Intendo dire che in tutti i casi in cui il bambino possa avere difficoltà (economiche, disabilità etc.) e sofferenza nella crescita esistono dei modi in cui lo stato può aiutare la famiglia, quindi l'idea che "la felicità del bambino non frega a nessuno" non sta in piedi. È un investimento che viene fatto per creare un individuo produttivo per la società, che pesi il meno possibile da adulto, oltre che per un principio di assistenza comune. Se anche in una famiglia gay esistono queste difficoltà, che possono compromettere lo sviluppo del bambino, è ovvio che poi si trasformino in spese (sanitarie, ma anche di mancata produttività) per lo stato. Quindi sì, alla fine la "felicità" del bambino interessa eccome