Le morti per la troppa fila sull’Everest
Mercoledì 250 persone hanno provato a salire nello stesso giorno, e almeno due sono morte per aver passato ore ferme in coda
Tra mercoledì e giovedì almeno due persone, un uomo e una donna, sono morte sull’Everest per le troppe persone presenti sulla montagna, che hanno causato lunghe code costringendo centinaia di alpinisti a passare ore fermi in attesa al gelo prima di poter proseguire con la salita o la discesa. Donald Lynn Cash, americano di 54 anni, e Anjali Kulkarni, indiana della stessa età, sono morti entrambi durante la discesa, dopo aver passato ore in fila a più di ottomila metri: la cosiddetta “zona della morte”, dove l’aria è così rarefatta che ogni piccolo sforzo richiede un enorme dispendio di energie.
Kalpana Das, un alpinista indiano, è la terza vittima di questi giorni, scrive il Kathmandu Post: non è però chiaro se la sua morte sia direttamente attribuibile alle lunghe attese. Anche Das è morto durante la discesa.
I giorni di bel tempo comportano un grande affollamento sulla montagna: quasi tutti quelli che scalano l’Everest lo fanno per una delle due “via normali”, cioè le più facili, una sul versante tibetano e una su quello nepalese, quella nettamente più frequentata. Questa via di salita consiste in un percorso ripido e stretto, fatto di cenge rocciose e creste innevate: per alcuni tratti si può passare in due, uno in salita e uno in discesa; per altri si passa uno per volta, come nel famoso Hillary Step, il passaggio più difficile della salita. In questi tratti, a causa dell’inesperienza di molti degli alpinisti che provano l’ascesa, e della lentezza dei movimenti a queste quote, capita spesso di dover passare molto tempo in attesa che il passaggio si liberi.
È quello che ha causato la morte di Cash e Kulkarni. Mercoledì c’è stata una finestra di bel tempo quasi senza precedenti, e per giunta quasi al termine della stagione delle scalate. In 250 hanno provato a scalare l’Everest: sono arrivati in cima in 200, stabilendo il nuovo record di ascensioni in un giorno. Kulkarni ha raggiunto la vetta con il marito, ma soltanto dopo aver passato ore bloccata in coda: è poi morta di stenti durante la discesa. Cash è morto pochi metri sotto l’Hillary Step, a 8.790 metri, dopo aver sofferto l’altitudine per le troppe ore passate in alta quota. Pasang Tenje, capo dell’agenzia che ha organizzato la sua spedizione, ha spiegato che era collassato non appena arrivato in cima.
Le prime ascensioni all’Everest quest’anno sono cominciate il 15 maggio, e i morti sono state cinque. I corpi molto spesso vengono lasciati sulla montagna, perché anche quando non sono dispersi riportarli alla base costa diverse decine di migliaia di dollari.
Pasang ha ammesso che sono state le troppe persone in coda a causare la morte di Cash, ma ha chiesto al Kathmandu Times di non scriverlo per evitare di danneggiare «il prestigio del paese». Soltanto martedì, infatti, diverse agenzie e i funzionari governativi che gestiscono il campo base dell’Everest avevano detto al giornale che era stata istituita una tabella per regolare le ascese, e che perciò l’eccessivo affollamento del tratto finale della via sarebbe stato improbabile. I funzionari erano coscienti del grande afflusso di persone di questi giorni, scrive il Kathmandu Times, ma contavano di riuscire a gestirlo