Originariamente Scritto da
Metatron
per carità, condivido in parte quello che sostieni, quando da piccolo feci una delle ennesime misfatte e mio padre mi diede una sberla (una sola, me la ricordo bene)
servì a farmi comprendere l'errore.
però è altrettanto vero, che i valori talvolta sono di difficile misura, possono essere oggettivi e filtrati dai soggetti, che li percepiscono e interiorizzano a modo loro.
quindi dietro a un ceffone può esserci una miriade di risposte, positive o negative che siano e non è detto quindi che si possano comprendere gli errori.
in parallelo, le carceri se danno modo di recupero, possono redimere una persona; se viene trattata da animale non ci si può aspettare altro che peggiori.
detto questo, se mai dovessi avere dei figli cercherei sempre e comunque la strada del dialogo (adeguando la comunicazione all'età e livello di comprensione) prima e per quanto possibile evitare la violenza, perchè arrecare dolore fisico non credo sia di giovamento, anzi possa sortire l'effetto comunicativo opposto.
andando per tentativi ed errori, se voglio ottenere qualcosa da qualcuno, difficilmente lo otterrò con la violenza e potrò beneficiarne a lungo termine, senza remore.
citando il caso del bambino che non sta fermo e si prende il ceffone, penso che dare un ceffone al padre serva a ben poco.
piuttosto far notare al padre che un comportamento disadattivo, che si concretizza in stereotipie motorie, cela qualcosa che il bambino non riesce a percepire ed esprimere come vorrebbe.
se mi rompo i coglioni in fila, posso dirtelo apertamente oppure iniziare a interiorizzare la cosa e gridarla a modo mio, magari pestando i piedi a terra o muovendomi, esistono pure gli ipercinetici per dire eh, o magari troppi input sensoriali da parte del contesto creano disagio e si ottiene quella risposta. vai te a saperlo e magari spiegarlo a uno che parla con i ceffoni