Yakuza 0 – Recensione

PS3 PS4

Ci sono titoli che, pur senza aver mai raggiunto risultati clamorosi in termini di venduto, sono riusciti ad arrivare al cuore di moltissimi videogiocatori. In questa casistica rientra senza ombra di dubbio la serie Yakuza, tanto apprezzata in Giappone, quanto ignorata in buona parte del mondo occidentale. Anche se alcuni punteranno il dito con lo snobismo medio di molti giocatori europei e ancor di più americani, onestamente vi dico che capisco e comprendo la diffidenza di gran parte del pubblico nei confronti della complessa opera di Toshihiro Nagoshi. Lui stesso, oltre una decade fa, ha dovuto faticare moltissimo prima di convincere Sega a pubblicare un titolo che non faceva assolutamente nulla per rientrare nei canoni della platea videoludica al di fuori dei confini nipponici. Nessuno credeva in quello strampalato e costosissimo progetto, che aveva oltretutto come protagonista uno yakuza! Forse anche perché le ferite di Shenmue erano ancora aperte e grondavano denaro che la casa di Sonic proprio non si poteva permette di perdere. Eppure, la caparbietà e la testardaggine di Nagoshi e compagni fu premiata dalla critica e portò a notevoli incassi in patria.

Purtroppo, da queste parti le cose non sono andate altrettanto bene e le vendite sempre più risicate hanno fatto sì che Yakuza finisse con l’occupare sempre meno attenzione nella scala delle priorità di Sega, con tempi di pubblicazione dilatatissimi e interi titoli saltati a piè pari (spin-off e remastered in particolare). Per fortuna le cose stanno cambiando, soprattutto grazie al lavoro ai fianchi operato da Sony e dal buon Gio Corsi (responsabile delle relazioni con le terze parti), che hanno trovato in Atlus USA un valido appoggio nella difficile impresa di tradurre e adattare una delle saghe più logorroiche della storia.

UNA VOLTA, QUA, ERANO TUTTI NEON

Come è facile intuire dal titolo, Yakuza 0 è a tutti gli effetti un prequel, e come tale può essere goduto anche da chi non ha mai toccato la serie con un dito. Ovviamente, chi ne ha seguito l’evoluzione in questi dieci e passa anni riconoscerà immediatamente luoghi e personaggi, apprezzandone la genesi, sulla quale Masayoshi Yokoyama (sceneggiatore dal terzo titolo in avanti) ha lavorato davvero molto bene, rispettando i canoni narrativi con notevole perizia.

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ogni due capitoli, la storia passa da un protagonista all’altro

La storia prende il via nel 1988, quando neanche in Giappone si vedeva l’ombra di un cellulare e la gente andava ancora in giro con il cercapersone (adesso non fate finta di non sapere cosa sia). Seguiremo così le orme di Kazuma Kiryu e Goro Majima, entrambi affiliati alla yakuza (ma di due clan ben distinti), poco più che ventenni e in procinto di finire dritti dritti in una vicenda molto più grande di loro, destinata a cambiarli per sempre. Sotto questo aspetto, è assai interessante la scelta narrativa: ogni due capitoli, infatti, la storia passa da un protagonista all’altro, tanto che per più di metà gioco si ha l’impressione che stiano vivendo due racconti completamente separati. Particolare che viene rafforzato dalle differenti ambientazioni: se infatti Kiryu si muove fra le strade piene di neon e sfarzi di Kamurocho all’interno di Tokyo, Majima è invece “chiuso” nel quartiere di Sotenbori in quel di Osaka. Se non vi fosse noto, sappiate che si tratta di versione romanzate, diciamo così, di due aree realmente esistenti, rispettivamente Kabukichō e Dōtonbori. Fate conto che siano un po’ come San Andreas o Vice City in GTA, pur con le dovute proporzioni, poiché Yakuza non ha assolutamente le pretese open world dei titoli Rockstar. Parliamo infatti di aree davvero minuscole al confronto, ma nonostante questo densissime di cose da fare, più della maggior parte dei sandbox game in circolazione.

La quantità impressionante di attività, missioni secondarie e minigiochi presenti è sempre stata un marchio di fabbrica e Yakuza 0 non fa assolutamente eccezione. Pur senza arrivare agli estremi del quinto episodio, davvero immenso, si può tranquillamente affermare che ci troviamo al cospetto di una produzione a dir poco massiccia. Per farvi capire, sono arrivato ai titoli di coda dopo ben 33 ore di gioco, e nonostante questo la mia percentuale di completamento arrivava a malapena al 22%! Yakuza, da questo punto di vista, ha tutt’oggi molto da insegnare alla stragrande maggioranza delle produzioni occidentali, che pur di allungare il brodo spesso ti rifilano meccaniche ultraripetitive, non di rado al limite dell’ammorbante. Non dico che non accada anche qua, ma ci sono così tante variazioni sul tema che è praticamente impossibile non trovare qualcosa d’interessante. Cercando di fare mente locale e sbirciando fra miei incomprensibili appunti, posso citarvi – fra le tante attività – il bowling, il biliardo, le freccette, il baseball, la pesca, il karaoke, le macchinine radiocomandate, il mahjong e lo shogi, con tanto di regole ufficiali e varianti del caso. Non vi basta ancora? Fatevi un giretto presso i Club Sega e giocatevi i coin-op di Out Run, Space Harrier, Super Hang-On e Fantasy Zone. Sì, proprio le versioni originali e complete, mica un livello e poi andare; il tutto con tanto di diverse modalità video a corredo. E per i più maliziosi, non mancano attività pruriginose, come il telefono erotico, il wrestling illegale fra ragazze poco vestite, nonché la visione di alcuni video softcore (veri, non con la grafica del gioco) con procaci protagoniste a dir poco ammiccanti. Servono per ricaricare l’energia, non fate quelle facce!

I PUGNI NELLE MANI

A parte questa caterva di cose da fare (o non fare), le basi di Yakuza rimangono sempre le sacrosante mazzate e anche in questo caso c’è di che essere entusiasti. Il sistema di combattimento è sempre stato un fiore all’occhiello della serie e in questo capitolo ne troviamo una variante sofisticata e appagante: sia Kazuma che Goro possiedo ben tre stili di lotta individuali, che garantiscono una grandissima varietà durante gli scontri.

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sia Kazuma che Goro possiedo ben tre stili di lotta individuali

Questa volta troviamo anche tre “heat gauge”, delle barre che permettono di scatenare abilità speciali, molto dolorose per i poveri avversari e spesso assai coreografiche. Non dimentichiamoci, poi, della possibilità di utilizzare oggetti presenti nell’area di combattimento, come coni stradali, sedie, biciclette, bandiere e quant’altro sia utile per rompere le ossa alla popolazione ostile. Ritroviamo anche alcune mosse contestuali all’ambiente che ci permettono di schiantare la testa dei nemici contro un muro o chiuderla nella portiera di un auto o… va beh, ci siamo capiti, qui si va di “ignoranza”, anche perché siamo degli yakuza, mica dei boy scout. Diciamo, insomma, che le tecniche di combattimento non sono esattamente raffinatissime o particolarmente complesse come esecuzione, ma in compenso è possibile migliorarle e impararne di nuove attraverso un singolare albero della abilità, da sviluppare a suon di soldoni. Non sarà quindi l’esperienza a determinare lo sblocco di nuove mosse, bensì la quantità di denaro che riusciremo ad accumulare, sia picchiando tutte le teste calde che incontreremo per strada, sia coltivando delle attività collaterali molto redditizie.

A tal proposito, intorno a metà avventura (quindi dopo un bel po’ di ore) si sbloccheranno due sottogiochi tutt’altro che banali: Kiryu si troverà a gestire il difficile e assai competitivo mercato immobiliare di Kamurocho, acquistando attività e cercando di ottenere il maggior profitto possibile, mentre Goro prenderà in gestione un cabaret, dove belle fanciulle dovranno intrattenere gli ospiti cercando di spillargli un mucchio di quattrini (un po’ come Fantozzi nella famosa scena del night club con Calboni e Filini). Oltre a portarci i big money, queste operazioni fanno parte di una linea narrativa addizionale, giusto per buttare un po’ di altra carne sul fuoco. Insomma, ormai l’avrete capito, in Yakuza 0 non ci si annoia mai e ben difficilmente vi troverete a vagare senza meta. Anche nel caso, di certo qualche NPC vi fermerà e coinvolgerà in qualche storia malata. Io ho persino beccato una versione alternativa di Steven Spielberg che stava girando un video pieno di zombie con un Michael Jackson sotto mentite spoglie, fate voi.

NON SONO BELLO, MA PIACCIO

Come è noto, in occidente Sega ha deciso di distribuire unicamente la versione PS4 di Yakuza 0, ma è bene ricordare che questo gioco è uscito anche su PS3 in Giappone. Tradotto, siamo al cospetto di un titolo cross-gen ed è difficile non notarlo.

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siamo al cospetto di un titolo cross-gen, ed è difficile non notarlo

Sebbene la direzione artistica sia sempre di altissimo livello, con un’attenzione ai minimi particolari al limite del maniacale, l’engine mostra il fianco in termini di illuminazione e resa delle ombre, tradendo la sua provenienza. Siamo ben lontani dagli standard davvero strepitosi di Yakuza 6 (che purtroppo non vedremo prima dell’anno prossimo), dotato di un nuovissimo motore grafico studiato ad hoc per PS4. Chiariamoci, non sto dicendo che Yakuza 0 sia orribile, anzi, sotto alcuni aspetti è davvero degno di lode, in particolare la modellazione dei visi è assolutamente impressionante, il tutto fra l’altro renderizzato a 1080p/60 fps (non vi è alcun supporto a PS4 Pro, quindi niente 4K), seppur con qualche sporadico calo di frame rate che sfocia nello screen tearing. Davvero pessimo, invece, l’antialias che a tratti pare del tutto assente o poco efficace. In generale però, pur con tutti i limiti, è difficile lamentarsi del risultato finale. Abbiamo visto ben di peggio in questa generazione, specie con le produzioni cross-gen.

Yakuza 0 è il giusto prologo di una saga fin troppo sottovalutata in Occidente, che invece ha sempre avuto tantissimo da dire, sia in termini di contenuti che di narrazione. Personalmente, ho trovato la storia davvero avvincente, complessa e ricca di intrecci, forse un po’ dura da digerire con tutti quei nomi giapponesi difficili da mandare a mente e le tonnellate di dialoghi pressoché infiniti (sottotitolati solo ed esclusivamente in un inglese non sempre semplicissimo da seguire). Certo, i temi sono adulti, spesso molto forti, ma stemperati da situazioni paradossali che caratterizzato molte delle missioni secondarie. Il tutto immerso in una “giapponesità” che non trova eguali nel mondo dei videogiochi e che, da sola, vale il prezzo del biglietto. Yakuza 0 non è un gioco per tutti, e mai lo sarà, ma se amate il Giappone nella sua interezza un giretto a Kamurocho dovreste proprio farlo… prima o poi.

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Pro

  • Storia complessa e avvincente.
  • Un oceano di attività secondarie.
  • Longevità impressionante.

Contro

  • A tratti un po’ difficile da seguire.
  • Tecnicamente non proprio all’ultimo grido.
  • Ogni tanto fin troppo logorroico.
8.8

Più che buono

Sta lì, sornione e silenzioso alla scrivania, come se non esistesse. E invece esiste eccome, il TMB redazionale, grazie al quale ogni newser la mattina si alza sapendo che deve correre più veloce di lui, se vuole mangiare. Attenzione, però, a non lasciarlo da solo con un mojito, perché potrebbe finire tutto a schifio in un amen.

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