l’esimo, zannuto luminare può creare nella sicurezza dei nascondigli sparsi per la città. Ovviamente, però, non si tratta dell’unico modo: i personaggi incontrati sono spesso legati tra di loro da una fitta rete di relazioni, e pasteggiare con un apparentemente insulso avanzo di galera potrebbe influenzare il comportamento di amici e familiari. L’esperienza che ogni personaggio elargisce una volta azzannato può essere incrementata conoscendolo meglio, apprendendo nozioni supplementari andando a caccia di documenti e/o naufragando in un mare di dialoghi.
La star dell’avventura è Londra, con il suo nugolo di vicoli, moli e cimiteri da attraversare
Vampyr è un gioco molto verboso, dove la lettura è una componente fondamentale dell’esperienza; in questo senso, fortunatamente, la scrittura e il doppiaggio (quest’ultimo rigorosamente in inglese) conservano un ottimo livello per l’intero corso dell’avventura.
Vampyr è un gioco dotato di grande fascino e atmosfera, che tuttavia si rivela un po’ troppo ambizioso. Il combattimento è divertente ma mal bilanciato, e quasi tutto quello che ruota attorno al “mestiere” del vampiro avrebbe meritato una maggiore valorizzazione. Ciò detto, la presentazione audiovisiva e la qualità della scrittura hanno un fascino notevole, e la curiosità di rigiocare la vicenda per esplorare le conseguenze legate al destino dei personaggi più importanti potrebbe spingere a “vivere” una seconda partita. Nel complesso, la longevità si attesta attorno alle trenta ore, a seconda del vostro desiderio di dare la caccia ai collezionabili.