Angela Merkel ha apparentemente sbattuto la porta in faccia alle aspirazioni di Palazzo Chigi nel rivedere le regole del bail-in. Ma in realtà la trattativa italiana in Europa procede, anche se in salita e a passi corti, ma con un obiettivo: avere la possibilità, in caso di “reale emergenza”, di intervenire per tempo anche con strumenti statali. Che possono spaziare dalla ricapitalizzazione del fondo Atlante grazie a risorse di fondi pensioni, assicurazioni e una quota più consistente di Cdp (si parla di 5 miliardi) per occuparsi dei crediti deteriorati delle banche, all’ipotesi di ‘Padoan bond’, ovvero una riedizione dei Monti bond usati per Mps, fino alla previsione di un ruolo di Cdp (magari con risorse del Tesoro) nella ricapitalizzazione di eventuali banche in crisi.
Secondo quanto rivela una fonte di governo, a preoccupare maggiormente, soprattutto in questi turbolenti giorni post-Brexit, è la situazione di Monte dei Paschi di Siena. Che già nel venerdì nero dopo il referendum inglese aveva toccato il suo minimo storico a 0,39 euro, chiudendo a -16,45% e che oggi ha chiuso a -2,87% aggiornando i nuovi minimi storici a 0,3887 euro. Sull’andamento della Borsa non hanno aiutato, nemmeno per altri titoli bancari (vedi Bper -5,45%, Ubi -5,23%, Bpm -3,38%, Banco Popolare -3,24%) le parole della cancelliera Angela Merkel che ha “gelato” Matteo Renzi dicendo: "Abbiamo lavorato per darci regole comuni su risoluzione e ricapitalizzazione delle banche, e non possiamo cambiare le regole ogni due anni". Non è un caso che, di fronte a indici azionari europei in recupero e sui massimi a metà seduta, Milano abbia frenato con i bancari subito dopo l’uscita di una notizia di Bloomberg che anticipava il no della Germania a ogni tentativo per proteggere gli investitori con un piano italiano di ricapitalizzazione delle banche.
Al momento, ragiona una fonte di governo, non c’è un pericolo imminente per le banche italiane, come va ripetendo anche il premier Matteo Renzi. Ma l’esecutivo, e in primis il tavolo tecnico costituito sotto la regia di Palazzo Chigi, cui partecipano ministero dell'Economia e dello Sviluppo economico, insieme a Banca d'Italia e Cdp, monitora continuamente i mercati ed è pronto a intervenire in caso di necessità.
Ed è per questo che, nonostante il niet arrivato dalla Merkel su una revisione ‘flessibile’ del bail-in e sulle norme sugli aiuti di Stato, e il botta e risposta che ne è conseguito con Matteo Renzi, la trattativa tra Italia e Ue va avanti. Le ipotesi sul tavolo sono diverse: si parla ad esempio di strumenti ibridi di ricapitalizzazione con intervento pubblico, garanzie pubbliche su obbligazioni bancarie, interventi con 'equity' di veicoli finanziari e fondi di gestione dei 'non performing loans'. Si tratta in particolare su due punti: allentamento delle regole della cosiddetta Brrd e sul bail-in in casi di eccezionalità per permettere l’intervento pubblico nel salvataggio delle banche e la ricapitalizzazione del fondo Atlante, magari con una maggiore quota di Cdp.
Che Merkel si riferisca strettamente alle regole attuali del 'bail-in' e alle regole europee sugli aiuti di Stato quando dice che le norme non vanno riviste ogni due anni, non chiude la partita. Sembra infatti che le sue parole si riferissero più che altro a una indisponibilità ad appellarsi, da parte dell’Italia o di altri Paesi, all'articolo 108 del Trattato Ue che permette al Consiglio, su richiesta di uno Stato membro, di decidere all'unanimità che un aiuto di Stato sia compatibile con il mercato interno in deroga dalle norme "quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione". Resta però la possibilità, e su questo starebbe in piedi la trattativa italiana, di far leva su due norme del bail-in che già oggi permettono delle deroghe. L'articolo 44 della direttiva europea sulla risoluzione, infatti, indica che "in circostanze eccezionali l'autorità di risoluzione può escludere, integralmente o parzialmente, talune passività dall'applicazione dei poteri di svalutazione o di conversione". E l'articolo 32 lascia la porta aperta a garanzie pubbliche a sostegno degli strumenti di liquidità forniti da Banche centrali, una garanzia pubblica sulle passività di nuova emissione oppure a una iniezione di mezzi propri o all'acquisto di strumenti di capitale a prezzi e condizioni "che non conferiscono un vantaggio". Deroghe per le quali, appunto, serve l’ok da parte dell’Unione, un ok “preventivo” che l’Italia sta cercando di incassare così che, se si dovesse presentare una situazione di emergenza, possa intervenire essendo sicura di non incorrere in una brusca frenata da parte di Bruxelles.
Quanto alla seconda linea di trattativa, quella sul Fondo Atlante 2, lo stesso Renzi oggi ha detto: “Il fondo Atlante ha dato risposte molto importanti ed è in condizioni di essere ulteriormente ricapitalizzato". Secondo quanto viene spiegato, la trattativa con l’Europa riguarderebbe soprattutto il ruolo di Cassa depositi e prestiti, che attualmente partecipa ad Atlante con mezzo miliardo. Accordandosi con l’Europa, così che non ci siano problemi di aiuti di Stato, si potrebbe ipotizzare un Fondo Atlante 2 con una presenza più massiccia di Cdp e un aiuto da assicurazioni e fondi pensione. Anche se, ragiona una fonte di governo, si dovrebbe vedere come utilizzare risorse, quelle di Cdp, che comunque derivano dal risparmio postale. Un’ipotesi potrebbe essere ricapitalizzare Cdp con fondi del Tesoro per questa operazione. Ma, anche per questo, servirebbe un lasciapassare europeo.