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L'unico dato davvero importante nel bollettino su coronavirus della Protezione civile
di Davide Casati12 apr 2020
L'epidemia legata alla diffusione del Sars-CoV-2 in Italia prosegue da settimane: e il bollettino con i dati ufficiali perde, progressivamente, di senso. Salvo che per un dato: che è fondamentale, e decisivo
Come sappiamo ormai molto bene, ogni sera, intorno alle 18, la Protezione civile comunica alcuni dati relativi all'andamento dell'epidemia di Covid-19 in Italia. Come abbiamo segnalato — qui, ad esempio — quei dati, benché ufficiali, vanno interpretati, prima ancora che letti. Il motivo è semplice: la gran parte di essi non corrisponde alla realtà dei fatti di un fenomeno la cui vastità ha superato ogni previsione. «Basta con questi dati inutili», aveva detto il biologo Bucci sul Corriere, il 9 aprile. Esiste però almeno un dato, in quel bollettino, di importanza fondamentale: perché è su quel dato che, con ogni probabilità, si potrà far perno, per voltare pagina ed entrare davvero nella fase 2. Si tratta del dato relativo ai posti occupati nelle terapie intensive.
Proviamo a elencare, brevemente, i caveatrelativi ai dati nel bollettino della Protezione civile.
Il numero dei tamponi
Il dato comunicato non indica il numero di persone sottoposte a tampone, ma quello dei tamponi effettuati: e dunque include i tamponi multipli che vengono effettuati a un paziente prima di dichiararlo guarito. Insomma: se a un cittadino viene effettuato un primo tampone (che lo dichiara positivo al virus) e poi altri due (per certificarne l'uscita dalla malattia), il dato dei tamponi sale di tre unità: il che è ben poco significativo per capire l'andamento della malattia in Italia. Non solo: le Regioni hanno stabilito in autonomia le linee guida per capire a chi effettuare i tamponi, e quando: alcune hanno agito rapidamente in modo massiccio, come il Veneto; altre in modo più limitato, e stanno aumentando ora il numero dei tamponi effettuati (vedi il caso della Lombardia).
Casi totali
Come sappiamo, il numero indicato dalla Protezione civile nella casella dei «casi totali» è quello dei casi confermati dai tamponi effettuati in Italia. Sono moltissimi gli studi che hanno spiegato come questo dato sia null'altro che la punta di un iceberg, la cui vastità potrebbe essere dieci volte più grande di questo dato. Insomma: si tratta di un dato che va letto sempre, idealmente, con un importantissimo avverbio davanti: e quell'avverbio è «almeno». Le persone contagiate in Italia, con certezza, sono almeno quelle indicate da quella casella: ma si tratta di una cifra che sottostima, e di molto, il dato reale.
Dimessi/guariti
Questa casella del bollettino è forse la più insidiosa. Il punto è che i dati della casella verde (Dimessi/guariti) riguardano due categorie ben diverse di persone: quelle guarite (cui è stato fatto un tampone con risultato negativo, insomma, dopo che erano state trovate positive) e quelle dimesse, che possono essere state dimesse nonostante avessero ancora sintomi — e inviate in isolamento domiciliare. Come indicato da un’analisi della Fondazione GIMBE (una organizzazione indipendente e senza scopo di lucro che si occupa di sanità pubblica) e da YouTrend, la Lombardia, ad esempio, «non menziona affatto il numero delle guarigioni, ma riporta solo il numero di pazienti dimessi dall’ospedale (o dal pronto soccorso) e inviati in isolamento domiciliare. Tutti questi casi confluiscono nei “Dimessi/Guariti” del bollettino nazionale sovrastimando il tasso di guarigione». Insomma: dal bollettino non è possibile risalire al numero di coloro che sono guariti, ma soltanto a quello di chi è stato dimesso o è stato effettivamente guarito.
Deceduti
I dati sui deceduti sono — come i casi totali — sicuramente sottostimati. I decessi, in molti Comuni del Nord, sono stati ampiamente sopra le medie stagionali; e mentre non sarebbe corretto attribuire tutte queste morti a Covid-19 (come spiegava, qui, il biologo Enrico Bucci) , è indubbio che il dato fornito ogni sera non tiene in considerazione moltissime persone che sono morte senza che sia stato effettuato, su di loro, un tampone che ne accertasse la positività. (Detto questo: il fatto che il tasso dei decessi cali — a Pasqua, ad esempio, ha raggiunto il punto più basso dall’inizio dell’emergenza, come segnala YouTrend — è un ottimo segnale).
Qual è, invece, il dato più rilevante del bollettino? Si trova all'interno dell'area «gialla», ed è l'unico, probabilmente, con una valenza davvero decisiva per il futuro della risposta dell'Italia all'epidemia e per le prossime decisioni del governo. Quel dato riguarda l'occupazione nei reparti di terapia intensiva. Un esempio: in una giornata come quella di Pasqua, il dato dei letti occupati in terapia intensiva cala di 38 rispetto al giorno precedente. Un dato positivo, certo: ma non se osserviamo che, nei giorni precedenti, quel calo era stato ben più ampio (dal 6 in poi: -79, -106, -99, -88, -108, -116). Perché quel dato è così importante? Perché solo quando il Paese avrà di nuovo posti — meglio: molti posti — in terapia intensiva, potrà passare a una fase 2 con la certezza che tutti gli eventuali nuovi contagi, anche gravi, potranno essere curati senza entrare immediatamente in emergenza. È ormai chiaro, infatti, che il virus procede a ondate: la sua lunga incubazione fa sì che gli ingressi in terapia intensiva seguano di giorni, e a volte settimane, il momento del contagio; e un'impennata di ricoveri possa dunque durare a lungo (lo «tsunami» di cui parlò, all'inizio della crisi, il professor Galli, proprio sul Corriere). Lo ha spiegato benissimo sempre il biologo Bucci, sul Corriere: «Per riaprire bisogna tenere d’occhio il famigerato R0? No, perché non ci hanno messo in grado di avere un campionamento statistico decente. Possiamo pensare a riaprire quando avremo almeno il 50% dei posti liberi in terapia intensiva. E poi bisogna migliorare la sorveglianza, fare screening alle categorie esposte, individuare i focolai con sistemi tracciamento».
Insomma: il dato da guardare, ogni sera, è questo. E vedere quel dato calare, il più in fretta possibile, è il segnale più forte che può arrivare dalla conferenza stampa con il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli. Spetta alla politica trovare la forza di mettere in campo risposte su temi di enorme importanza — dalla sorveglianza all'organizzazione sanitaria, fino alla capacità di effettuare test sierologici e tamponi. Per fare questo, il governo ha creato diverse strutture — dalla task forceguidata da Vittorio Colao a quella che sta lavorando sulla app di tracciamento —, il cui risultato non è ancora stato comunicato. Ma se c'è un dato che darà forma a quella decisione, quel dato sarà, con ogni probabilità, quello delle terapie intensive