In un gruppo da 3,5 miliardi di euro di fatturato e 5.500 dipendenti in 40 Paesi, qualcuno si sostituisce e scrive dall’apparente posta elettronica dell’amministratore delegato di Tecnimont spa. Che il 13 novembre 2018 sembra appunto scrivere al suo capo azienda in India che sia in arrivo una grandissima acquisizione da trattare nella massima riservatezza, che per concluderla occorrano tre bonifici all’estero per 18,6 milioni di dollari, e che dell’affare non si debba parlare con nessuno tranne che con la mail privata e il telefono fisso di un avvocato di Ginevra, «Luigi Corradi». Sono le istruzioni che il capo azienda di Tecnimont in India esegue, interloquendo con il fittizio legale svizzero dal quale riceve le coordinate dei bonifici da eseguire in Cina.

Solo quando dopo 9 giorni il presidente della controllante Tecnimont, in viaggio di lavoro in India, apprende casualmente dal capo azienda in India la storia del presunto affare, tutti cadono dalle nuvole e comprendono che è stata una truffa. Ma ormai è tardi: i soldi, pagati in Cina dalla Tecnimont Private Limited di Mumbai su due conti indicati a Shangai e uno a Taizhou, da qui sono subito quasi tutti spediti verso banche di Hong Kong, dove il grosso si volatilizza prima che in Cina si faccia in tempo a ottenere dalle autorità locali il blocco solo di 5 milioni.


vai vai, affidatevi ai bravissimi indiani