Ieri a Le Iene è successo qualcosa di paradossale.

A metà serata ci siamo sorbiti un servizio tragicomico su un'associazione ricreativa russa che si occupa di far "giocare alla guerra" dei ragazzini, addestrandoli a ripararsi, correre, saltare ostacoli, e anche a usare armi, compresa fase di montaggio e smontaggio.
Per chi non l'avesse visto, fidatevi, non era niente di "grave", niente addestramenti alla Full Metal Jacket, niente Sergente Hartmann, niente torture psicologiche. Era molto più simile a un allenamento boy scout che ad un addestramento militare vero e proprio.
Poi intervistavano alcuni bambini che, con una maturità impressionante, ammettevano che la guerra è una cosa terribile, ma che se succede è meglio arrivarci preparati piuttosto che finire stecchiti dopo pochi secondi. "Noi impariamo a sparare non per uccidere, ma per non farci uccidere", dice un ragazzo di 13 anni. Traspirava dalle loro parole un amor di patria che se in Italia ne avessimo anche solo la metà saremmo la prima potenza mondiale.

Ma così non la pensavano quelli delle Iene: il servizio era condito da un eco paternalistico pressoché continuo da parte dell'inviata e addirittura di uno "psicoterapeuta", chiamato appositamente, che può essere riassunto così: "indottrinare i bambini è sbagliato", "usare armi vere è un abominio" (qualcuno gli dica che il tiro al volo è uno sport olimpico), "la guerra non la devono fare gli adulti, figuriamoci i bambini", "gli insegnano ad odiare il diverso", bla bla bla.

Ma la cosa più assurda è che 5 minuti dopo è stato mandato in onda una lunga intervista ad un sicario di Pablo Escobar (che ha ammazzato 300 persone ed è coinvolto direttamente nella guerra della droga colombiana che fece 50.000 vittime), un tizio che si vanta di quello che ha fatto, che dice di aver pagato il conto con la giustizia (15 anni di carcere o giù di lì) e che ammette di volerlo fare ancora, se ci fosse un altro leader da seguire.

Aldilà di quella che comunque può essere un'interessante cronaca, a un certo punto addirittura il sicario si permette di dare “consigli alle nuove generazioni di mafiosi italiani” (il consiglio era di non usare troppa tecnologia sennò la polizia li scopre), di elogiare la mafia italiana senza che venga tagliato nulla, e di considerare il giornalista "un mezzo mafioso bandito dalla faccia, come me", senza che l'inviato lo interrompesse mai, senza che la voce fuori campo lo facesse mai passare per quello che è, ossia una bestia. A quel punto ho cambiato canale.

Doppi standard inspiegabili della televisione italiana.