Rinchiuso per chissà quanti anni in una fortezza dell’Inquisizione con l’accusa di eresia, scagionato da ogni crimine ma per sempre macchiato dall’onta del sospetto, Demetrian Titus torna in Warhammer 40,000: Space Marine 2 indossando la nera armatura della Deathwatch, ma per quanto tempo?
Sviluppatore / Publisher: Saber Interactive / Focus Entertainment Prezzo: € 59,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Competitivo e cooperativo online PEGI: 18+ Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store), PS5, Xbox Series X|S Data di Lancio: 9 settembre 2024
Passano gli anni, più di tredici; cambia il team di sviluppo, da Relic a Saber; ed è cambiato anche Titus, da capitano della Seconda Compagnia degli Ultramarine a Black Shield al servizio dell’Ordo Xeno. L’eroe di Graia, ora marchiato a vita dall’Inquisizione, ha voluto rinnegare il suo capitolo per espiare le colpe tra i ranghi dei cacciatori di alieni della Deathwatch. È proprio vero che l’innocenza non prova nulla, una delle tante massime su cui si fondano i dogmi dell’Imperium, tanto che il team narrativo guidato da Craig Sherman e Oliver Hollis-Leick non perde mai occasione di rivangare i trascorsi di Titus durante tutto il corso della campagna. È un passato che pesa come un macigno, quello del fu capitano, e parte della storia di Space Marine 2 punta proprio a mettere Titus al cospetto di quanto avvenuto quasi due secoli prima, nel videogioco precedente della serie.
Ciò significa che l’opera sviluppata da Saber Interactive non solo è strettamente collegata al suo diretto predecessore, ma dà anche per scontato che il giocatore conosca quanto accaduto su Graia dal momento che i riferimenti – diretti e indiretti – sono davvero molti. Poi chiaro, non è rigorosamente necessario conoscere il passato di Titus per godere di quanto Space Marine 2 ha da offrire, ma è di sicuro consigliato per apprezzare tutte le sfumature di una trama che riesce a raccogliere l’eredità lasciata da Relic Entertainment e a valorizzarla, inserendola nel nuovo canone dell’universo creato da Games Workshop.
SPACE MARINE 2 SUPERA IL RUBICON PRIMARIS
Mi perdonerete se rispondo alla domanda che ho posto in apertura con un piccolissimo spoiler. Il servizio di Titus nella Deathwatch, perlomeno nel videogioco in questione, dura giusto il tempo di una missione: quella del prologo. Questa vede un kill team discendere a bordo di un Corvus Blackstar sul pianeta Kadaku per effettuare un’operazione ad alto rischio dietro le linee nemiche. L’obiettivo è diffondere un virus genetico nell’atmosfera del pianeta per decimare l’orda tiranide e far guadagnare tempo prezioso alle forze imperiali sotto assedio. Com’è ovvio le cose non vanno esattamente come previsto e Titus, pur portando a termine la missione, viene ferito a morte da un’enorme bestia aliena affamata di biomassa.
Ma evidentemente l’Imperatore non voleva che Titus morisse su Kadaku dal momento che il suo corpo in fin di vita viene recuperato da una forza d’assalto degli Ultramarine. Anzi, per essere precisi è direttamente il maestro capitolare Marneus Calgar che salva Titus da morte certa, lo porta a bordo della nave da battaglia Inviolabile e ordina che il corpo dell’ex capitano venga completamente ricostruito. È così che non solo Titus supera il Rubicon Primaris venendo potenziato ulteriormente con nuovi innesti genetici, ma viene anche riassegnato al suo capitolo originario, sebbene declassato al rango di tenente. Per volontà di Calgar, lo stato di servizio di Titus viene secretato così da evitare che gli altri confratelli Ultramarine vengano a conoscenza del suo passato, tant’è che solamente lo stesso maestro capitolare, il cappellano della Seconda Compagnia e il capitano Sevastus Acheran – ora diretto superiore di Titus – conoscono la verità sul tenente.
Nelle ombre oltre la luce dell’Imperatore complottano gli xeno, e là muoiono per mano nostra
Dove Saber Interactive ha successo è proprio nel delineare un sistema in guerra, in cui la portata del conflitto assume proporzioni planetarie, soprattutto per il numero di forze in campo. Chiaramente ciò è dovuto in buona parte al motore di gioco e all’esperienza dello studio nel proporre situazioni in cui i nemici sullo schermo arrivano a centinaia e sembrano non finire mai, d’altronde stiamo pur sempre parlando del team che ha sfornato World War Z. Ma c’è anche dell’altro. Sono i piccoli dettagli a fare la differenza: come il discorso di un comandante dell’Astra Militarum che incita i suoi soldati dall’alto di un Baneblade, le voci quasi sussurrate dei cadiani che non si aspettavano di combattere (e morire) al fianco degli “angeli dell’Imperatore” inchinandosi al passaggio di Titus, ma anche la fucilazione di un gruppo di disertori per ordine di un commissario.
ONORE E GLORIA
La struttura di gioco, di contro, non si allontana molto da quella del primo Space Marine, nonostante alcune differenze di rilievo. L’action sviluppato da Saber propone una successione di livelli molto lineari in cui si fondono organicamente arene di combattimento e sequenze scriptate. Il risultato finale è molto più convincente in questo sequel rispetto a quanto fatto da Relic in passato: poiché i contorni delle varie sezioni sono più sfumati, non si ha quasi mai l’impressione di muoversi in una serie di tasselli uniti tra loro in maniera grossolana, come invece avviene nel gioco di Relic.
Trasformiamo il giorno in notte e la luce in oscurità, perché noi siamo gli araldi della fine
È un sistema che funziona anche grazie alla presenza della parata, che permette di bloccare gli attacchi dei nemici e – con il giusto tempismo – sferrare un contrattacco stordente che spiana la strada a una spietata esecuzione. Queste non sono soltanto scenografiche, ma servono a ricaricare la barra dell’armatura di Titus. Per recuperare salute, invece, è necessario usare gli stimolanti ottenuti esplorando i livelli. Ciò detto, l’introduzione della parata aggiunge un livello di profondità in più al sistema di combattimento, senza però risultare inutilmente complesso e dunque mantenendo il tutto quanto più accessibile possibile.
Morte e servizio sono tutto ciò che dobbiamo offrire
TUTTO È POLVERE
Nonostante sia senz’altro la portata principale, la campagna (interamente giocabile in co-op) è però solo una porzione del gioco. Accanto alle vicende di Titus, Gadriel e Chairon vi è anche la modalità Operazioni PvE. In questo caso si tratta di sei missioni aggiuntive ambientate sempre durante il medesimo conflitto, ma che vedono i giocatori impegnati a portare a termine incarichi di supporto rispetto a quelli compiuti dal tenente e dalla sua squadra.
Per fare un esempio: durante la campagna, Titus e confratelli devono infiltrarsi in una installazione dell’Adeptus Mechanicus ma hanno bisogno di un diversivo per non essere sopraffatti dalle forze aliene. Ecco, una delle missioni della modalità PvE vede proprio un manipolo di tre Astartes creare quella distrazione per portare l’attenzione dei tiranidi altrove e dare campo libero – si fa per dire – a Titus. Tuttavia queste operazioni hanno una struttura lievemente diversa rispetto alle missioni della campagna, nella misura in cui ricordano più gli scenari di un Left 4 Dead o di Darktide, per rimanere nell’ambito di Warhammer 40,000. Prima di lanciare l’operazione bisogna selezionare una classe per il proprio Space Marine e scegliere il proprio equipaggiamento, dopodiché si possono unire le forze con altre due persone in carne e ossa oppure affidarsi ai non troppo brillanti bot. Nel corso delle missioni bisogna stare attenti alle ondate di nemici che possono avvenire in momenti casuali, cercando di portare a termine quanti più obiettivi possibile. Inoltre, completando le operazioni si ottengono punti esperienza e risorse per acquisire nuove abilità, ma anche nuovi oggetti per personalizzare l’aspetto estetico del proprio Astartes.
Per ognuno di noi che cade in battaglia, cento nemici muoiono
In Breve: Warhammer 40,000: Space Marine 2 è un sequel che rende giustizia all’opera realizzata tredici anni fa da Relic Entertainment. Lo fa offrendo una campagna appassionante che trasmette alla perfezione quella sensazione di guerra perenne e tutto il “grimdark” tipici dell’ambientazione del gioco da tavolo targato Games Workshop. Il sistema di combattimento, pur senza mai avvicinarsi ai tecnicismi tipici di altri action, riesce a comunicare tutta la fisicità e la brutalità degli Astartes. Buona anche l’ottimizzazione, nonostante delle piccole sbavature facilmente risolvibili con un giro di patch. Peccato solo per la colonna sonora, distante anni luce dall’epicità di quella del primo capitolo.
Piattaforma di Prova: Ryzen 5 3600X, 16 GB RAM, RTX 4060Ti, SSD Nvme
Com’è, Come Gira: Giocato a 2560×1440. Con tutti i dettagli impostati su Alto e il DLSS su Qualità, il gioco ha mantenuto più o meno stabilmente i 60 FPS, salvo qualche comprensibile calo quando i nemici a schermo sono diventati davvero tanti (soprattutto nella missione finale). Da segnalare l’assenza di qualsivoglia opzione legata al ray tracing.