Un altro esempio che mi sento di tirare in ballo è
Gothic, che con GTA III condivide l’anno di lancio (2001). Ho passato quasi un anno della mia vita sul GdR dei ragazzi di Piranha Bytes, ed è proprio in quelle terre che ho apprezzato
l’importanza di interpretare un eroe senza nome, da costruire e crescere come un’estensione di me stesso. Ricordo di essere rimasto affascinato di come potessi addirittura scegliere la fazione cui legarmi: per quanto mi affascinasse l’idea del Campo Palude e di passare il tempo a farmi spinelli con il novizio Lester, la mia fiducia è sempre stata riposta nelle Ombre di Campo Vecchio. Se ripenso al tempo passato su
Gothic non mi viene in mente la difficoltà nel raggiungere Xardas o nello sconfiggere il Dormiente, ma il divertimento a girare senza uno scopo per la vastissima mappa. Avanzavo a piccoli passi, provavo piacere a fare passeggiate, cacciavo selvaggina per rivenderla e ottenere così armature più belle, solo per un fattore estetico.
Gothic aveva nelle sue corde un abbozzo ancora grezzo di survival-game per il quale andavo matto. Quello di
Gothic è l’esempio perfetto per spiegare come
la necessità odierna di un titolo open world non sia fornire al giocatore una mappa sempre più grande, bensì renderla viva, interessante, unica nel suo genere: un aspetto, questo, che molti sviluppatori hanno troppo spesso la tendenza a trascurare. Non basta farcire una mappa di edifici e lavorare nei piccoli dettagli, ma serve donare anche a un semplice cespuglio o a un fiore quella personalità capace di trasformare in indimenticabile anche una mera passeggiata. Per dire, ancora oggi avrei più voglia di rituffarmi all’interno della Barriera di
Gothic che nella Chicago di
Watch Dogs. Il titolo di Ubisoft aveva spinto troppo, in fase di comunicazione pre-lancio, sulla totale interattività del giocatore con la città e con ogni dispositivo:
una feature che, a mio avviso, non è stata sviluppata al massimo delle potenzialità, lasciandomi addosso l’idea di un prodotto abbastanza blando, tanto che l’ho abbandonato dopo neanche una decina d’ore, nonostante una storia a tratti interessante.
La necessità odierna di un titolo open world non è fornire al giocatore una mappa sempre più grande, bensì renderla viva, interessante e unica
Un open world ben pensato deve affidare al giocatore non solo il controllo totale della storia ma anche il destino di alcuni avvenimenti, per quanto secondari.
Prendendo ancora Gothic come pietra di paragone, ciò che rendeva il mondo credibile era la possibilità di fare qualunque cosa, di entrare in una qualsiasi delle case, di derubare e uccidere personaggi financo fondamentali per la storia;