Secondo il portavoce di Zingaretti, intercettato da Romanews.eu, il dossier consegnato alla Regione è stata solo “cortesia”. Perché il progetto è ancora al Comune, nonostante la delibera di pubblica utilità già ottenuta?
“La Roma ha cercato di fare una cortesia istituzionale, un atto per velocizzare. La Regione, però, è come se non avesse il dossier. Gli atti di tipo burocratico non hanno solo una sostanza, hanno anche una forma. La legge dice che il progetto definitivo va consegnato al Comune, il quale deve aprirlo per verificare che tutte le carte inserite nei vari scatoloni (72) corrispondano a ciò che le norme nazionali prevedono come progetto definitivo, una sorta di spunta della lista della spesa. Il secondo passo del Campidoglio è quello di verificare, per sommi capi, se le richieste contenute nella delibera del pubblico interesse siano state almeno formalmente rispettate. Se c’è scritto ‘non puoi fare un progetto superiore a 354mila mq di Superficie utile lorda’, devono verificare con righello e squadra che corrisponda. Una volta stabilito che i passaggi siano corretti si va in Regione. Quello che la Roma ha fatto è stato evitare che il Comune dovesse organizzare un servizio di trasporto degli scatoloni, gli ha fatto risparmiare una settimanella di tempo. A quel punto la Regione è autorizzata a convocare la Conferenza dei servizi, partecipano una cinquantina di uffici. Sono sempre 180 giorni dalla data di convocazione, finché formalmente non sono fatti questi passaggi il cronometro rimane a zero”.
Una volta consegnata la pratica alla Regione “la Roma intende anticipare una serie di lavori prima della firma della Convenzione: già a settembre si prevede di iniziare con la bonifica degli eventuali ordigni bellici e con i sondaggi archeologici nelle aree private”. La società dà per scontato un sì della Regione o sta scegliendo di assumersi un rischio troppo grande?
“La Roma è consapevole del fatto che se dovesse attendere la fine completa del tutto, il passaggio slitterebbe di molto la fine della costruzione reale dell’impianto. Parlano di settembre/ottobre per iniziare le opere preliminari. Significa che loro quando avranno visto le carte si renderanno conto se la situazione è positiva, o se dovranno fermarsi per esaminare il progetto. Parliamo di opere preliminari, come la bonifica di ordigni bellici, ulteriori sondaggi archeologici e la demolizione dell’impianto di Tor di Valle, che non è vincolato e dovrà essere abbattuto. Se aspettassero la fine della conferenza dei servizi, dovrebbero slittare nel tempo. La scelta della tempistica è legata alla fiducia nelle tempistiche della conferenza dei servizi”.
Baldissoni ha detto che la Roma ha speso già 60 milioni. Perché?
“Un progetto porta la firma di qualcuno, per consegnare il disegno o il progetto con tutti i calcoli si deve retribuire dei lavoratori. Idem vale per gli studi di architettura e ingegneria. La parcella è mediamente calcolata su un 10% minino del valore dell’opera che si sta realizzando. C’è anche il costo dei sondaggi geologici, le macchine si pagano. Sono soldi che escono. L’iter è iniziato quasi 5 anni fa, a maggio del 2012 era sindaco Alemanno, e la Roma aveva già iniziato con la ricerca di una società che doveva verificare le aree. I primi passaggi sono stati blandi e sotterranei, nel 2017 saranno 5 anni compiuti”.
La viabilità avrà un costo per il Comune?
“La legge stabilisce in maniera chiara che queste opere le paga tutte ed esclusivamente il privato, non c’è spesa per il Comune, per la Regione o qualsiasi altro ente pubblico. Un miliardo e 600 milioni di euro li spende il privato, la collettività non paga nulla. Aggiungo anche che l’importo così elevato, giustifica agli occhi dei proponenti anche la cubatura concessa dal comune. Se c’è un prezzo che il comune ha pagato è la concessione della cubatura per costruire qualche cosa che sia una compensazione tra le opere pubbliche e il resto dell’intervento. Il solo stadio, che avrebbe bisogno delle opere pubbliche di un valore di 445 milioni di euro, non potrebbe coprire questi costi, per questo c’è la cubatura compensativa. Ossia la possibilità di edificare qualcosa che non siano case, ma solo commerciale. E’ definita centralità urbana”.
Chi sarà a pagare i lavori?
“Questo ancora non ce lo hanno fatto sapere. E’ evidente che la Roma e l’intero complesso dei 42 partner tengono coperte le carte. I due soci principali, la As Roma e Luca Parnasi, fondatori della società Stadio TDV, hanno speso più o meno 30 milioni a testa. Da dove li abbiano presi non lo sappiamo, abbiamo chiesto ma è loro facoltà non divulgarlo. Abbiamo chiesto se ci sono già acquirenti, in pratica sarà come comprare casa su carta, sanno che devono realizzare una serie di edifici di tipo commerciale e li stanno vendendo su carta. Sanno che devono realizzare edifici commerciali e li stanno vendendo su carta. Ci hanno detto che stanno avendo contatti, a partire dal nome dello stadio, fino alla possibilità di dare il nome alle strade o all’edificio, prevedono una serie di introiti. Hanno predisposto un piano finanziario che non ci hanno più spiegato quanto articolato, una sorta di mutuo trentennale, che pagheranno con la vendita di questi asset e cose di questo genere”.
Quanto è complicato procedere senza uno sponsor ufficiale?
“La complicazione non è adesso. Per procedere si attende la verifica tecnica, immagino e mi auguro che persone che navigano nel mondo della finanza, non si avventurino in un’iniziativa da un miliardo e 700milioni senza un minimo di certezze. E’ chiaro che scopriranno le carte quando l’iter sarà ad un passo successivo”.
Quanto c’è di vero nel luogo che dice che la Roma pagherà l’affitto a Pallotta per giocare nel nuovo stadio?
“E’ vero, non è un luogo comune. E’ una notizia che la Roma ha spiegato più volte, dicendo ‘se io As Roma dovessi andare in banca a chiedere un mutuo di 500 milioni di euro, sarei a rischio fallimento ed andrei a gravare sui bilanci e sul Fpp’. Per cui hanno fatto una società a parte controllata da Pallotta, ma – secondo un vincolo strappato dal Campidoglio alla Roma – se nei prossimi 20 anni dalla data di apertura la proprietà dello stadio si separa da quella societaria, chi acquista deve versare al Comune tutti gli oneri del pubblico interesse, vale a dire 195,45 milioni di euro rivalutati. Se vai a comprare la Roma e non vuoi lo stadio, o viceversa, in più devi dare una tassa al comune di circa 200 milioni di euro”.
Prima gara a fine agosto nel 2019 secondo il dossier. Per rispettare questa tempistica quando andrebbe posta la prima pietra?
“Non è una questione in sé di prima pietra, l’iter è abbastanza complesso. Nella delibera c’è scritto che se le opere pubbliche non sono ultimate aperte e funzionanti lo stadio non apre. Sono opere che fa il privato, ma deve comunque andare a gara come se le facesse il pubblico. Le gare europee hanno una tempistica, per cui anche nella fase di cantierizzazione ci sarà un arrivo costante di gru, ci sono passaggi obbligati, come l’allargamento della Via Ostiense, per poter consentire l’afflusso di questa mole di materiali e di mezzi. La Via del Mare è una delle opere di interesse pubblico e deve comunque passare pera la gara europea. Alcune parti delle opere partiranno subito, le bonifiche e le demolizione, poi materialmente la possibilità di costruire dovrà andare di pari passo con le opere pubbliche. La Roma ha considerato il 29 agosto come la data in cui sarà completamente operativa, perché saranno ultimate tutte le opere pubbliche. Sarà importante, qualunque sia il colore dell’amministrazione comunale, che si vigili in modo in cui le opere pubbliche vadano di pari passo e non ci siano discrepanze. Sono state fatte molte simulazioni al computer, ma ci sono cose che vanno valutate all’atto pratico. Il 29 agosto 2019 è legata al rispetto di un crono programma, basta che il Comune faccia slittare l’apertura della Conferenza dei Servizi e tutto slitta di ulteriror mesi. Puoi provare a recuperare con i lavori, ma i tempi sono già abbastanza compressi. Da tifosi, mettiamoci con il cervello rilassato, loro stimano di farlo per la stagione 2019/2020, che può voler dire a metà campionato o alla fine, o anche all’inizio della stagione successiva. La Juventus ha costruito il suo stadio in due anni, ma prima di iniziare le demolizioni hanno lavorato 12 anni con il Comune di Torino per avere la proprietà delle aree. Se nel 2020 arrivassimo ad avere la Roma che gioca nel nuovo stadio sarebbe un grande successo. Nel progetto è previsto che venga realizzato uno scambio alla stazione Eur Magliana che con 3 km di binari porti la Metro B ad affiancarsi alla Roma-Lido di Ostia. Ma non diamolo per scontato, magari questi soldi potrebbero andare per la potenziazione della Roma-Lido di Ostia”.
“Venissi eletta sindaco ritirerei la delibera sul pubblico interesse dello stadio”. Così tuonava la Raggi due mesi fa. Baldissoni ha minacciato di querelarla. Qualcuno sta esagerando?
“Baldissoni voleva sottolineare i rischi di un cambiamento a questo punto dell’iter. Da parte dei 5 Stelle c’è una preclusione più ideologica che altro. Almeno fino a ieri non hanno avuto copia del progetto, quindi non hanno avuto il tempo per leggere e studiare il progetto. Solo a quel punto si può dare un giudizio finale. Dichiarare di voler ‘spostare lo stadio’ significa non aver letto approfonditamente le norme. Si è partito da oltre 110 aree esaminate, secondo paletti stabiliti dalla legge. L’area scelta la propone il privato su aree private, il pubblico non propone, altrimenti dovrebbe prendere le sue aree e metterle al bando. L’iter che si segue oggi è stabilito da una norma nazionale, dà paletti molto precisi e su questi la Roma si è mossa. E’ ovvio che il progetto rispetta tutti i paletti stabiliti dalle norme, in teoria il problema non si dovrebbe porre. Il concetto di variante urbanistica che è quello per cui si fa la Conferenza dei Servizi è previsto dalla legge, non è illegale, non si è speculatori a prescindere. La Roma e Parnasi e tutti i partner, sono imprenditori, non benefattori, che hanno il giusto diritto a ricevere una remunerazione. Si può dibattere poi sul fatto se questa remunerazione è giusta, il Comune ha dato troppi metri cubi? Ragioniamo, ma sono ragionamenti che devono essere fatti in maniera chiara e netta. Non è possibile pensare che il nuovo sindaco non possa cambiare idea sul pubblico interesse ma è una questione che andrebbe dimostrata giuridicamente in maniera inattaccabile, altrimenti le conseguenze sono ovvie. Fino ad oggi come amministrazione mi hai dato delle autorizzazione ed io mi sono mosso, ho dei contatti con società, banche, imprenditori, ho speso dei soldi, mi fai avere mancati guadagni se vuoi cambiare fallo pure ma poi tieni in conto che avremo una causa. Qualora fosse non è una causa leggera, parliamo di miliardi di causa, se solo devi pagarmi il mancato guadagno, sono 1 miliardo e 654 milioni. E’ palese che quando fai certe valutazioni dovrai avere le spalle grosse per reggere, abbiamo visto troppe volte l’amministrazione comunale negli ultimi mandati fare provvedimenti poi bocciati dal Tar”.
Pallotta ci ha fatto capire che fin quando non verrà edificato questo stadio, in termini di fatturato, non potrà competere con le big d’Europa. E’ davvero così scontato questo cambio di rotta?
“Di scontato non c’è mai nulla, possono intervenire migliaia di eventi oggi non prevedibili. Con l’esclusione dell’Arsenal, mi sembra di ricordare, che tutte le squadre con lo stadio di proprietà siano nelle condizioni di fare un gran mercato. Assistiamo a passaggi di calciatori che costano 100 milioni di euro, oggi come oggi poche società possono permetterselo, ma tutte quelle che ce la fanno hanno lo stadio di proprietà. Magari non inciderà per il 100%, ma anche fosse del 50% non va buttato assolutamente via. Io all’Olimpico ci vado, dalla tribuna stampa non si vede bene la zona delle bandierine, si va per intuito. Avere uno stadio più raccolto, con un numero di posti inferiore e sappiamo bene quanto le televisioni abbiano modificato le abitudini dei tifosi, penso che abbia anche un effetto dal punto di vista morale in termini positivi e non negativi”.