L’aspetto sconcertante è che dopo la comparsa dei testimoni, si è scatenata nel Web una sorta di campagna volta a negare la gravità del fatto. Riducendolo a un “banale episodio”. Fino al punto di presentare l’assassino come vittima. Dimenticando il fatto che ha scatenato tutto – e che è stato ammesso dal suo autore – cioè l’insulto razzista. Insulto senza il quale la tragedia non si sarebbe compiuta. Qualunque evento può essere considerato, a seconda del punto di vista, come un “banale episodio” o come un “episodio emblematico”.
La tragedia di Fermo è rientrata immediatamente in questa seconda categoria per via del fatto che l’ha innescata e del contesto in cui è avvenuta. La coppia di nigeriani era giunta in Italia dopo essere scampata a un attentato dei terroristi del Boko Haram, aveva trovato ospitalità presso una comunità cattolica, si era sposata in chiesa all’inizio di gennaio. Stava tentando di ricostruirsi una vita. Non dava fastidio a nessuno. L’insulto è arrivato a freddo da uno sconosciuto.
Amedeo Mancini – un ultrà di estrema destra – si è sentito autorizzato a offendere quella donna che non conosceva, mentre era accanto al suo uomo, solo perché era una donna nera. E probabilmente ha creduto di poterlo fare (non è un’ipotesi: è uno degli argomenti addotti in questi giorni dal suo legale) perché cose del genere le dicono anche i politici. Chiaro il riferimento a quel “quando la vedo penso a un orango” del senatore Roberto Calderoli a proposito della ministra Cecile Kyenge.
Sull’onda dell’entusiasmo scatenato dalla comparsa dei nuovi testimoni, c’è chi tenta di accreditare l’idea secondo la quale il fatto grave (ed emblematico) non è il passaggio del linguaggio d’odio che dilaga nel web e nella politica a un momento della vita quotidiana, ma la reazione delle vittime. D’altra parte, anche prima che la nuova versione sullo scontro fisico si diffondesse, già circolava un hashtag rivelatore di questa idea del mondo:- “Io sto con Amedeo”. Dove Amedeo Mancini non era altro che un cittadino italiano che, infastidito dalla presenza di tutti questi negri, si era lasciato un po’ andare facendosi sfuggire una “ battuta infelice”. Davanti alla quale un “negro buono” avrebbe dovuto reagire con un sorriso di compiacimento.
Il risultato è paradossale. Le reazioni di quanti si sforzano di banalizzare la tragedia riducendola a un “episodio” confermano che non lo è affatto. Confermano quanto è penetrata nel senso comune l’idea che esistono esseri umani di genere inferiore ai quali va riconosciuta una dignità inferiore. E per rendersene conto è sufficiente pensare a come avrebbero reagito Amedeo Mancini e i suoi fan se si fossero trovati in una situazione analoga a quella del nigeriano Emmanuel. In un caso del genere, la mancata reazione a un insulto di quella pesantezza sarebbe stata considerata una prova di inaccettabile pavidità e di vigliaccheria. Ma solo l’uomo bianco ha il diritto e il dovere di difendere la sua donna. Ecco, questo è tecnicamente razzismo.