L’hanno trovata come tante altre. Torturata e uccisa, poi infilata in un sacco nero abbandonato in una strada di Rosarito, in Messico. Questi resti hanno un nome: Marbella Ibarra, 44 anni, scomparsa nella zona di Tijuana, il 19 settembre. E oltre all’identità c’è una storia.
Marbella è stata una pioniera del calcio femminile, la fondatrice del primo club «rosa», Isamar FC, poi seguito dal più ambizioso Xolas de Tijuana. Lei non giocava, ma amava lo sport e lo vedeva come una grande opportunità da offrire a tante ragazze della splendida Baja California. Così ha deciso di usare parte dei guadagni del suo salone di bellezza per finanziare scuole calcio, allenamenti, provini in modo da allargare la base. Un’iniziativa che l’ha resa popolare, diventando per molti un modello.
La sua morte ha provocato orrore e manifestazioni di solidarietà. Messaggi sono stati inviati da persone comuni e da squadre famose, come la compagine femminile del Barcellona. «Un giorno alzeremo di nuovo la coppa», ha scritto Inglesa Hernandez, una delle calciatrici dello Xolas interpretando un sentimento comune.
La condanna per il delitto brutale si è unita alla domanda: perché questa fine? La polizia ha escluso, per il momento, che ci sia un collegamento con il suo impegno calcistico. E del resto sarebbe difficile scorgere un movente in questa cornice, anche se in Messico si può essere assassinati per mille ragioni. O anche senza che ve ne sia uno. Gli investigatori ritengono che sia stata tenuta prigioniera per alcune settimane e poi trucidata negli ultimi giorni dopo aver subito delle sevizie.
La Baja, come altre regioni, è punteggiata dalle fosse comuni, dai corpi di vittime, dagli agguati. Nella penisola, che continua ad essere comunque un luogo di turismo, sono scomparse, secondo i registri ufficiali, 1024 persone, di cui 414 donne e 258 solo nell’anno in corso. Poi ci sono gli attacchi del crimine organizzato, dei trafficanti e degli estorsori che spremono negozi, commerci e qualsiasi attività che possa generare denaro. Pagine nere di uno stato generale: nei primi nove mesi del 2018 le autorità hanno censito 11.850 uccisioni con una media di 43 al giorno.
La costa orientale del Messico, per la sua posizione, è un punto di transito formidabile per i cartelli. A sud di Tijuana, attorno a Ensenada, arrivano spesso piccoli aerei con carichi di droga destinati al mercato statunitense. Le città sono terre di conquiste contese dalle bande dello spaccio, i quartieri diventano campo di battaglia. Sempre in questo settore i «minatori»
scavano i tunnel clandestini che sbucano nelle località californiane lungo il confine. E’ una realtà che finisce per contaminare ciò che vive e sopravvive intorno. Dunque episodi dove predoni di strada si trasformano in rapitori mentre altri impongono il pizzo o diventano dei sicari, pronti ad uccidere per pochi dollari.