Team Ninja sembra averci preso la mano con i soulslike, tanto da declinare Wo Long: Fallen Dynasty, un nuovo titolo quasi sperimentale, al fianco di Nioh. Risultato? Un pasto dello stesso gusto, ma speziato in modo diverso.
Sviluppatore / Publisher: Team Ninja / KOEI TECMO Prezzo: 69,99 € Localizzazione: Testi Multiplayer: Co-op online PEGI: 16 Disponibile Su: PC (Steam), PS4, PS5, Xbox One, Series X|S Data di lancio: 3 marzo
Ci sono stati almeno tre momenti particolari che mi hanno accompagnato – e dunque segnato – durante la copertura di Wo Long: Fallen Dynasty. Il primo ha a che fare con il primo livello, quando ho impiegato poco meno di due ore per portarlo a termine nonostante una difficoltà che ritenevo troppo elevata.
Il secondo momento è stato quando mi sono lamentato del contrario, con un gioco che ormai sembrava propormi sempre la stessa pietanza da divorare con semplicità disarmante. Il terzo e ultimo momento invece s’è palesato quando ho capito – o almeno credo e spero di averlo fatto – la vera natura del titolo. Esploriamo insieme questa nuova creatura di Team Ninja, ma fate bene attenzione a ogni mia singola parola da questo momento in avanti per evitare fraintendimenti fra esposizione e voto.
FASE UNO: WO LONG: FALLEN DYNASTY È TROPPO DIFFICILE
Che Wo Long sia nato in origine come “Nioh 3” si evince non solo dall’ennesima presenza di William nell’editor di creazione del personaggio, ma anche da tanti piccoli feticci di gioco come la presenza di pietre che trasformano i nemici in mostruose creature, un effetto terribilmente simile a quello dell’Amrita. Oppure dal fatto che gli stessi nemici molto spesso sono pigre e tediose reskin di altrettante minacce viste in Nioh, o ancora di come tutta la grammatica di gioco sia terribilmente identica alle opere stile souls di Team Ninja. Questi elementi di solito tendono a dividere l’opinione in due rami differenti: da un lato c’è chi predilige la comfort zone di un modus operandi che abbiamo bene innestato nei polpastrelli, dall’altro chi critica il lavoro pigro degli sviluppatori. Se al lancio in molti erano riusciti a soprassedere sull’effetto ripetitività di Nioh 2, con Wo Long è un po’ più difficile chiudere un occhio ed essere clementi perché, per quanto possa ritenersi un titolo diverso, a conti fatti è composto della stessa pasta.
Prendete subito confidenza con la meccanica di deviazione: sarà essenziale per la vostra sopravvivenza
Eppure, tocca ripetermi, il primo livello è stato al pari di un girone dantesco giacché solo con estrema difficoltà sono riuscito a fare mio questo ibrido particolare, che quasi strizza l’occhio alla sperimentazione di un Sekiro o un Elden Ring (entrambi puntellati, ovviamente) ma fatica a fare emergere la personalità di Wo Long. Dopo innumerevoli morti e pagine del calendario gettate a terra, infine ho preso padronanza con la meccanica della deviazione del colpo e tutto è cambiato.
FASE DUE: WO LONG È TROPPO FACILE
Premendo l’apposito tasto, il nostro personaggio esegue un’animazione di una frazione di secondo che permette di deviare ogni tipo di colpo che stiamo per subire. Chiaramente sono necessari i giusti riflessi e una certa tempestività nell’esecuzione, la finestra d’azione è relativamente piccola ma non impossibile; come spesso capita in questo genere di giochi, una volta capito il moveset – come il timing/pattern degli attacchi di nemici e boss – vittoria o sconfitta dipende da noi e a quando riusciremo a costruire attorno a queste conoscenze la corretta struttura di combattimento. Uno dei più grandi dubbi che mi ha attanagliato per gran parte della prova riguarda la natura stessa della suddetta deviazione, praticamente una tacita god mode che si attiva a condizione che tutto sia fatto con il giusto tempismo (ma non lasciatevi spaventare: il meccanismo si padroneggia con semplicità, una volta compreso il funzionamento).
La deviazione è una sorta di tacito god-mode, Wo Long è un gioco estremamente sbilanciato nei mezzi che ci pone
Anche la gestione dei cinque sensi, abilità a ramo da potenziare con i punti esperienza ottenuti salendo di livello, tende a premiare un bilanciamento a nostro favore. Da qui avremo modo di ottenere abilità passive o attacchi diretti, strumenti utile a costruire una nostra build di gioco, ma la promessa di un sistema stile “carta, forbice, sasso” non sempre viene mantenuta. I cinque sensi (Legno, Terra, Acqua, Fuoco, Metallo) oltre che darci poteri magici, dovrebbero anche controbilanciare la natura di alcuni attacchi speciali dei nemici, una cosa tipo “magia di Legno batte magia di Terra” o “magia di Terra vince su magia di Acqua”, ma all’esecuzione tutto sembra avere sempre lo stesso risultato, con noi estremamente potenziati e perennemente in vantaggio e la promessa di meccaniche di gioco equilibrate che va a farsi benedire.
UN INTERMEZZO DI CONOSCENZA
Presa coscienza di procedere troppo velocemente, ho deciso di fermarmi a fare qualche missione secondaria. Ciò mi ha permesso di scoprire che anche la loro gestione è la stessa di Nioh, con la riproposizione di una mappa già completata con obiettivi diversi, ma anche la classica missione a orda o un secondo round contro un particolare boss, giusto per tentare d’agguantare un bottino migliore e un grado maggiore. Queste deviazioni si sono rivelate utili per scoprire il Villaggio Nascosto, una sorta di base operativa, e sfruttare così tutto quel che riguarda personalizzazione, equipaggiamento, potenziamento di armi e armature da un fabbro femminile o la consegna a vari PNG di oggetti unici che, prima o poi, troveremo durante il nostro peregrinare in questa Cina nel pieno del tumulto storico
La gestione dei companion è imperfetta e anche il level design non è la migliore versione di sé, ma non è certo tutto da buttare in entrambi i casi
Anche il level design non è totalmente da buttare, pur traendo spunto e ispirazione da… avete capito, a cui si aggiungono tediose sezioni platform quasi a giustificare la presenza della meccanica del salto. S’avverte una costante sensazione nell’affrontare queste sezioni, non si può non notare quanto siano puntualmente inserite in zone marginali della mappa, quasi posticce, zone da scalare o sospese integrate in un secondo momento che regalano drop interessanti ma, comunque, alquanto male amalgamate con il resto del mondo di gioco.
FASE TRE: WO LONG È UN GIOCO DIFFICILE
Quando ormai si è pronti al terzo e ultimo atto del gioco, ecco che Wo Long cambia volto e diventa ciò che avrebbe dovuto essere almeno una dozzina di ore prima: un action game che supera i suoi problemi di bilanciamento e quelli legati alla pigrizia delle nuove meccaniche, che ci mette di fronte a nemici più feroci e audaci, più attenti e precisi nelle azioni, lasciando zero spazio alle nostre incursioni e alzando l’asticella della difficoltà. Sembra quasi assurda una situazione del genere, ma Wo Long solo quando si avvia verso la conclusione dimostra che quanto abbiamo imparato fino a quel momento è stato niente. Per quanto un simile aumento della difficoltà sia una soluzione furba e banale, a conti fatti rende – finalmente – giustizia a una grammatica di gioco che, almeno fino a quel momento, non mi aveva mai fatto gridare al miracolo.
Wo Long: Fallen Dynasty non è un brutto gioco, vive semplicemente nella consapevolezza di essere un more of the same di Nioh
Mi rendo anche conto che la mia potrebbe essere una presa di posizione ampiamente criticabile ed è giusto che sia così, un giudizio universale per un titolo non c’è e l’unica arma che abbiamo in nostro potere è quello di dare ai lettori una chiave di lettura del titolo che andranno a giocare. Per quel che concerne Wo Long: Fallen Dynasty, il concetto è riassumibile così: tanto divertimento, poche novità, molto sbilanciato, estremamente derivativo da Nioh ma complessivamente appagante. Si “sveglia” solo nelle battute finali, laddove l’impegno necessario per arrivare ai titoli di coda si lascia apprezzare maggiormente, tuttavia rimane un prodotto di grande sostanza, tendini, muscoli, ossa, proteine, grassi e carboidrati a cui purtroppo manca quell’anima tanto evocata nella lore di Wo Long, ma mai percepita al di fuori dello stesso.
In Breve: Wo Long: Fallen Dynasty è “semplicemente” un soulslike ben confezionato, estremamente derivato dall’opera precedente di Team Ninja, molto sbilanciato nelle meccaniche, ma comunque divertente e appagante. Un’operazione quasi tendente alla sperimentazione con qualche nuova meccanica non sempre perfettamente amalgamata al resto della grammatica di gioco, parlando più ai fruitori abituali di Souls, piuttosto che a neofiti. Divertente e con una difficoltà che premia solo verso la fine ma, tutto sommato, è un gioco confezionato a dovere.
Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Giocato sull’ammiraglia Sony non ci sono stati problemi di esecuzione. Qualche timida incertezza nelle cutscene, ma niente per cui straziarsi dal dolore.